Con l'ordinanza n. 28244 depositata lo scorso 4 novembre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato le richieste di un padre che si opponeva all'affidamento esclusivo delle figlie minori alla loro madre, così confermando la decisione di merito che – all'esito di una congrua ponderazione e valutazione delle dichiarazioni rilasciate dalle figlie e del comportamento complessivo dell'uomo - aveva rilevato l'inadeguatezza del padre a occuparsi delle ragazze.
Si è quindi specificato che in materia di affidamento dei figli minori, il giudice della separazione e del divorzio deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Trento pronunciava la separazione di una coppia di coniugi, disponendo l'affido esclusivo alla madre delle due figlie minori e ponendo a carico del marito il contributo per il mantenimento delle due ragazze, quantificandolo in euro 350,00 mensili per ciascuna.
Pronunciandosi sull'appello proposto dall'uomo, la Corte di Appello di Trento confermava interamente le statuizioni del giudice di prime cure, ivi compresa quella relativa all'affido esclusivo delle ragazze.
A sostegno della propria decisione, i giudici di merito valutavano i comportamenti dell'uomo e, in particolare, il suo trasferimento in una regione diversa e distante da quella di residenza delle minori, la scarsa partecipazione alle scelte inerenti la vita delle figlie, così trascurando i propri doveri genitoriali, la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento.
Ricorrendo in Cassazione, il padre censurava la decisione della Corte distrettuale per violazione e falsa 1 applicazione dell'art. 337-quater c.c., comma 1, per aver il giudice di secondo grado operato un giudizio prognostico sul comportamento del padre disancorato da basi solide, disponendo l'affidamento esclusivo delle minori in assenza di una valida motivazione, senza tener in debito conto le dichiarazioni delle ragazze dalle quali era emersa l'importanza della figura paterna nelle scelte relative la loro vita.
La Cassazione non condivide le censure formulate dal ricorrente.
In punto di diritto, la Corte premette che la questione dell'affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito che, con apprezzamento di fatto, non suscettibile di censura in sede di legittimità, valuta quale sia l'esclusivo interesse del minore: in particolare,tenendo conto dell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve privilegiare quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore.
A tal fine, l'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo: tale giudizio, ancorandosi ad elementi concreti, deve fondarsi sulle modalità con cui il genitore ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di appello – all'esito di una effettiva ponderazione e valutazione delle dichiarazioni rilasciate dalle figlie e di tutto l'altro materiale istruttorio - aveva rilevato l'inadeguatezza del padre a occuparsi delle ragazze, ritenendo preferibile disporre l'affido esclusivo delle minori alla madre; di contro, i motivi di ricorso sono intesi tutti a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo del ricorrente, così censurando quella che risulta essere la discrezionale valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti che attengono al libero convincimento del giudice e, se compiutamente motivati, non censurabile in sede di legittimità.
In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.