L´addebito in capo ad uno dei coniugi nel giudizio di separazione richiede la proposizione di un´apposita domanda di parte volta a provare che una data condotta posta in essere da uno dei coniugi si è svolta in contrasto rispetto ai doveri nascenti dal matrimonio determinando così l´inizio effettivo della crisi coniugale.
In tal senso va necessariamente provata la connessione tra la condotta astrattamente causativa dell´addebito e l´effetto ossia l´inizio della crisi coniugale sfociante nella separazione. Tale richiesta ha natura del tutto autonoma, e la pronuncia appellabile, rispetto all´intero giudizio seppure proponibile solo nell´ambito del giudizio di separazione.
Essa inoltre presuppone l´iniziativa di parte e soggiace conseguentemente ad uno specifico regime di regole e preclusioni avendo di per sè una "causa petendi" (la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole) ed un "petitum" (statuizione destinata a incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo) distinti da quelli della domanda di separazione.
Tale principio è stato affermato chiaramente dai Supremi Giudici di Cassazione, sez.VI Civile -1, con la recente Ordinanza n. 6668 del 2018. Nel caso "de quo", infatti, contrariamente rispetto a quanto ritenuto dai Giudici di seconde cure, il Supremo Collegio - accogliendo le doglianze della interessata - ha precisato come effettivamente andasse valorizzato il principio di autonomia dell´addebito presupponendo lo stesso una specifica istanza di parte.
Da ciò discendendo che in mancanza di contrarie ragioni sistematiche e di norme derogative dell´art. 329, secondo comma cod. proc. civ., l´impugnazione proposta con esclusivo riferimento all´addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione ed al contempo ne abbia dichiarato l´addebitabilità, implichi il passaggio in giudicato del capo sulla separazione, rendendo esperibile l´azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione.
Ciò detto secondo i Giudici di Piazza Cavour, correttamente nel caso de quo la ricorrente aveva proposto l´appello in questione con atto di citazione nel termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, sicché l´appello proposto non avrebbe potuto essere considerato tardivo, come erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado.
Per le ragioni su esposte il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d´appello di Trento in diversa composizione.
Si allega ordinanza.
Alessandra Garozzo
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