Come è noto, per tutelare le lavoratrici che intendono costituire una famiglia in prossimità a tale decisione, il Legislatore, fin dal 1963, ha stabilito il divieto di licenziamento nell´anno delle nozze, similmente a quanto spetta alle madri.
Norma inserita nel 2006 nel Codice delle Pari Opportunità (DL n. 198/2006, art. 35, Divieto di licenziamento per causa di matrimonio) che, appunto protegge le dipendenti pubbliche e private – escluse le addette ai servizi familiari e domestici – anche in caso di riorganizzazione aziendale.
Una norma (originariamente definita dall´art. 1, L. n. 7/1963) che annulla i licenziamenti consumati nel periodo che intercorre tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni e un anno dopo la celebrazione.
L´art. 35 del D.lgs. n. 198 del 2006 , dispone:
-"Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte";
Inoltre, sono nulli i licenziamenti attuati a causa di matrimonio;
-"si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio".
Secondo la più recente giurisprudenza, però il licenziamento, adottato nel periodo intercorrente dalla richiesta di pubblicazioni di matrimonio a un anno dopo la celebrazione, si presume a causa delle nozze, è nullo, anche se intimato allo "sposo".
Una norma a tutela delle donne, ma che quindi da oggi può essere declinata anche al maschile, grazie alla interpretazione data alla stessa da alcuni Tribunali, ultimo tra questi quello di Vicenza con una pronuncia che ha stabilito che "Il tribunale ritiene che si tratti di una lacuna della disciplina, da colmare per via interpretativa".
Come riportato dal Fatto Quotidiano il 30 aprile, il ricorrente era stato licenziato alcune settimane dopo che si era sposato, ma aveva fatto ricorso chiedendo il reintegro. Il tribunale civile di Vicenza gli ha dato ragione in applicazione della norma in questione. Nella decisione, il giudice scrive che tale previsione "sembrerebbe applicabile esclusivamente alle lavoratrici, nulla disponendo in ordine ai lavoratori. Il tribunale ritiene che si tratti di un silenzio normativo integrante una lacuna della disciplina, da colmare per via interpretativa".
Il lavoratore, in particolare, era stato licenziato sulla base della recessione di un contratto di outsourcing con una società consortile che avrebbe fatto venir meno il servizio di cui si occupava.