"Una bomba atomica": così il Ministro Giulia Bongiorno, fiduciaria della Lega di Matteo Salvini sui temi della Giustizia, definì la (ennesima) scellerata riforma della prescrizione inserita nel testo della "spazzacorrotti", ove fosse entrata in vigore nell'attuale assetto, normativo e strutturale, del processo penale.
In ossequio al totem del "contratto di Governo" la Lega votò quella legge. Ma la virulenta e compatta reazione dell'intera comunità dei giuristi italiani, UCPI - Unione Camere Penali Italiane in testa, di fronte al drammatico impatto che quella norma avrebbe certamente avuto -fra gli altri- sul diritto costituzionale alla ragionevole durata del processo, determinò la componente leghista della maggioranza a sottoporre quel voto a due condizioni: il rinvio di un anno della entrata in vigore della norma, e la approvazione entro quel termine di una riforma che garantisse una drastica riduzione dei tempi, insopportabilmente lunghi, della definizione dei processi penali in Italia.
Il Ministro Bongiorno non mancò di sottolineare pubblicamente che all'interno della maggioranza di governo era stato adottato un "accordo tra gentiluomini": se già intorno al mese di novembre non fosse giunta in porto una convincente riforma dei tempi di durata del processo penale (che facesse salve "le garanzie", ha poi ripetutamente ribadito ancora poche settimane fa), quella riforma della prescrizione non avrebbe più dovuto vedere la luce.
In verità, il Ministro Guardasigilli Alfonso Bonafede si attivò con immediatezza, convocando ad un tavolo di consultazione avvocatura e magistratura nel tentativo di definire in modo possibilmente condiviso uno schema di legge delega per la riforma del processo penale volta alla riduzione dei tempi di celebrazione del processo. Come abbiamo già detto più volte, gli approdi di quel tavolo sono interessanti, avendo prevalso in quella sede la scelta -fortemente sollecitata dai penalisti italiani alla stessa Associazione nazionale Magistrati- di individuare aree di intervento effettivamente incidenti sui tempi del processo, piuttosto che cedere alla fortissima tentazione, tutta ideologica, di mutilare una volta per tutte lo spirito riformatore del codice accusatorio del 1988 con il pretesto della ragionevole durata.
Quello che possiamo dire oggi è che, in quella sede, il Ministro Bonafede ha mostrato capacità di ascolto e di attenzione alle obiezioni che l'avvocatura ha opposto alle originarie ipotesi ministeriali ed al famoso documento reso pubblico da ANM già nel novembre 2018; e che il lavoro svolto a quel tavolo, se trasfuso fedelmente ed integralmente in una legge delega, potrebbe dare la stura ad una reale ed efficace velocizzazione dei tempi del processo, nel rispetto dei principi connotativi del codice del 1988 e dei suoi parametri costituzionali.
Quel che è certo tuttavia è che -alle porte dell'estate- di legge delega, fedele o non fedele che sia agli approdi del tavolo ministeriale, non si vede nemmeno l'ombra; e che già solo per questo, appare a dir poco improbabile, per non dire inverosimile, che questo Parlamento e questa maggioranza di governo, con il tasso di conflittualità sotto gli occhi di tutti, possa mettere in cantiere e portare a termine in qualche mese una riforma di simile importanza.
Sia ben chiaro: l'opinione dei penalisti italiani è che quella riforma della prescrizione vada abolita comunque, a prescindere da ogni condizione. L'idea della eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado – perfino assolutoria!- è e resta comunque una mostruosità giuridica.
La prescrizione è il rimedio, non la causa, della durata irragionevole del processo, perché garantisce un principio elementare di civiltà giuridica, che è quello di non ammettere la possibilità che una persona resti in balia della potestà punitiva dello Stato per un tempo indeterminato, pagando sulla propria pelle la incapacità dell'Autorità Giudiziaria di accertare un fatto penalmente rilevante e stabilirne la responsabilità in tempi ragionevoli. Questo vale per chi risulti infine innocente al pari di chi risulti colpevole, giacchè è altresì inaccettabile che chi si sia reso responsabile di un fatto illecito debba poterne rispondere anche anni ed anni dopo, quando magari quella persona ha completamente modificato la sua vita e la sua condotta sociale.
E non è certo un caso che il canone n. 8 del "Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo" preveda che "quando la esecuzione di una pena detentiva si concretizzi in tempi significativamente distanti dalla commissione del reato, la restrizione carceraria deve conseguire soltanto laddove il condannato non sia già reinserito nella comunità civile; nel qual caso sarà ammesso solo il ricorso a misure alternative, non incidenti sulla integrazione raggiunta".
Ciò chiarito, e tornando all'impegno pubblico assunto dal Ministro Giulia Bongiorno a nome della Lega di Matteo Salvini, credo sia legittimo cominciare a chiedere sin da ora se quell' accordo "tra galantuomini" assunto dalla maggioranza di Governo sia ancora valido e vincolante; e se non sia già il caso di ragionare sulla soluzione tecnica da adottare per revocare quella scellerata riforma della prescrizione. Perché l'innesco della bomba atomica fa tic tac, ed il momento della esplosione è molto più vicino di quanto possa sembrare.
Gian Domenico Caiazza
- presidente UCPI -