Con l'ordinanza n. 21993 depositata lo scorso 30 luglio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, ha accolto la domanda di una donna divorziata che, in ragione della crescita della figlia e delle sue aumentate esigenze, aveva chiesto un aumento dell'assegno di mantenimento che l'ex marito versava alla ragazza.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Trento dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio di una coppia di coniugi, ponendo a carico del padre il pagamento di un contributo di euro 350 mensili per la figlia maggiorenne oltre adeguamenti istat, quale contributo al suo mantenimento, e il 50% delle spese straordinarie, come già stabilito nella sentenza di separazione.
Avverso la sentenza proponeva appello l'ex moglie, deducendo l'errata valutazione delle situazioni reddituali e patrimoniali degli ex-coniugi e, pertanto, l'erronea determinazione dell'assegno di mantenimento a carico del padre e a favore della figlia, anche per l'aumentata disponibilità reddituale dell'ex-marito, il quale aveva disdettato un contratto di locazione dove abitava, con un risparmio mensile di Euro 500,00.
La Corte d'appello di Trento, in parziale accoglimento dell'appello, rideterminava l'assegno mensile a carico del padre nella somma di Euro 400,00 mensili oltre rivalutazione automatica, osservando che la crescita e la maggiore età conseguita dalla figlia e il tempo decorso dalla precedente statuizione giustificavano l'aumento del contributo suddetto da parte del padre, seppure in misura inferiore alla somma di Euro 500,00 richiesta dalla ex-moglie, in conseguenza del prepensionamento dell'uomo e del decremento del suo reddito.
Ricorrendo in Cassazione, il padre censurava la decisione della Corte distrettuale, per non aver tenuto conto della modificazione in pejus delle sue condizioni economiche intervenute medio tempore dopo la sentenza di primo grado, né delle capacità patrimoniali dell'ex moglie, la quale abitava in casa di proprietà ed era proprietaria di altro immobile non locato. Inoltre, il ricorrente evidenziava come le esigenze della figlia non fossero aumentate dopo la sentenza di primo grado.
La Cassazione non condivide la censura formulata dal ricorrente.
In punto di diritto, i Supremi Giudici ricordano che la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime di separazione, postulano la possibilità di adeguare l'ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle loro condizioni patrimoniali e reddituali, e anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni, con la conseguenza che il giudice d'appello, nel rispetto del principio di disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l'evoluzione delle condizioni delle parti verificatasi nelle more del giudizio.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come correttamente si sia disposta la modifica dell'assegno di mantenimento della figlia maggiorenne non autosufficiente, anche per fatti verificatisi nelle more del giudizio, dovendo il giudice d'appello tener conto anche dei sopravvenuti mutamenti delle situazioni reddituali e patrimoniali delle parti.
In particolare, la Corte territoriale ha tenuto conto di tutti i mutamenti evidenziati dal ricorrente e all'esito del suo giudizio, insindacabile in sede di legittimità perché adeguatamente motivato, ha accolto parzialmente la richiesta di aumento della somma oggetto del contributo al mantenimento della figlia.
Alla luce di tanto, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al versamento, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.