Di Redazione su Domenica, 07 Giugno 2020
Categoria: I Maestri del Pensiero

Charles Montesquieu: l'uguaglianza e la disuguaglianza, eccessi della democrazia

Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, meglio noto solamente come Montesquieu (La Brède, 18 gennaio 1689Parigi, 10 febbraio 1755), è stato un filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese. È considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri.
Charles-Louis de Secondat nacque da un'illustre famiglia di giuristi appartenente alla nobiltà di toga. Figlio di Jacques de Secondat, barone di Montesquieu (1654-1713), e di Marie-Françoise de Pesnel, baronessa di la Brède (1665-1696), venne alla luce nel castello di la Brède, nel circondario di Bordeaux.
Dopo avere studiato nel famoso collegio dei padri oratoriani di Juilly venne indirizzato agli studi giuridici, che completò nel 1708. Nel 1714 era già consigliere del parlamento di Bordeaux. Nel 1715 il matrimonio con Jeanne de Lartigue, proveniente da una ricca famiglia ugonotta neo-nobiliare, gli consentì di ricevere una notevole dote. Nel 1716 morì lo zio paterno, da cui ereditò il titolo nobiliare, il patrimonio e la carica di presidente dello stesso Parlamento.
Studioso, tanto appassionato di problemi giuridici quanto di scienze naturali e di fisica, venne accolto all'Accademia delle Scienze di Bordeaux, dove presentò e discusse interessanti memorie consacrate ad argomenti scientifici e filosofici. Scrisse memorie di anatomia, botanica, fisica, etc., tra cui Les causes de l'écho, Les glandes rénales et La cause de la pesanteur des corps.
Con schietto atteggiamento illuminista considerò la religione come instrumentum regni e all'Accademia lesse anche una Dissertation sur la politique des Romains en matière de religion 1716 assumendo quell'atteggiamento critico nei confronti della Chiesa che lo portò a condannare ogni forma di acquiescenza dell'uomo sia verso essa sia verso lo Stato.


La sua fama, ancora ristretta all'ambito provinciale, si accrebbe enormemente con la pubblicazione delle Lettres Persanes (1721; Lettere Persiane). Pubblicate anonime (ma ben presto si seppe il nome dell'autore), le Lettere Persiane, il suo primo capolavoro, offrono il pretesto all'autore, nel descrivere l'immaginario viaggio in Europa di due persiani, Usbek e Rica, di fare un'acuta analisi dei costumi e della società del tempo (l'arco temporale delle lettere va dal 1711 al 1720) con profonde riflessioni filosofiche unite a uno spirito irriverente e spesso ironico e satirico. Il libro si conclude con una doppia catastrofe: in occidente, a Parigi, col crollo del sistema politico e finanziario di John Law; in Oriente con la rivolta del serraglio, ovvero dell'harem che Usbek, grande signore, manteneva a Ispahan (la capitale, allora, del Regno di Persia). Nell'ultima celeberrima lettera, indirizzata al marito Usbek, la moglie favorita, Roxane, gli confessa il suo tradimento e descrive il suo suicidio "in tempo reale", come diremmo oggi.
Lettres familieres a divers amis d'Italie, 1767. Da BEIC, biblioteca digitale
A causa dei debiti nel 1726 mise in vendita la sua carica, pur conservando il diritto ereditario su di essa. In seguito all'elezione nell'Académie française (1728) intraprese numerosi viaggi in Europa: Austria, Ungheria, Italia (1728), Germania (1729), Paesi Bassi ed Inghilterra (1730), il cui soggiorno si dilungò per circa un anno. In questi viaggi si occupò attentamente della geografia, dell'economia, della politica e dei costumi dei paesi che visitava.
Il 12 maggio 1730 fu iniziato alla Massoneria nella Loggia della "Horn Tavern" di Londra. Secondo un'altra fonte, invece, fu iniziato nel 1720 e nel 1725 fu tra i fondatori della prima loggia parigina.
Di ritorno al castello De la Brède, nel 1734 pubblicò una riflessione storica intitolata Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence (Considerazioni sulle cause della grandezza dei romani e della loro decadenza), coronamento dei suoi viaggi, e raccolse numerosi documenti per preparare l'opera della sua vita: De l'esprit des lois (Lo spirito delle leggi). Pubblicato anonimo nel 1748 grazie anche all'aiuto di Mme de Tencin, tale capolavoro ebbe un successo enorme, soprattutto in Gran Bretagna. Esso stabilisce i principi fondamentali delle scienze economiche e sociali e concentra tutta la sostanza del pensiero liberale. A seguito degli attacchi che il suo libro subì, Montesquieu pubblicò nel 1750 la Défense de l'Esprit des lois (Difesa dello spirito delle leggi).


Dopo la pubblicazione de Lo spirito delle leggi Montesquieu fu circondato da un vero e proprio culto. Egli continuò i suoi viaggi in Ungheria, in Austria e in Italia, dove soggiornò un anno e nel Regno Unito, in cui si fermò per un anno e mezzo. Afflitto dalla quasi totale perdita della vista, riuscì a partecipare comunque alla stesura dell'Encyclopédie. Morì nel 1755 a causa di una forte infiammazione.
Gli è stato dedicato un asteroide, 7064 Montesquieu

Il principio della democrazia si corrompe non soltanto quando si perde lo spirito di uguaglianza, ma anche quando si assume uno spirito di uguaglianza estrema e ciascuno vuol essere uguale a quelli che elegge per comandarlo. Il popolo allora, non potendo tollerare nemmeno il potere che conferisce esso stesso, vuole fare tutto da sé, deliberare al posto del senato, eseguire al posto dei magistrati e desautorare i giudici tutti. Non può più esserci virtù nella repubblica. Il popolo vuole fare le funzioni dei magistrati; quindi non li rispetta più. Le deliberazioni del senato non hanno più peso; quindi non si ha più riguardo per i senatori e in conseguenza per i vecchi. Quando non si ha rispetto per i vecchi, non se ne avrà nemmeno per i padri; i mariti non meritano più deferenza, né i padroni sottomissione.Tutti arriveranno ad amare questo disordine; il comando sarà di peso come l'obbedienza. Le donne, i fanciulli, gli schiavi non vorranno più essere sottomessi a nessuno. Non ci saranno più buoni costumi, non più amore dell'ordine, infine, non più virtù. (...) Il popolo cade in questa sciagura quando coloro ai quali si affida, volendo nascondere la loro corruzione, cercano di corromperlo. Perché non veda la loro ambizione, non gli parlano che della sua grandezza; perché non si accorga della loro avarizia, lusingano senza posa la sua. La corruzione aumenterà fra i corruttori e aumenterà fra coloro che sono già corrotti. Il popolo si distribuirà tutto il pubblico denaro; e quando avrà unito alla sua pigrizia la gestione degli affari, vorrà unire alla sua povertà i divertimenti propri del lusso. Ma con la sua pigrizia e la sua smania di lusso, soltanto il tesoro dello Stato potrà essere un obiettivo per lui. Non ci sarà da stupire se vi si vedranno i suffragi dati per denaro. Non si può dar molto al popolo senza prendergli anche di più, ma per prendere da lui bisogna rovesciare lo Stato. Quanto maggiore sarà il vantaggio che gli sembrerà trarre dalla sua libertà, tanto più si avvicinerà al momento in cui deve perderla.

Si creano dei piccoli tiranni che avranno tutti i difetti di uno solo. In breve, quanto rimane di libertà diviene insopportabile; si afferma un solo tiranno, e il popolo perde tutto, perfino i vantaggi della propria corruzione. La democrazia deve dunque evitare due eccessi: lo spirito di disuguaglianza che la porta all'aristocrazia o al governo di uno solo; e lo spirito di uguaglianza estrema che conduce al dispotismo di uno solo, come il dispotismo di uno solo finisce con la conquista.

(Montesquieu, "Lo spirito delle leggi", VIII, cap. 2)

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