Di Redazione su Mercoledì, 05 Ottobre 2016
Categoria: Disabilità

Permessi orari 104, SC: "Spettano solo per assistere minori, non estensibili ad altri familiari"

Il permesso di due ore giornaliere per assistere familiari in situazione di handicap è riconosciuto, in via alternativa, in relazione al figlio minore affetto da handicap e la disciplina in esame non consente di applicare ai familiari o agli affidatari di una persona con handicap in situazione di gravità quanto previsto per i genitori o l´affidatario del minore con handicap.
Lo ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza 27/09/2016, n. 18950, accogliendo solo parzialmente la domanda avanzata da un assistente amministrativo con contratto a tempo determinato nel comparto Scuola.
La questione
Il ricorrente in Cassazione aveva proposto una domanda diretta a far dichiarare il diritto del medesimo ad usufruire di due ore di permesso giornaliero ai sensi della L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 2, in relazione all´assistenza prestata in via esclusiva e continuativa alla madre con handicap in situazione di gravità, con il medesimo convivente, oltre al risarcimento del danno esistenziale e morale.
La Corte d´Appello, premesso che la situazione fattuale descritta in ricorso, circa la prestazione di assistenza in via esclusiva e continuativa alla madre con handicap in situazione di gravità e non ricoverata, non era stata contestata in giudizio dall´Amministrazione, aveva affermato che la domanda andava rigettata data la disponibilità dell´Amministrazione a riconoscere al dipendente i tre giorni di permesso. Inoltre, aveva aggiunto la Corte, la domanda non poteva essere accolta ai sensi dell´art. 33, comma 7, in quanto questa disposizione riguardava soltanto i soggetti affidatari delle persone affette da handicap gravi, e che, in ogni caso, il dipendente, per la madre non avrebbe potuto beneficiare se non dei tre giorni di permesso, e non, invece, dei riposi orari riservati ai lavoratori che assistono figli minori di tre anni
La decisione
La Corte di Cassazione ha giudicato il ricorso fondato solo in parte, e cioè con riguardo alla mancanza di statuizione, da parte del giudice di secondo grado, sulla censura relativa al rigetto della domanda di riconoscimento del diritto alla frazionabilità dei tre giorni di permesso, questione che era stata dal ricorrente sottoposta alla Corte d´Appello.
Lo ha giudicato invece infondato in relazione alle (altre) censure relative al rigetto della richiesta di fruizione delle due ore di permesso giornaliero, alla relativa domanda di risarcimento del danno, e alla mancata disapplicazione del relativo diniego del beneficio richiesto, nonchè alla prospettazione del sospetto di illegittimità costituzionale.
La L. n. 104 del 1992 (art. 33, comma 2), ha ricordato la Sezione, attribuisce solo alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche adottivi, la possibilità di chiedere al datore di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
Il successivo comma 3, sancisce invece che, se la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore che assiste persona con handicap in situazione di gravità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado, o entro il terzo grado nei casi stabiliti) ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito.
Pertanto, ha concluso la Cassazione, la legge (art. 33, comma 7) intende equiparare gli affidatari ai soggetti di cui ai commi 2 e 3, fermo restando le condizioni in presenza delle quali trova applicazione il diritto al permesso di due ore giornaliere, che è alternativo, di cui al comma 2, e il diritto al permesso di tre giorni di cui al comma 3. 
Quindi, il permesso di due ore giornaliere non spetta nella fattispecie in esame essendo lo stesso riconosciuto, in via alternativa, in relazione al figlio minore affetto da handicap. La disciplina in esame non consente di applicare ai familiari o agli affidatari di una persona con handicap in situazione di gravità quanto previsto per i genitori o l´affidatario del minore con handicap. Nè tale disciplina appare ledere, a seguito del vaglio di non manifesta Infondatezza, l´art. 3 della Costituzione, in ragione della diversità delle situazioni messe a confronto.
Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Presidente -
Dott. TORRICE Amelia - Consigliere -
Dott. TRIA Lucia - Consigliere -
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere -
Dott. TRICOMI Irene - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22119/2011 proposto da:
C.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 1348, presso lo studio dell´avvocato GIAMPAOLO RUGGIERO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
e contro
UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE LAZIO;
DIRIGENTE SCOLASTICO ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE 33^ DISTRETTO DI GUIDONIA MONTECELIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 6950/2010 della CORTE D´APPELLO di ROMA, depositata il 27/09/2010, R.G. N. 11099/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito l´Avvocato GIAMPAOLO RUGGIERO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso in via principale per l´inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte d´Appello di Roma, con la sentenza n. 6950 del 2010, rigettava l´impugnazione proposta da C.F., nei confronti del MIUR e dell´Ufficio scolastico per il Lazio, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Tivoli.
2. Il Tribunale aveva respinto la domanda avanzata dal C., assistente amministrativo con contratto a tempo determinato, volta a far dichiarare il diritto del medesimo ad usufruire di due ore di permesso giornaliero L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 2, in relazione all´assistenza prestata in via esclusiva e continuativa alla madre con handicap in situazione di gravità, con il medesimo convivente, oltre al risarcimento del danno esistenziale e morale.
Non veniva accolta neppure la subordinata, concernente la fruizione di tre giorni di permesso mensile frazionabile.
3. La Corte d´Appello premetteva che la situazione fattuale descritta in ricorso, circa la prestazione di assistenza in via esclusiva e continuativa alla madre con handicap in situazione di gravità e non ricoverata, era incontroversa in giudizio.
Dopo avere richiamato la disciplina di settore, il giudice di appello affermava che la domanda del C. andava rigettata attesa la conclamata disponibilità dell´amministrazione a riconoscergli i tre giorni di permesso. Nè la domanda poteva essere accolta sotto il profilo - dell´art. 33, comma 7, che riguardava espressamente i soggetti affidatari delle persone affette da handicap gravi: d´altra parte, ove pure il ricorrente potesse definirsi tale, per la madre non potrebbe che beneficiare dei tre giorni di permesso, mai dei riposi orari riservati ai lavoratori che assistono figli minori di tre anni.
4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il C. prospettando 5 motivi di ricorso.
5. Resiste con controricorso Il MIUR. 6. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell´udienza pubblica.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, come succ. mod. (art. 360 c.p.c., n. 3).
Assume il ricorrente che il dettato normativo, correttamente interpretato, in ragione delle modifiche introdotte dalla L. n. 53 del 2000, artt. 19 e 20, alla L. n. 104 del 1992, art. 33, deve far ritenere sussistente il diritto alle due ore di permesso e, in subordine, ai tre giorni di permesso, da poter fruire in modo frazionato, ad ore.
Precisa il ricorrente di aver chiesto, in via principale, l´accertamento del diritto di avvalersi di 2 ore di permesso giornaliero, ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 2, come mod. dalla L. n. 53 del 2000, ovvero anche in base all´art. 33, comma 7, citato.
In via subordinata, aveva chiesto il frazionamento in ore dei riconosciuti 3 giorni di permesso mensili, coperti da contribuzione ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, citato comma 3. Sussisteva, altresì, la qualità di affidatario ai sensi del comma 7 dell´art. 33. Aveva, inoltre, chiesto il risarcimento del danno e la disapplicazione del provvedimento del dirigente scolastico di diniego dei benefici richiesti e la nota di contestazione di addebito per ingiustificata assenza.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione dell´art. 115 c.p.c., in relazione art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.
Espone il ricorrente che nel parere reso dal Capo Gabinetto dell´Ufficio scolastico regionale del Lazio, con nota del 10 febbraio 2003 (doc. 7 fasc. primo grado), si concedevano le due ore di permesso giornaliero; con nota n. 20612 del 5 maggio 2005 (doc. 4 note ricorrente) si comunicava la possibilità di usufruire del frazionamento in 18 ore mensili del permesso di cui al comma 3 della L. n. 104 del 1992, art. 33, come poi risultante dalla L. n. 53 del 2000: il frazionamento era consentito allorchè non si poteva usufruire delle due ore (Circ. dip. funz. pubb. 5 giugno 1998, all. 12 fascicolo ricorrente).
Il diniego opposto dal D.S. appariva quindi anacronistico e illegittimo.
3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotto il vizio di contraddittoria motivazione in relazione all´art. 360, n. 5.
Esso ricorrente aveva chiesto le due ore di riposo e il frazionamento dei tre giorni di permesso, e non i tre giorni di permesso che la Corte d´Appello afferma essergli stati riconosciuti.
4. Con il quarto motivo di ricorso è prospettata la censura di violazione o falsa applicazione degli artt. 2, 3, 29, 30, 31 e 32 Cost., in relazione all´art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè si deduce questione di legittimità costituzionale della L. n. 104 del 1992, art. 33, in riferimento ai suddetti parametri.
Il giudice di appello, interpretando restrittivamente la disciplina richiamata avrebbe violato le suddette disposizioni costituzionali, dando luogo ad una ingiusta discriminazione nella disciplina dei permessi finalizzati all´assistenza di persone gravemente handicappate, pervenendo a conclusioni contrastanti con il cd. principio di uguaglianza di cui all´art. 3 Cost..
Ed infatti, a parità di situazioni di handicap grave, mentre alla persona destinataria di un provvedimento formale di affidamento del disabile (minore) sarebbe garantita la possibilità di avvalersi di tutti i benefici previsti dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, commi 1, 2, 3, 4 e 5, al parente o affine entro il 3 grado di un disabile maggiorenne sarebbe concesso di poter richiedere esclusivamente il beneficio di cui al comma 3, ovvero i tre giorni di permesso mensile, con grave disagio per lo stesso disabile.
5. Con il quinto motivo di ricorso è dedotto il vizio di violazione dell´art. 112 c.p.c., in relazione all´art. 360 c.p.c., n. 4, all´art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione.
Assume il ricorrente che mancherebbe corrispondenza tra chiesto e pronunciato. La Corte d´Appello, infatti, non si pronunciava nè sulla domanda di frazionamento, nè su quella di risarcimento, benchè oggetto della domanda introduttiva del giudizio.
6. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
Gli stessi sono fondati solo in parte, nei termini di cui alla seguente motivazione, con riguardo alla mancanza di statuizione, da parte del giudice di secondo grado, sulla censura relativa al rigetto della domanda di riconoscimento del diritto alla frazionabilità dei tre giorni di permesso, questione sottoposta alla Corte d´Appello, come si rileva anche dallo svolgimento del fatto della sentenza impugnata. Restano assorbite le censure relative al risarcimento del danno e alla disapplicazione del provvedimento di diniego dei benefici richiesti, in relazione al diniego di frazionamento.
Non sono, invece, fondate le censure relative al rigetto della richiesta di fruizione delle due ore di permesso giornaliero, alla relativa domanda di risarcimento del danno, e alla mancata disapplicazione del relativo diniego del beneficio richiesto, nonchè alla prospettazione del sospetto di illegittimità costituzionale, atteso che la questione non è assistita dalla non manifesta infondatezza.
Ed infatti, la L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 2, attribuisce solo ai soggetti di cui al comma 1, e cioè alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche adottivi, la possibilità di chiedere al datore di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
Occorre rilevare che l´art. 33, comma 1, che disciplinava il prolungamento dell´astensione facoltativa per la lavoratrice madre o in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, del minore con handicap in situazione di gravità, è stato abrogato, ed il contenuto precettivo dello stesso si rinviene ora nel D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 33, comma 1, la cui rubrica reca "Prolungamento dei congedi" e regola il congedo parentale per la lavoratrice madre o il lavoratore padre, come previsto per ogni minore con handicap in situazione di gravità.
Tuttavia, il rinvio contenuto nella L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 2, ai soggetti indicati dal comma 1, si deve intendere fisso e, dunque, sussistente anche a seguito della suddetta abrogazione.
La L. n. 104 del 1992, art. 33, successivo comma 3, sancisce che a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
Infine l´art. 33, comma 7, stabilisce che "Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5, si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità".
Tale ricostruzione normativa pone in evidenza come il citato art. 33, comma 7, intende equiparare gli affidatari ai soggetti di cui ai commi 2 e 3, fermo restando le condizioni in presenza delle quali trova applicazione il diritto al permesso di due ore giornaliere, che è alternativo, di cui al comma 2, e il diritto al permesso di tre giorni di cui al comma 3. Pertanto il permesso di due ore giornaliere non spetta nella fattispecie in esame essendo lo stesso riconosciuto, in via alternativa, in relazione al figlio minore affetto da handicap. Dunque, la disciplina in esame non consente di applicare ai familiari o agli affidatari di una persona con handicap in situazione di gravità quanto previsto per i genitori o l´affidatario del minore con handicap. Nè tale disciplina appare ledere, a seguito del vaglio di non manifesta Infondatezza, i parametri invocati dal ricorrente e segnatamente l´art. 3 della Costituzione, in ragione della diversità delle situazioni messe a confronto.
7. Il ricorso deve essere accolto per quanto in motivazione. La sentenza va cassata in relazione alle censure accolte, nei termini sopra esposti, con rinvio alla Corte d´Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d´Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016