Ostacoli agli incontri tra padre e figlio, SC: “La madre deve risarcire il danno arrecato al minore”
Con l'ordinanza n. 13400 dello scorso 17 maggio, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha condannato una donna a risarcire il danno patito dal figlio che, a causa dell'atteggiamento ostruzionistico della mamma, aveva potuto vedere il padre solo 3 volte in tre anni, specificando che le misure sanzionatorie previste dall'art. 709-ter c.p.c. sono suscettibili di essere applicate facoltativamente dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento.
Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Biella che, chiamato a vagliare le condizioni di una separazione tra coniugi, stabiliva, con decreto, le modalità di frequentazione del padre con il figlio minore.
Considerato il clima di conflittualità esistente tra i coniugi a seguito della separazione e il comportamento ostruzionistico della mamma, la Corte di Appello di Torino – ampliando le modalità di incontro del minore con il padre – condannava la donna, ai sensi dell'art. 709 ter secondo comma nr. 2 c.p.c., al pagamento della somma di Euro 5.000,00 a favore del figlio a titolo di risarcimento dei danni a lui provocati per lesione del diritto alla bigenitorialità.
La madre, proponendo ricorso per Cassazione, denunciava violazione e falsa applicazione dell'art.709 ter secondo comma n.2 c.p.c. perché la Corte di Appello di Torino l'aveva ingiustamente condannata al risarcimento del danno nei confronti del figlio, considerandola responsabile della lesione del diritto del minore alla bigenitorialità. Sul punto rilevava di aver sempre collaborato per rendere possibili gli incontri con il padre, precisando che era sempre stato lo stesso minore a non voler vedere da solo l'uomo e pretendere in ogni incontro con il genitore anche la presenza della madre.
La Cassazione non condivide le tesi difensive della ricorrente.
In via preliminare, la Corte ricorda come l'art. 709 ter secondo comma n.2 c.p.c., rubricato Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni, dispone che il giudice – per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento nel caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento – può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: ammonire il genitore inadempiente; disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
La giurisprudenza ha, di contro, precisato che le misure sanzionatorie previste dall'art. 709-ter c.p.c. e, in particolare, la condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, sono suscettibili di essere applicate facoltativamente dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento (Cass. 16980/2018).
Con specifico riferimento al caso di specie, nel corso del giudizio di merito era emerso che il padre dal dicembre 2010 al luglio 2013 aveva incontrato il figlio solo tre volte, nonostante gli accordi intervenuti tra i genitori che prevedevano una più ampia frequentazione.
Gli Ermellini evidenziano come il giudice di merito ha adeguatamente motivato l'esistenza dei presupposti della condanna ex art. 709-ter comma 2 c.p.c., evidenziando con dettagliato accertamento – non sindacabile in sede di legittimità, in quanto implicherebbe un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito – come si sono estrinsecati gli atteggiamenti ostruzionistici della madre ed il condizionamento al corretto svolgimento delle modalità di affidamento del minore, nonché il disagio, le sofferenze ed i conflitti derivati al minore da siffatto atteggiamento.
La Corte d'appello ha, quindi, correttamente ritenuto comprovato il comportamento ostruzionistico contestato alla ricorrente, condannandola al risarcimento a favore del figlio con l'intenzione di censurare proprio la mancata frequentazione tra il padre ed il figlio ed il ruolo svolto dalla madre.
In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.