"C'è un giudice a Berlino" è un vecchio modo di dire ispiratosi alla vicenda giudiziaria vissuta da un povero mugnaio della Germania Prussiana che era stato portato in Tribunale perché non riusciva più a pagare le tasse. Il mugnaio Arnold non poteva più pagare le tasse al conte di Schmettau perché il barone von Gersdof aveva deviato certe acque per interessi suoi e il mulino di Arnold non poteva più funzionare. Dopo la prima sentenza che condannava il mugnaio a perdere il mulino, lo stesso non si rassegnava e riusciva a portare la sua questione sino al Tribunale di Berlino. Qui, grazie all'intervento di Federico il Grande, che aveva esaminatogli atti e constatato che il mugnaio era stato vittima di una palese ingiustizia,il mugnaio veniva reintegrato nei suoi diritti .
Fatto questo breve richiamo ad una vicenda nota che non può certamente essere paragonata per l'enorme differenza degli effetti negativi che il povero mugnaio aveva subito, a quanto da qui in appresso vi racconteremo, ci siamo determinati a rendervi noto una vicenda di quotidiana"insensatezza"a cui purtroppo molti avvocati sono costretti ad assistere, a volte subendo decisioni ingiuste.
Ci stiamo riferendo ai numerosi provvedimenti di liquidazione che, in violazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità e delle regole stabilite dalle norme che regolano la materia, molti magistrati adottano nei casi di patrocinio a spese dello stato in favore degli avvocati .
Il caso singolare di cui vi vogliamo fare partecipi si è verificato presso il Tribunale di Gela e ha coinvolto uno dei colleghi collaboratori della nostra Redazione.
Il collega aveva svolto la sua attività in favore di un signore che doveva rispondere del reato di furto in concorso per avere sottratto della legna presso un fondo privato. L'assistito veniva tratto in arresto in flagranza, unitamente ad altri soggetti. Fissata l'udienza di convalida e il giudizio direttissimo, il difensore partecipava a detta udienza nella quale veniva decisa l'applicazione della misura cautelare dell'obbligo di firma a carico dell'imputato. Al giudizio direttissimo fissato per lo stesso giorno della convalida, il difensore chiedeva l'assegnazione dei termini a difesa. Dopo qualche udienza e dopo la predisposizione e presentazione della istanza di revoca della misura cautelare che veniva concessa, si arrivava così all'udienza conclusiva. In tale udienza il difensore, nell'interesse del proprio assistito, dava prova al giudice dell'avvenuta riparazione del danno nei confronti della parte offesa e pertanto chiedeva pronunciarsi sentenza di estinzione del reato ex art. 162 ter c.p.. Il Giudice accoglieva l'istanza del difensore e pronunciava sentenza predibattimentale di estinzione del reato ex art 469 cpp e 162 ter c.p. A questo punto il difensore presentava istanza di liquidazione dei compensi in linea ai parametri stabiliti dal DM n. 55/2014 .
Il Giudice emetteva decreto di liquidazione riconoscendo la sola fase di studio liquidando in favore del difensore la "sbalorditiva" somma di euro 150,00 (dicansi centocinquanta euro) per compensi ed euro 22,50 per rimborso spese forfettarie oltre iva e cpa.
Il difensore avvertendo un senso di turbamento soprattutto per la mortificazione della nobile dignità professionale che ogni avvocato cerca sempre di tutelare nell'espletamento della professione, ma soprattutto nell'esercizio dell'irrinunciabile diritto di difesa che spetta ad ogni cittadino, decide di proporre opposizione e cosi presenta ricorso ex art. 702 bis cpc al capo dell'Ufficio giudiziario competente, per come individuato dalla normativa che disciplina la materia.
Veniva fissata l'udienza di comparizione delle parti per il 22 ottobre 2018, si costituiva in difesa del Ministero della Giustizia l'avvocatura dello Stato che, probabilmente per "pudore", si è limitato a raccontare i fatti, rimettendosi sostanzialmente alla decisione del Decidente adito.
Il Giudice chiamato a decidere l'opposizione, con la solerzia che l'ha sempre contraddistinta nel suo operato, il giorno dopo l'udienza di comparizione delle parti e cioè in data 23 ottobre 2018, scioglieva la riserva e decideva con l'ordinanza emessa di accogliere il ricorso proposto. Innanzitutto è stata riconosciuta l'attività espletata dal difensore nelle fasi di studio e di decisione; è stato disposto l'annullamento del decreto di liquidazione impugnato, ed è stato liquidato al difensore la somma complessiva di euro 660,00 euro oltre euro 99,00 per rimborso spese forfettarie del 15%, oltre iva e cpa, condannando inoltre il Ministero della Giustizia alle spese di lite del giudizio speciale promosso ex art 702 bis, nella misura di euro 540,00, oltre ad euro 81,00 per rimborso forfettario al 15%, oltre euro 125,00 per spese vive oltre iva e cpa così determinate nella misura di 2/3 per effetto della compensazione parziale disposta dal per il comportamento processuale tenuto dal Ministero.
Giustizia è stata fatta ! Ora possiamo dire con orgoglio che " c' è un giudice anche a Gela" che con un pizzico di coraggio, coerenza e nel pieno rispetto pieno della legge, ha voluto dare dignità e riconoscere all'attività professionale del nostro collega e di tanti altri avvocati che ogni giorno devono confrontarsi con decisioni sulle liquidazioni dei propri compensi, assolutamente insensate.
Si allega ordinanza del Tribunale di Gela