(ANSA) - ROMA, 18 FEB - "Non dobbiamo parlare di trattativa Stato-mafia per sapere che nella storia d´Italia rapporti e relazioni tra uomini dello Stato e mafie ci sono stati e sono stata la normalità". Così il saggista Isaia Sales alla presentazione del suo libro "Storia dell´Italia mafiosa" alla Camera. "Le classi dirigenti hanno usato la mafia per ridurre il danno. Non sto dando un giudizio morale ma storico", ha proseguito. "Se vuoi capire la storia d´Italia studia un po´ più le mafie. Questo non vuol dire che le mafie sono l´unico aspetto della storia italiana. Serve anche per capire Napoli e quel che sta avvenendo oggi", ha aggiunto Sales. Il successo delle mafie, per Sales, sta nelle relazioni e nella forza economica: "le mafie hanno vinto perché lo Stato aveva una sua fragilità e hanno approfittato di questa", ha concluso.
"Condivido la tesi di Isaia Sales: le mafie appartengono pienamente alla storia dell´Italia, sono state una forma di cogestione e affiancamento del potere. Se capiremo questo, ci metteremo sulla giusta strada e usciremmo dall´ambito degli specialisti della storia delle mafie, tipico di chi ritiene che queste non siano parte della storia d´Italia. Il primo passo, insomma, è culturale", ha detto la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi. Per Bindi, per parlare di mafie "non è possibile che si debba cercare un libro di mafia: uno studente dovrebbe uscire dalla scuola conoscendola, non apprendendo della mafia attraverso un campo di Libera. Se è storia d´Italia, la studi dentro la scuola e ne studino le connessioni. Questo risultato sarebbe già importante, il negazionismo e il riduzionismo sarebbero banditi. Inoltre così la lotta a mafie non sarebbe affidato a specialisti, ma a tutti.
Responsabili di questa lotta infatti, lo siamo tutti".
"Bisogna evitare dei pericoli come pensare che la mafia quando è in Sicilia spara, al nord fa solo affari. Non esiste una mafia che spara separata da quella che fa gli affari. Ce lo dicono anche i mafiosi", è il parere del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino. Il magistrato ha invitato ad "avere la capacità di capire i fenomeni nel profondo: altrimenti la battaglia contro le mafie al nord la perdiamo". Il rischio, ha evidenziato, è di non vedere "i rapporti tra le proiezioni delle mafie al nord e la casa madre, ma non bisogna perdere questa complessità, altrimenti sfuma l´azione di contrasto. Se si perde il senso di complessità si pende la capacità di stare in campo uniti, facendo squadra".
Sulle mafie e su quella siciliana, "è stato scritto molto, forse anche troppo, e manca un punto fermo condiviso". Il procuratore ha evidenziato che gli piacerebbe "che una volta tanto lo Stato non rimanesse indietro in questa sorta di perenne inseguimento dell´evoluzioni mafiose. Noi siamo stati sempre cento passi indietro. Quando le mafie compivano i loro 150 anni, ancora discutevamo se ancora esistevano nella realtà o non fosse qualche invenzione degli analisti". (ANSA).
Fonte: Ansa legalità
"Condivido la tesi di Isaia Sales: le mafie appartengono pienamente alla storia dell´Italia, sono state una forma di cogestione e affiancamento del potere. Se capiremo questo, ci metteremo sulla giusta strada e usciremmo dall´ambito degli specialisti della storia delle mafie, tipico di chi ritiene che queste non siano parte della storia d´Italia. Il primo passo, insomma, è culturale", ha detto la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi. Per Bindi, per parlare di mafie "non è possibile che si debba cercare un libro di mafia: uno studente dovrebbe uscire dalla scuola conoscendola, non apprendendo della mafia attraverso un campo di Libera. Se è storia d´Italia, la studi dentro la scuola e ne studino le connessioni. Questo risultato sarebbe già importante, il negazionismo e il riduzionismo sarebbero banditi. Inoltre così la lotta a mafie non sarebbe affidato a specialisti, ma a tutti.
Responsabili di questa lotta infatti, lo siamo tutti".
"Bisogna evitare dei pericoli come pensare che la mafia quando è in Sicilia spara, al nord fa solo affari. Non esiste una mafia che spara separata da quella che fa gli affari. Ce lo dicono anche i mafiosi", è il parere del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino. Il magistrato ha invitato ad "avere la capacità di capire i fenomeni nel profondo: altrimenti la battaglia contro le mafie al nord la perdiamo". Il rischio, ha evidenziato, è di non vedere "i rapporti tra le proiezioni delle mafie al nord e la casa madre, ma non bisogna perdere questa complessità, altrimenti sfuma l´azione di contrasto. Se si perde il senso di complessità si pende la capacità di stare in campo uniti, facendo squadra".
Sulle mafie e su quella siciliana, "è stato scritto molto, forse anche troppo, e manca un punto fermo condiviso". Il procuratore ha evidenziato che gli piacerebbe "che una volta tanto lo Stato non rimanesse indietro in questa sorta di perenne inseguimento dell´evoluzioni mafiose. Noi siamo stati sempre cento passi indietro. Quando le mafie compivano i loro 150 anni, ancora discutevamo se ancora esistevano nella realtà o non fosse qualche invenzione degli analisti". (ANSA).
Fonte: Ansa legalità