Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 27 Febbraio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Omesso mantenimento ai figli maggiorenni: l’esecuzione forzata può essere iniziata dalla mamma

Con l'ordinanza n. 31 dello scorso 24 gennaio, il Tribunale di Enna, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di una procedura esecutiva avanzata da una mamma contro il marito che non versava il contributo di mantenimento in favore delle figlie maggiorenni ma non ancora autosufficienti, ha riconosciuto la legittimazione attiva della donna ad attivare l'espropriazione, posto che sussiste in capo al genitore convivente con il figlio maggiorenne non ancora economicamente indipendente la legittimazione concorrente in ordine alla corresponsione, da parte dell'altro genitore, al contributo al mantenimento dovuto dall'altro genitore.

Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale prende avvio da una opposizione agli atti esecutivi presentata da un marito avverso l'ordinanza con la quale il Giudice dell'Esecuzione, nel procedimento di pignoramento presso terzi promosso dalla moglie, disponeva lo svincolo del 50% del saldo del conto corrente pignorato presso banca.

A sostegno dell'opposizione, l'uomo eccepiva la carenza di legittimazione della donna, non potendo la stessa assumere la veste di creditrice all'interno di quella procedura esecutiva, ove aveva azionato, quale titolo esecutivo, la sentenza di divorzio, emessa dal Tribunale di Enna, relativamente alla parte in cui poneva a carico dell'uomo l'obbligo di mantenimento delle figlie maggiorenni.

Si costituiva in giudizio la creditrice opposta, chiedendo il rigetto dell'opposizione in quanto infondata.

Il Tribunale di Enna non condivide le difese formulate dall'opponente.

Il Giudice ricorda che sussiste in capo al genitore convivente con il figlio maggiorenne non ancora economicamente indipendente la legittimazione concorrente in ordine al contributo al mantenimento dovuto dall'altro genitore. 

 In particolare, l'art. 337 septies c.c. nel prevedere che l'assegno periodico di mantenimento per i figli maggiorenni non indipendenti economicamente è versato direttamente all'avente diritto, non dà indicazioni precise sul soggetto cui spetti la legittimazione attiva a richiedere il riconoscimento del diritto di credito al contributo di mantenimento.

L'assenza di un orientamento univoco in ordine a tale aspetto ha avuto, negli anni, immediate conseguenze anche in relazione all'individuazione del soggetto legittimato a ricevere la prestazione e ad agire in executivis.

Quando nel codice civile non sussisteva alcuna norma ad hoc in materia di mantenimento dei figli maggiorenni, il prevalente indirizzo giurisprudenziale riconosceva la legittimazione esclusiva del figlio convivente quando decideva di attivarsi in prima persona, ad esempio per ottenere una modifica quantitativa del contributo; viceversa, laddove il figlio, pur essendo divenuto maggiorenne, fosse rimasto inerte, si reputava che accettasse l'operato del genitore, il quale continuava, così, ad essere legittimato, iure proprio, a ricevere il contributo nell'interesse del figlio convivente, a domandarne la modifica e ad agire in ipotesi di inadempimento.

Con l'entrata in vigore dell'art. 337 septies c.c., la giurisprudenza ha confermato l'orientamento che riconosce in capo al genitore la legittimazione, anche iure proprio, a rivendicare ed a ricevere l'assegno: si è difatti specificato che la norma configura un'obbligazione alternativa in base alla quale - sussistendo il presupposto necessario della convivenza - il genitore può continuare a percepire l'assegno di contributo al mantenimento del figlio; questa legittimazione concorrente del genitore viene meno nel momento in cui cessi l'inerzia del figlio, che provveda a richiedere direttamente il pagamento dell'assegno ( ex multiis, Cass. 18869/2014).

 Tale conclusione non muta alla luce del tenore letterale dell'art. 337 septies nella parte in cui stabilisce che l'assegno, salva diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto, posto che tale disposizione si riferisce solo alle modalità attuative della corresponsione.

Analogamente, con specifico riferimento al caso di specie, si riferisce unicamente alle modalità attuative della corresponsione l'accordo congiunto delle parti, recepito poi nella sentenza di divorzio, relativo all'assunzione dell'obbligo di mantenimento direttamente nei confronti delle figlie.

Deve, quindi ritenersi, che non sia mai venuto meno il diritto iure proprio della madre a ricevere un assegno a titolo di contribuzione al mantenimento della due figlie conviventi, così come è stato confermato dallo stesso padre che, nel richiedere la revisione delle condizioni di divorzio, ha ammesso di essere onerato dell'obbligo di contribuzione per il mantenimento delle figlie nei confronti della ex coniuge.

Alla luce di tanto, avendo la mamma posto in essere gli atti volti ad ottenere la corresponsione del quantum dovuto a titolo di mantenimento in favore delle figlie, in virtù della propria legittimazione concorrente con le stesse, deve confermarsi la sua legittimazione ad agire in giudizio per far valere l'inadempimento del padre e escutere il credito dovuto.

Compiute queste precisazioni, il Tribunale rigetta l'opposizione e condanna l'opponente al rimborso, in favore dell'opposta, delle spese del giudizio

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