Di Alessandra Garozzo su Giovedì, 01 Agosto 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Onere della prova a carico del danneggiato per le cose in custodia

Comune è la tematica delle cosiddette insidie stradali che interessa la giurisprudenza; meno comune, ma non per questo meno quotidiano, è il caso in cui l'"insidia" si trovi in condominio. La Suprema Corte con l'ordinanza n. 18319/19 si trova dunque ad affrontare il problema della individuazione del responsabile qualora il danno sia stato patito da un soggetto terzo rispetto ai condomini di uno stabile. La riposta della Corte qui è che il danno scaturente dalle cose in custodia richiama un onere del danneggiato: precisamente l'onere probatorio sul nesso causale. Nel caso di specie una signora citava in giudizio un condominio a causa di una caduta rovinosa avvenuta nel cortile: l'attrice sosteneva che la caduta si era verificata poiché la pavimentazione era dissestata e la scarsa visibilità, dovuta alla poca illuminazione, non le aveva consentito di evitare il danno; aggiungeva inoltre che il cortile era privo di qualsivoglia segnaletica che avvertisse i soggetti transitanti delle cattive condizioni del pavimento.  

 Sulla scorta di una CTU medico legale, delle prove documentali e testimoniali, il Tribunale concludeva per la responsabilità del condominio: sanciva difatti che la presenza delle buche, tra l'altro non visibili per la scarsa illuminazione, era il chiaro sentore di una omissione nei dovuti controlli, nonché nella vigilanza e custodia delle parti comuni dell'edificio. L'attrice vedeva così riconosciute le sue istanze circa il rimborso delle spese mediche e il risarcimento del danno biologico, ma non già quello relativo al danno esistenziale. La signora così proponeva appello avverso la pronuncia per ottenere il riconoscimento del suddetto danno esistenziale ed anche il condominio presentava appello. Il giudice di seconda istanza accoglieva l'appello incidentale del condominio facendo leva sull'interpretazione giurisprudenziale consolidatasi attorno all'art. 2051 c.c.: non era difatti stata fornita la prova circa l'apporto causale della cosa in custodia sull'evento, né era stato provato lo stato di pericolosità del luogo; era stata fornita prova, invece, sul fatto che l'incidente fosse occorso a causa della disattenzione della signora che oltretutto conosceva bene quei luoghi in quanto la di lei figlia abitava nello stabile. 

Veniva presentato ricorso per cassazione con cui si lamentava una non corretta applicazione dell'art. 2051 c.c.: si sosteneva che il predetto articolo poneva a carico del custode una responsabilità oggettiva posto che la pericolosità risultava endemica nella cosa stessa.La Corte dichiara inammissibile il ricorso rilevando che la sentenza impugnata ha dato contezza degli elementi costitutivi dell'art. 2051 c.c. La sentenza difatti muove dall'assunto che la responsabilità per danno delle cose in custodia è oggettiva e che per ritenerla fondata occorra la prova del danno e del nesso causale. Sulla base di tali permesse è stata ben argomentata l'assenza di un collegamento causale tra lo stato dei luoghi e l'evento: manca dunque la prova sulla pericolosità intrinseca della cosa. Rileva invece la prova liberatoria per il custode e cioè che l'evento sia dipeso da caso fortuito quale la condotta della ricorrente.