Di Redazione su Domenica, 17 Maggio 2020
Categoria: I Maestri del Pensiero

Herbert Marcuse: "La speranza è nei giovani!"

Marcuse nacque a Berlino il 19 luglio del 1898 da una famiglia ebraica originaria della Pomerania (al tempo integralmente parte della Germania imperiale), figlio di Carl Marcuse, di professione fabbricante di tessuti, e di Gertrud Kreslawsky. Nel 1916, dopo la maturità abbreviata (per via della guerra), fu chiamato alle armi nella Reichswehr per la prima guerra mondiale. Nel 1917 diventa membro della SPD, nel 1918 è eletto nel consiglio di soldati di Berlino-Reinickendorf. Nel 1918 Marcuse inizia gli studi di Germanistica e storia della letteratura tedesca contemporanea come materie principali, tenendo filosofia ed economia come secondarie, inizialmente per quattro semestri all'Università di Berlino, poi quattro semestri a Friburgo. Avendo assistito alla tragica conclusione della sollevazione Spartachista (vedi: Lega Spartachista), che fu soppressa dalle forze della Repubblica di Weimar, dopo l'assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, Marcuse abbandona la SPD nel 1919. Nel 1922 consegue il dottorato a Friburgo con una tesi sul romanzo d'artista tedesco (deutscher Künstlerroman).

Nel 1929 inizia a lavorare alla sua abilitazione sotto Martin Heidegger a Friburgo, ma non essendogli possibile completare il suo lavoro, alla fine del 1932 approda all'Istituto per la Ricerca Sociale (Institut für Sozialforschung) a Francoforte.

Ancora prima della presa di potere di Adolf Hitler, Marcuse fugge nel 1933 via Zurigo a Ginevra, dove si trova una sussidiaria dell'Istituto, prima di emigrare definitivamente negli Stati Uniti nel 1934, dove ottenne la cittadinanza nel 1940. Fu uno dei massimi esponenti della cosiddetta "Frankfurter Schule" (Scuola di Francoforte), formata con Max Horkheimer e Theodor Adorno; nata nel 1922 a Francoforte, presso il celebre "Istituto per la ricerca sociale", negli anni seguenti l'organizzazione dovette trasferirsi a New York, dove Marcuse viene ri-assunto dall'Istituto per la Ricerca Sociale. La situazione economica dell'Istituto lo porta ad accettare una nuova posizione nel 1942 a Washington presso l'Office of Strategic Services (OSS, precursore della CIA) durante la seconda guerra mondiale, fino al 1951, analizzando le informazioni riguardo alla Germania. Negli anni 1951 - 1954 lavora ai Russian Institutes della Columbia University (New York) e all'Università di Harvard, occupandosi di studi riguardo al Marxismo Sovietico. Nel 1954 consegue la sua prima posizione di professore alla Brandeis University in filosofia e scienze politiche. Nel 1965 Marcuse diventa professore in politologia all'Università di San Diego in California.

Negli Stati Uniti comparvero le sue due opere principali: Triebstruktur und Gesellschaft 1955 (dt. 1965) e "L'uomo a una dimensione", 1964. Entrambe sono annoverate tra le opere più importanti della teoria critica (Kritische Theorie) e sono tra le opere centrali del Movimento Studentesco degli anni sessanta in tutto il mondo, e principalmente negli USA e Germania.

Negli anni 1968 e 1969 si reca per alcuni mesi in Europa, tenendo lezioni e discussioni con studenti a Berlino, Parigi, Londra e Roma. Con l'inizio del Movimento Studentesco Marcuse diventa uno dei suoi principali interpreti, definendosi Marxista, socialista e Hegeliano. Le sue critiche al capitalismo (specialmente la sua interpretazione di Marx e Freud in Eros e civiltà pubblicato nel 1955) risuonarono con le preoccupazioni del movimento.

Nel 1979 Marcuse muore per le conseguenze di un'emorragia cerebrale durante una visita in Germania a Starnberg, curato nei suoi ultimi giorni da Jürgen Habermas, importante esponente della seconda generazione della Scuola di Francoforte.

Di fronte al rafforzamento del potere oppressivo, di cui l'America è la massima espressione, di fronte all'indebolirsi dello spirito rivoluzionario nella sinistra, le speranze si legano sempre piú all'azione dei giovani.
H. Marcuse, L'uomo a una dimensione
Il vecchio detto americano "sediamoci a ragionare" è giustamente diventato una battuta. È possibile ragionare con il Pentagono di qualcosa che non sia l'efficienza relativa delle macchine per uccidere e il loro prezzo? Il ministro degli Interni può ben ragionare con il ministro e con i suoi consiglieri, e tutti insieme con i membri del consiglio delle grandi industrie. Ma è un ragionare incestuoso, perché sono tutti d'accordo sul punto fondamentale: il rafforzamento della struttura del potere costituito. Pensare di ragionare "dall'esterno" di questa struttura è ingenuo. Loro staranno a sentire solo nella misura in cui le voci si possono tradurre in voti, che forse potranno mettere sul cadreghino un altro gruppo della stessa struttura che ha lo stesso interesse di base.
È un argomento schiacciante. Beltolt Brecht osservava che viviamo in un tempo in cui parlare di un albero sembra un delitto, e da allora le cose sono peggiorate. Oggi sembra un crimine il solo parlare di cambiamenti, mentre la società si sta trasformando in un'istituzione di violenza, e in Asia sta compiendosi il genocidio iniziato con l'eliminazione degli indiani d'America. Il semplice potere di questa brutalità non è forse invulnerabile alle parole, pronunciate o scritte, che lo mettono sotto accusa? E le parole dirette contro chi pratica questo potere non sono forse le stesse che vengono usate in sua difesa? Vi è un livello a cui sembra giustificata anche l'azione assurda: l'azione infatti colpisce, anche se solo per un momento, l'universo chiuso dell'oppressione. Il sistema ha in sé il meccanismo dell'escalation e se non la si ferma in tempo essa accelera la controrivoluzione.

 Eppure anche in questo sistema vi è un tempo per le parole e un tempo per l'azione, tempi scanditi (segnati) dallo schieramento concreto delle forze sociali. Dove manca l'azione rivoluzionaria di massa e la sinistra è tanto piú debole, le sue azioni devono autolimitarsi. Ciò che alla ribellione è imposto dalla repressione sempre piú dura e dalle forze distruttive sempre piú concentrate nelle mani della struttura di potere, deve diventare il terreno su cui ricomporsi e impostare le nuove analisi. Occorre sviluppare strategie adatte a combattere la controrivoluzione. Il risultato della lotta dipenderà in larga misura dalla capacità dei giovani, non di integrarsi né di escludersi dalla società, ma di imparare a ricomporsi dopo la sconfitta, a sviluppare una nuova razionalità insieme con la nuova sensibilità, a reggere il lungo processo educativo – indispensabile condizione per il passaggio a un'azione politica di vasta portata. La prossima rivoluzione terrà infatti occupate generazioni e generazioni, e la "crisi finale del capitalismo" potrà durare anche un secolo.

C. Bordoni e Alfredo De Paz, La critica della società nel pensiero contemporaneo, G. D'Anna, Messina-Firenze, 19842, pagg. 180-181

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