Di Redazione su Martedì, 25 Luglio 2017
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Ora basta, punite quel pm. Udine, monta la protesta degli avvocati, on line un esposto al Csm

La vicenda di Udine si arricchisce nelle ultime ore di un nuovo capitolo.
Dopo la pronuncia del Tribunale della Libertà, che ha annullato i provvedimenti emessi dalla Procura di Udine, ed autorizzati dal gip, e dopo le conseguenti, clamorose proteste del COA di Udine, del Consiglio nazionale forense, di numerose associazioni tra le quali Movimento forense, Camere penali ed Aiga, la Procura della Repubblica di Udine, per bocca del procuratore capo, ha fatto quadrato intorno al proprio sostituto e ha comunicato di aver interposto ricorso in Cassazione per chiedere alla Suprema Corte la riforma dell´ordinanza del Tribunale.

Ma gli avvocati non ci stanno e da Catania, in particolare dalla Associazione avvocati liberi parte una iniziativa clamorosa. "Quel pm va punito", scrivono alcuni avvocati siciliani e non solo al vicepresidente del Csm Legnini, perché, come certificato dal Tribunale della Libertà nella propria ordinanza, ha violato la Costituzione e il codice di rito, e mortificato la dignità stessa dell´avvocatura.

La petizione ha carattere aperto e può essere firmata online.

Il documento è inserito nel gruppo facebook Avvocati Liberi.
Per sottoscrivere, basta un clic qui
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Ecco il testo integrale del documento:
Ecc.Mo Consiglio Superiore della Magistratura in persona del vice presidente
Dott. Giovanni Legnini
La Procura di Udine, lo scorso 23 giugno, ha sottoposto a perquisizione gli studi professionali e le abitazioni di due avvocati, nell´ambito di un´inchiesta che li vede indagati per l´ipotesi di reato di concorso in infedele patrocinio. La perquisizione negli studi professionali era stata richiesta dal Pubblico Ministero ed autorizzata dal Giudice per le Indagini Preliminari, mentre la perquisizione nelle abitazioni era stata direttamente disposta dal Pubblico Ministero con provvedimento firmato dal Sostituto Procuratore titolare delle indagini e vistato dal Procuratore Capo. Il reato è di infedele patrocinio per avere concordato di far fare scena muta in interrogatorio alla donna che uno dei due difende, in un procedimento per presunto favoreggiamento del marito – assistito dall´altro legale –, precedentemente allontanato dalla casa familiare per maltrattamenti su di lei e sui loro figli. Ma non solo: l´imputata avrebbe commesso il reato di favoreggiamento a vantaggio del marito, quando il codice penale prevede il vincolo matrimoniale «quale causa di non punibilità». L´altro legale, invece, difensore del marito, è stato tirato in ballo per un altro strano reato: la sua responsabilità sarebbe quella di essersi scambiato informazioni con il collega, comportamento previsto dal codice deontologico. Con ordinanza 13.7.2017 il Tribunale per il Riesame di Udine, adito dai difensori degli indagati, ha disposto l´annullamento del provvedimento di perquisizione e di sequestro e la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro, non essendo " ravvisabile il fumus del reato di patrocinio infedele". Il Tribunale ha osservato nel suo provvedimento che il suggerimento rivolto da un difensore alla propria assistita di avvalersi della facoltà di non rispondere costituisce "linea difensiva" in relazione alla quale "non può essere mossa alcuna censura, la stessa essendo esplicazione di un diritto espressamente riconosciuto all´indagato/imputato". E "non può censurarsi il fatto che i difensori, come emerge dalle conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, abbiano avuto tra loro dei contatti e degli scambi di informazioni atteso che, come ben sottolineato da uno dei difensori, è lo stesso Codice Deontologico forense che suggerisce un tanto". Cosa dire di questa vicenda. Si possono dire tante cose.
Ignoranza non solo delle norme codicistiche ma anche di quelle costituzionali, mancanza di buon senso. Tutto si può dire. Tante parole,ma una sola sensazione una sola emozione. Senso di sgomento. E magari di paura. Perché provoca sgomento pensare che ci possano essere certi magistrati, a Udine come a Catania a Torino come a Reggio Calabria, che non comprendono in alcun modo quale sia la funzione Costituzionale della difesa. Il lavoro di un Avvocato si fa ogni giorno più difficile e la mancanza di serenità nello svolgimento del proprio lavoro aumenta le difficoltà. Ma lo sgomento e la paura per questi provvedimenti o per vicende in relazione al rapporto avvocato/assistito non hanno valenza pubblica. Anche se gli Avvocati spesso hanno paura. Ma sono emozioni interne da condividere al massimo con i colleghi di studio.
E´ vero che i fatti di Udine turbano tutti gli Avvocati che in silenzio e con onestà difendono i diritti di tutti, in specie dei più deboli. Ma è anche vero che quei fatti ben possono costituire illecito disciplinare così come previsto nell´art. 2 Decreto legislativo 23 febbraio 2009 n. 109 che testualmente cos´ recita "Costituiscono illeciti disciplinari nelle´esercizio delle funzioni: lettera g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile.
Per questo ci rivolgiamo a Codesto Ecc.mo Consiglio Superiore della Magistratura affinchè adotti se del caso ogni opportuno provvedimento.
Per restituire serenità agli Avvocati e credibilità alla Giustizia tutta.
Con ossequio