Di Redazione su Giovedì, 05 Aprile 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Ricettazione per chi porta a incasso assegno "smarrito" e contraffatto

I giudici della Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12845 del 20 marzo 2018, hanno stabilito che mettere all´incasso un assegno smarrito e contraffatto configura il reato di ricettazione p e p. dall´art 648 c.p.

I fatti
Era accaduto che avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello che aveva confermato la sentenza di condanna per il reato di ricettazione, emessa dal giudice di primo grado, era stato proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente era stato condannato in quanto era stato individuato come l´autore della messa all´incasso di un assegno smarrito nel quale erano stati aggiunti alcuni zeri nella cifra e il nome di un beneficiario non legittimato.
Col ricorso in cassazione venivano edotti i seguenti motivi:
1) violazione di legge quanto alla "falsa applicazione dell´art. 648 c.p., in relazione alla mancata determinazione del reato presupposto".

La difesa lamentava che la Corte d´Appello avrebbe dovuto assolvere l´imputato per la mancanza di prove sulla circostanza che l´assegno fosse pervenuto allo stesso a seguito della consumazione del delitto presupposto.
2) Violazione di legge quanto alla "falsa applicazione dell´art. 648 c.p., comma 2". La difesa, sostiene che la Corte di Appello in considerazione che la presunta persona offesa non avrebbe subito alcuna diminuzione patrimoniale, avrebbe dovuto qualificare il fatto nell´ipotesi attenuata del reato e conseguentemente dichiarare l´intervenuta estinzione per prescrizione.
3) Vizio di motivazione che sarebbe "illogica e contraddittoria circa il danno procurato", in quanto dopo la restituzione del denaro alla banca si sarebbe dovuto escludere la sussistenza del danno patrimoniale.

Ragioni della decisione
I giudici della Seconda Sezione Penale hanno ritenuto generiche le doglianze del ricorrente. in relazione alla mancata determinazione del reato presupposto. A tal fine hanno richiamato la pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto, ed evidenziato come nel caso di appropriazione di "cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest´ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite" (così Sez. 2, n. 46991 del 08/11/2013, Rv. 257432, nello stesso senso cfr anche Sez. 2, n. 24100 del 03/05/2011, Rv. 250566 e, in precedenza, Sez. 2, n. 8109 del 26/04/2000, Rv 216589).
Pertanto è stato affermato dai giudici di legittimità che la detenzione successiva dell´assegno, in mancanza di una giustificata legittimazione, configura, anche sotto l´aspetto dell´elemento soggettivo, il reato di ricettazione.
I giudici di legittimità hanno inoltre ritenuto manifestamente infondate le doglianze, esposte con gli altri due motivi del ricorso per le motivazioni spiegate in sentenza il cui testo integrale viene allegato.
Si allega sentenza
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