Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 29 Gennaio 2020
Categoria: Famiglia e Conflitti

Madre malata: trasferirsi per accudirla porta all’addebito della separazione

Con l'ordinanza n. 1448 dello scorso 23 gennaio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato l'addebito di una separazione a un marito che aveva abbandonato il tetto coniugale per trasferirsi dalla madre, gravemente malata, escludendo che la crisi del rapporto coniugale potesse essere addebitato alla moglie, ipocondriaca, depressa e eccessivamente gelosa.

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Tribunale di Messina che, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, rigettava la domanda di addebito a carico della moglie e la poneva a carico del marito, l'obbligandolo altresì a corrispondere all'ex moglie un assegno mensile di mantenimento.

La Corte d'appello di Messina, rigettando il gravame del marito, confermava le statuizioni relative all'addebito.

Difatti, nel corso dell'istruttoria era emerso che l'uomo, si era allontanato dalla casa coniugale, così violando all'obbligo di collaborazione e di concordare l'indirizzo della vita familiare, per andare a vivere con la madre malata e prestarle la giusta assistenza. 

L'abbandono del tetto coniugale era stato il motivo scatenante della fine della relazione, già in crisi per l'asserita ipocondria, depressione e smisurata gelosia della moglie nel ménage familiare.

Il marito, ricorrendo in Cassazione, denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c., addebitando alla sentenza, rispettivamente, di non aver riconosciuto l'addebito della separazione a carico della moglie e di averlo riconosciuto a suo carico.

A tal riguardo, il ricorrente, dolendosi di una motivazione per relationem, rilevava come la Corte territoriale avesse errato nella pronuncia di addebito della separazione, non prendendo in debita considerazione alcuni elementi tali da rendere addebitabile la fine dell'unione esclusivamente al comportamento della donna.

Deduceva, infatti, come la crisi coniugale non fosse stata determinata dalla sua scelta di abbandonare il tetto coniugale per trasferirsi dalla madre, gravemente malata, bensì per il pregresso comportamento della moglie, ipocondriaca, depressa e eccessivamente gelosa.

La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.

Sul punto, gli Ermellini rilevano come il ricorrente imputi ai giudici d'appello di non aver considerato alcuni elementi a suo dire decisivi ai fini della pronuncia di addebito; alla luce di tanto le doglianze prospettate risultano inammissibili in quanto le stesse – risolvendosi nella sollecitazione di un nuovo accertamento di merito sui presupposti della pronuncia di addebito – impongono l'esecuzione di un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità. 

Difatti, l'apprezzamento circa la responsabilità di un coniuge nel determinarsi della intollerabilità della convivenza in ragione della violazione dei doveri matrimoniali è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di motivazione congrua e logica.

La sentenza di appello motivata per relationem non si è limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, ma ha specificamente evidenziato che la prosecuzione della convivenza era ascrivibile alla condotta del marito e non anche a quella della moglie.

Si è logicamente argomentato, infatti, come l'allontanamento dal domicilio coniugale, posto in essere dal marito, non era giustificato da precedenti motivi di incompatibilità e solo formalmente era dettato dall'esigenza di accudire la madre; d'altro canto, non si erano riscontrate specifiche violazioni dei doveri coniugali commesse dalla moglie, non essendo stato dimostrato che la frattura del rapporto matrimoniale fosse stata provocata dalla depressione della stessa.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. 

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