La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158/2018, e l'INPS, con messaggio 4074 del 2 novembre 2018, hanno ampliato la tutela accordata alla lavoratrice gestante che, al contempo, assista un familiare affetto da disabilità grave statuendo che la lavoratrice che assiste un familiare con grave disabilità ha diritto di usufruire del congedo straordinario e tale periodo di congedo, nel caso di gravidanza, va escluso dal computo dei 60 giorni che devono intercorrere tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione, e il congedo di maternità.
La Costituzione assegna alla Repubblica il compito di proteggere la maternità e l'infanzia, «favorendo gli istituti necessari a tale scopo» (art. 31, secondo comma, Cost.), e prescrive «una speciale adeguata protezione» (art. 37, primo comma, Cost.) per la madre e il bambino: in particolare, la Carta fondamentale impone di proteggere la salute fisica della donna e del bambino e tutto il complesso rapporto che si instaura tra madre e figlio, con le esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della personalità del bambino (Corte Cost., sentenze n. 61 del 1991 e n. 1 del 1987), impedendo che possano, dalla maternità e dagli impegni connessi alla cura del bambino, derivare conseguenze negative e discriminatorie ( Corte Cost. sentenza n. 423 del 1995).
In tale ottica è stato emanato il Testo Unico sulla maternità (d.lgs. 151/2001) il quale, al fine di tutelare la sicurezza e la salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza ha disposto, tra le diverse misure, la corresponsione dell'indennità di maternità: durante il congedo di maternità, ovvero il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio, si eroga alla donna, in sostituzione della retribuzione, una indennità di maternità proprio al fine di evitare che la libera scelta della maternità possa arrecare pregiudizi economici alla lavoratrice.
La legge accorda l'indennità giornaliera di maternità anche alle «lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate», purché «tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni» (art. 24, comma 2, d.lgs. n. 151 del 2001): la legge riconosce il diritto a percepire l'indennità di maternità se si può ritenere, in ragione della brevità del tempo trascorso tra la cessazione del lavoro e l'inizio del periodo di astensione obbligatoria, che la lavoratrice sia ancora inserita nel circuito del lavoro allorquando il periodo di astensione obbligatoria ha avuto inizio, o se ricorrano esigenze preminenti di tutela, connesse a una precedente maternità o alla cura di un minore affidato in preadozione.
La disposizione, tuttavia, non annovera tra le esigenze preminenti di tutela la necessaria assistenza del coniuge o del figlio disabili, in forza di un congedo straordinario. In particolare, nulla era disposto per il caso in cui la donna, all'inizio del periodo di congedo di maternità, si trovasse assente da lavoro in quanto beneficiaria del congedo straordinario ex art. 42 comma 5 d.lgs.151/2001, con la conseguenza che siffatto congedo non era escluso ai fini del computo di quell'arco temporale di sessanta giorni.
La Corte Costituzionale – dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 24 d.lgs. 151/2001 nella parte in cui non prevede che, ai fini del computo dei sessanta giorni previsti dall'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 151 del 2001, non si tenga conto del periodo di congedo straordinario, di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l'assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità accertata – ha statuito che negare l'indennità di maternità alla madre che sia assente da lavoro per congedo straordinario vanifica la speciale protezione della maternità garantita dalla Carta fondamentale (artt. 31 e 37 della Costituzione); inoltre, si pregiudica il diritto del disabile di ricevere assistenza all'interno del proprio nucleo familiare e si sacrifica «la libertà della lavoratrice di scegliere quando diventare madre», esponendola al rischio di perdere il diritto all'indennità di maternità quando le complicazioni della gestazione impediscano «la ripresa del servizio al termine del congedo straordinario».
A seguito della decisione della Corte, l'INPS ha pubblicato un messaggio nel quale ha dato istruzioni operative su come i periodi di congedo straordinario debbano essere esclusi dal computo dei sessanta giorni.
L'Inps precisa che la Corte costituzionale non esclude dal computo dei sessanta giorni tutti i periodi di congedo straordinario, bensì soltanto quelli fruiti per l'assistenza al coniuge convivente o ad un figlio con disabilità in situazione di gravità.
Si specifica, inoltre, che con l'entrata in vigore della legge 76/2016, dal computo dei sessanta giorni di cui all'articolo 24, comma 2, del citato D.Lgs n. 151/2001, devono essere esclusi anche tutti i periodi di congedo straordinario fruiti per l'assistenza – non solo del figlio o del coniuge ma anche – della parte dell'unione civile convivente riconosciuta in situazione di disabilità grave.
Tale principio va applicato, a richiesta dell'interessato, anche agli eventi pregressi alla sentenza della Corte, per i quali non siano trascorsi i termini di prescrizione ovvero per i quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.