Di Rosalia Ruggieri su Sabato, 07 Maggio 2022
Categoria: Famiglia e Conflitti

Molestia ripetutamente la moglie del suo amante inviando foto intime, SC: “Non si applica l’art. 131 bis c.p.”

 Con la sentenza n. 12013 dello scorso 1 aprile, la VI sezione della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna per il reato di molestia inflitto ad una donna che aveva ripetutamente importunato la moglie del suo amante, inviandole, tramite messaggi WhatsApp, foto intime dei momenti intrattenuti con l'uomo fedifrago.

Respingendo le difese dell'imputata che chiedeva l'applicazione della causa di non punibilità di particolare tenuità del fatto, si è specificato che "la causa di non punibilità di particolare tenuità del fatto, ex art. 131 bis c.p., non può trovare applicazione in relazione al reato di cui all'660 c.p., qualora tale reato, in concreto, abbia assunto, per il susseguirsi delle condotte moleste, carattere di abitualità".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di una donna, accusata del reato di cui all'art.660 c.p., per avere ripetutamente molestato, con il telefono e a mezzo del servizio di messaggistica istantanea WhatsApp, la moglie del suo amante, inviandole immagini riproducenti momenti di condivisione intima intrattenuti con l'uomo fedifrago.

 In primo grado, il Tribunale di Bari dichiarava l'amante colpevole della contravvenzione di cui all'art. 660 c.p. e la condannava alla pena di quattrocento Euro di ammenda.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa della donna deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'omessa pronuncia in ordine all'applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., espressamente invocata dinanzi al giudice di merito.

La Cassazione non condivide la doglianza sollevata dalla ricorrente.

 La Corte ricorda che la causa di non punibilità di particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., non può essere applicata, secondo previsione testuale, ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica.

Ne deriva che la causa di non punibilità in questione non può dunque trovare applicazione neppure in relazione al reato di cui all'660 c.p., qualora tale reato, in concreto, abbia assunto, per il susseguirsi delle condotte moleste, l'anzidetto carattere di abitualità.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la condotta contestata abbia assunto – per il susseguirsi delle condotte moleste, consistenti nell'invio ripetuto di immagini riproducenti momenti di condivisione intima intrattenuti con il marito della vittima – l'anzidetto carattere di abitualità.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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