Con la pronuncia n. 48567 dello scorso 28 novembre, la VI sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p. inflitta ad un padre che si era sottratto all'obbligo di mantenimento dei figli, respingendo le difese dell'uomo che si giustificava rilevando come, a seguito della flessione degli introiti economici, si era trovato in uno stato di incapacità economica.
Secondo la Corte, infatti, affinché la condotta possa ritenersi scriminata, non è sufficiente la dimostrazione della mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà economiche o la semplice indicazione dello stato di disoccupazione, ma è necessario fornire una dimostrazione rigorosa di una vera e propria impossibilità assoluta.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, incolpato del reato di cui all'art. 570, comma secondo, n. 2 c.p. per aver fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza omettendo di corrispondere, dal 2011, l'assegno mensile di euro cinquecento stabilito con decreto del Tribunale di Catanzaro nel 2008.
Per tali fatti, sia il Tribunale che la Corte di Appello di Catanzaro condannavano l'uomo alla pena di mesi due di reclusione ed euro duecento di multa, oltre che al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita.
Ricorrendo in Cassazione, il padre chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata perché inficiata da plurimi vizi di violazione di legge e motivazionali, denunciando, in particolare, vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
A tal fine deduceva di essere curatore fallimentare presso il Tribunale di Roma dal 1996 e di aver subito, nel 2012, una sensibile riduzione del lavoro tale da costringerlo ad un tenore di vita nettamente inferiore a quello originario; tale tenore non veniva ricostituito neanche con la successiva occupazione presso il Ministero dello Sviluppo Economico, che era scarsamente retribuita, anzi subiva un ulteriore peggioramento a seguito del sinistro stradale che lo aveva visto coinvolto nel 2013.
La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.
La Corte specifica che l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p., deve essere assoluta e deve, altresì, integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
In particolare, affinché la condotta possa ritenersi scriminata, non è sufficiente la dimostrazione della mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà economiche o la semplice indicazione dello stato di disoccupazione, ma è necessario fornire una dimostrazione rigorosa di una vera e propria impossibilità assoluta.
Sotto il punto di vista soggettivo, il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è a dolo generico e non è, quindi, necessario per la sua realizzazione che la condotta omissiva venga posta in essere con l'intenzione e la volontà di fare mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di merito, con motivazione priva di lacune, ha ricostruito la vicenda evidenziando come poco rilevante fosse la circostanza che il ricorrente avesse subito una diminuzione dei propri redditi, posto che non si trovava in una situazione di assoluta impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p..
A sostegno di tanto si rilevava come l'uomo non era riuscito a dimostrare in maniera rigorosa di trovarsi in uno stato di impossibilità assoluta, anzi era emerso, dagli atti, che per tutto il periodo per cui si era protratto l'inadempimento, aveva continuato a svolgere attività lavorativa.
Alla luce di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla costituita parte civile.