Con l'ordinanza n. 3206 depositata lo scorso 4 febbraio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un ex marito che chiedeva la riduzione dell'assegno di mantenimento per l'ex moglie e la figlia, ha rigettato la richiesta dell'uomo sul presupposto che, a seguito della morte di suo suocero, le condizioni economiche della moglie erano notevolmente peggiorate, non potendo più la stessa contare sul decisivo aiuto economico apportato dall'anziano genitore.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, una donna – cinquantenne e priva di alcuna esperienza lavorativa alle spalle – conveniva in giudizio il marito chiedendo la modifica delle condizioni della separazione consensuale.
Il Tribunale di Cagliari, accogliendo il ricorso, sanciva l'obbligo del marito di corrispondere alla moglie un assegno mensile di 2.000 euro a titolo di mantenimento, di cui 800,00 euro quale contributo al mantenimento della figlia, oltre alle spese straordinarie da sostenersi nell'interesse della minore nella misura del 70%.
L'uomo proponeva appello chiedendo la revoca dell'assegno di mantenimento in favore della moglie e, in relazione alla posizione della figlia, la conferma delle statuizioni economiche concordate fra le parti in sede di separazione consensuale omologata, allorquando, a titolo di mantenimento, si pattuiva il versamento della somma pari a 300 euro mensili oltre alle spese straordinarie.
La Corte d'Appello di Cagliari rigettava il reclamo, confermando l'aumento dell'assegno dovuto a titolo di mantenimento della moglie e della figlia.
A sostegno della decisione si evidenziava come, a seguito della morte del padre, le condizioni economiche dell'ex moglie erano notevolmente peggiorate, non ricevendo più la stessa il consistente aiuto economico proveniente dal genitore che, nel corso degli anni, le aveva consentito di vivere nonostante modesto importo dell'assegno previsto dalla separazione consensuale.
Quanto alle mutate esigenze e necessità della figlia, la Corte di appello riteneva presuntivamente il loro incremento in considerazione dell'età adolescenziale della minore, rispetto a quella di sei anni all'epoca della separazione consensuale.
Ricorrendo in Cassazione, il padre deduceva violazione di legge degli articoli 156, ultimo comma, c.c. e 112 c.p.c.
In particolare, il ricorrente sottolineava l'errore compiuto dalla Corte d'appello nel ritenere che la morte del suocero avesse generato un cambiamento di fatto tale da giustificare un mutamento delle condizioni economiche concordate in sede di separazione consensuale: secondo l'uomo, infatti, il decesso del genitore non poteva essere qualificato come evento eccezionale o imprevedibile tale da giustificare una revisione in aumento dell'assegno.
In secondo luogo si doleva per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo la Corte di Appello attribuito una somma superiore a quella richiesta dall'ex moglie.
La Cassazione non condivide le difese formulate dal ricorrente.
In punto di fatto, i Supremi Giudici sottolineano come l'aggravarsi delle condizioni di salute del suocero e il suo decesso costituiscono una circostanza sopravvenuta che, non poteva essere considerata prevedibile all'epoca della separazione consensuale, allorquando il genitore – appena sessacinquenne – godeva di ottima salute.
Si evidenzia, inoltre, come il decesso abbia realmente comportato una rilevante modificazione economica delle condizioni della famiglia, per venir meno dell'importante contributo economico destinato dal suocero al mantenimento della figlia e della nipote.
Quanto alla dedotta violazione del principio di corrispondenza fra domanda della parte e statuizione del giudice, la sentenza in commento rileva come il giudice abbia elevato solo il contributo riconosciuto al mantenimento della figlia (ad euro 1200) rispetto all'ammontare della richiesta originaria ( pari ad euro 600), in ciò non esorbitando dai poteri attribuitegli dalla legge, posto che per ciò che concerne la determinazione degli obblighi di mantenimento dei figli minorenni il giudice non è soggetto al principio della domanda (cfr. Cass. Civ, n. 3908/2009 e n. 10780/1996).
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.