Di Rosalia Ruggieri su Giovedì, 05 Luglio 2018
Categoria: Business

Omessa impugnazione di un accertamento fiscale, SC: “Consulente non responsabile, se non ha ricevuto un incarico specifico”

Con la pronuncia n. 16770 dello scorso 26 giugno in tema di responsabilità professionale del commercialista, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha precisato che il consulente fiscale non è tenuto a risarcire il cliente per il ricorso tributario non proposto, se non gli era stato preventivamente conferito un incarico specifico inerente alla proposizione del ricorso.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, una società conveniva in giudizio la propria consulente fiscale, chiedendo che fosse accertato l'inadempimento della stessa per non aver proceduto all'impugnazione, nonostante l'incarico conferitole, di un accertamento fiscale fondato su parametri presuntivi, perdendo così la possibilità di dimostrare in concreto una scarsa redditività per un incendio che aveva distrutto uno dei punti vendita.

La convenuta, costituendosi, eccepiva di aver ricevuto solo un incarico relativo ad attività ordinarie, quali la predisposizione di fatture, il ritiro settimanale della documentazione contabile, l'elaborazione dei dati contabili dell'impresa; di contro, le attività di carattere straordinario – quali condoni, ricorsi e dichiarazione dei redditi – non rientravano nell'ambito delle sue competenze, né avrebbe potuto svolgerli perché non risultava iscritta all'albo dei ragionieri commercialisti. 

Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che l'attrice non avesse provato né il conferimento dello specifico incarico professionale inerente la contestazione del maggior imponibile per l'anno 1996, né le conseguenze negative che ne sarebbero derivate a suo carico a seguito della mancata impugnazione dell'accertamento.

La società proponeva appello, sostenendo che era stato dimostrato sia il conferimento dell'incarico professionale sia l'esistenza del nesso causale tra la condotta professionale colposa della consulente e i danni riportati.

La Corte d'Appello di Milano rigettava l'appello, confermando, per l'effetto, la sentenza impugnata: i giudici di appello, in particolare, rilevavano come nessuna prova fosse stata fornita in relazione al conferimento di un incarico professionale avente ad oggetto la proposizione di un ricorso avvero l'avviso di accertamento dei maggiori redditi per l'anno 1996, non potendo lo stesso essere ricompreso nel generico incarico di occuparsi della contabilità.

Sotto altro aspetto, la Corte meneghina evidenziava che non era stato dimostrato il danno risarcibile. Sul punto, si ricorda che l'affermazione della responsabilità per colpa professionale – derivante dalla mancata impugnazione di un avviso di accertamento tributario – implica una valutazione prognostica circa il probabile esito favorevole del ricorso alla commissione tributaria: nel caso di specie, era emerso che la prospettata impugnazione non poteva avere ragionevoli prospettive di accoglimento nel merito in quanto, nonostante l'incendio di una delle due unità di vendita, la vendita e l'approvvigionamento erano continuati presso un vicino negozio ove veniva verosimilmente dirottata la maggior parte della clientela 

 La società ricorreva in Cassazione e, nel ribadire la propria posizione, censurava la sentenza d'appello per non aver correttamente valutato le risultanze istruttorie.

La Cassazione non condivide i rilievi avanzati dalla società ed evidenzia che in materia di ricorso per Cassazione l'errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito non è mai sindacabile in sede di legittimità: non è compito della Corte quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio si sia mantenuto nei limiti del ragionevole e del plausibile.

Ciò precisato, la Corte rileva che ragionevole e plausibile è stata la ricostruzione operata dalla Corte di Appello, la quale ha ritenuto, per un verso, che il conferimento dell'incarico professionale di proporre ricorso avvero l'avviso di accertamento dei maggiori redditi per l'anno 1996, dovesse essere specificamente conferito, "non potendo essere ricompreso nel generico incarico di occuparsi della contabilità", e, per altro verso, che l'attrice, pur avendone l'onere, non avesse fornito la prova del conferimento dell'incarico, "dovendosi considerare le testimonianze esperite del tutto generiche e tra loro contraddittorie".

Preso atto, quindi, dell'assenza dell'incarico specifico di proporre ricorso avverso l'avviso di accertamento, la Cassazione rileva che non si è fornita la prova dell'esistenza di un contratto, posto a monte di una eventuale responsabilità professionale per inadempimento: tale rilievo è tale da assorbire tutte le considerazioni effettuate in relazione alla sussistenza e all'entità del danno risarcibile.

Il ricorso viene, quindi, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

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