Di Rosalia Ruggieri su Martedì, 28 Luglio 2020
Categoria: Donne

Maltrattamenti: giustificato l’allontanamento dalla casa familiare se la moglie ha paura per le continue vessazioni

Con la sentenza n. 21213 dello scorso 16 luglio, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, ha convalidato la misura precautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, disposto dalla P.G. in via d'urgenza ai sensi dell'art. 384-bis c.p.p. nei confronti di un uomo accusato di maltrattamenti e lesioni ai danni della compagna convivente, confermando che – ai fini dell'applicazione della misura – è sufficiente rinvenire nel comportamento della persona offesa un'esigenza urgente di protezione.

Si è difatti specificato che "ai fini della convalida dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare deve aversi riguardo non tanto alla diretta percezione della commissione del reato, ma all'immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato (ivi compreso l'atteggiamento tenuto dall'autore del fatto o dalla persona offesa, che costituisca indicatore della avvenuta perpetrazione del reato in termini di stretta contiguità temporale, rispetto al momento dell'intervento della polizia giudiziaria) e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, una donna chiedeva l'intervento della polizia a seguito dell'ennesima violenta condotta del marito che, rientrato presso l'abitazione familiare in stato d'ira a seguito di un confronto con il presunto amante della donna, le aveva scagliato una caraffa, rompendola e causandole delle ferite al braccio; gli agenti, intervenuti sul posto, trovavano all'esterno dell'abitazione la donna in loro attesa, in una situazione di estrema agitazione. A fronte di ciò, anche il marito presentava una ferita, la cui origine era stata diversamente descritta dai contendenti, essendo stato confermato l'utilizzo da parte della donna nel corso della lite di un coltello.

Alla luce di tanto, la P.G. disponeva, in via d'urgenza ai sensi dell'art. 384-bis c.p.p., la misura precautelare dell'allontanamento dalla casa familiare nei confronti dell'uomo. 

Il G.I.P. del Tribunale di Torino non convalidava la misura precautelare dell'allontanamento dalla casa familiare rilevando che non era configurabile la quasi flagranza dei delitti di maltrattamenti e lesioni aggravate, essendo stati acquisiti agli atti divergenti versioni dei fatti.

Ricorrendo in Cassazione, il P.M. presso il Tribunale di Torino eccepiva violazione di legge in relazione agli artt. 572, 582, 585, 382 e 384-bis e vizio di motivazione, deducendo come il Giudice avrebbe dovuto operare il controllo sull'operato della P.G. sulla base di un canone di ragionevolezza in ordine allo stato di quasi flagranza ed ai presupposti richiesti, senza sovrapporre valutazioni riguardanti la gravità indiziaria e, più in generale, il merito; a tal fine si evidenziava come – dalla ricostruzione dei fatti operata – emergesse un quadro coerente con le ipotesi di reato contestate, nella cornice di una burrascosa relazione e in merito alle ferite e alle tracce rinvenute, alla maggiore verosimiglianza della versione della donna, alle ulteriori dichiarazioni di lei, al precedente intervento presso l'abitazione, sussistendo anche gli ulteriori elementi prognostici richiesti ai fini della convalida.

La Cassazione condivide la censura prospettata.

La Corte premette che, ai fini della convalida dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, il Giudice deve effettuare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha disposto la misura precautelare, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l'affermazione di responsabilità. 

Pertanto, ai fini della verifica della quasi-flagranza, deve aversi riguardo non tanto alla diretta percezione della commissione del reato, ma all'immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato (ivi compreso l'atteggiamento tenuto dall'autore del fatto o dalla persona offesa, che costituisca indicatore della avvenuta perpetrazione del reato in termini di stretta contiguità temporale, rispetto al momento dell'intervento della polizia giudiziaria) e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato.

In relazione al delitto di maltrattamenti, è configurabile lo stato di flagranza, se il singolo episodio lesivo non risulta isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti, potendosi a tal fine aver riguardo alle condizioni dell'abitazione, alle modalità della richiesta dell'intervento d'urgenza, alle condizioni soggettive della persona offesa e alle sue dichiarazioni, ove idonee a delineare un quadro che si collochi in continuità con quanto oggetto di diretta osservazione.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte evidenzia che il G.I.P. ha del tutto omesso di verificare i canoni di ragionevolezza della valutazione della P.G. in ordine alla sussistenza della quasi-flagranza del delitto di maltrattamenti o almeno di quello di lesioni, ritenendo di non ravvisare la flagranza o quasi-flagranza, neanche con riferimento al delitto di lesioni, in ragione del fatto che entrambi i conviventi presentavano ferite al volto e al corpo e avevano fornito versioni parzialmente divergenti, così da precludere un'univoca ricostruzione a carico del soggetto raggiunto dalla misura precautelare. Una siffatta analisi, tuttavia, eccedeva i limiti di quanto necessario ai fini della convalida, prescindendo dal corretto angolo visuale del controllo di mera ragionevolezza del potere esercitato sulla base delle evidenze disponibili.

Sul punto, gli Ermellini specificano come le tracce materiali del reato (frammenti e ferite) erano coerenti con l'ipotesi accusatoria, il comportamento della persona offesa era del tutto in linea con un'esigenza urgente di protezione, anche alla luce della pregressa richiesta di intervento, che deponeva per un fondato pericolo di reiterazione, che avrebbe potuto ragionevolmente porsi a fondamento dell'adozione della misura precautelare.

In conclusione la Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente alla mancata convalida, di cui dichiara esistenti i presupposti. 

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