Di Redazione su Sabato, 27 Luglio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Lombardi (Cons. disciplina Lazio): "Rifiutare incarico per ragioni etiche si può e merita rispetto"

Alcuni giorni fa si è assistito, nel mondo forense, anche a seguito del clamore suscitato da un paio di gravissimi fatti di cronaca, di opinioni espresse da alcuni avvocati e di alcuni comunicati, al riguardo, delle Camere penali - richiamate anche in un discusso articolo pubblicato ne Il Dubbio - alla ripresa di un dibattito mai del resto sopito ed anzi più che mai attuale, quello sul possibile rifiuto di un incarico di difesa motivato da insopprimili ragioni di carattere etico-morale ritenute dal professionista alla base del proprio sistema valoriale. Circostanze che possono ricorrere sia che si tratti di difesa di fiducia, sia anche quando invece l'avvocato sia iscritto, per esempio, nell'elenco dei difensori d'ufficio ma, pur concordando sul principio che tutti abbiano diritto ad una difesa e ad un difensore, non si sente, per ragioni personalissime di assumere una determinata difesa. Quid, allora? Si tratta di un rifiuto che, anche quando - nel secondo caso - motivato ai sensi dell'art. 97, 5, cpp potrebbe esser giudicato arbitrario o perfino rilevante deontologicamente, oppure appartiene al diritto dell'Avvocato? Sul tema, di particolare complessità, interviene Giorgio Lombardi, Avvocato del Foro di Roma e soprattutto - per quanto qui in rilievo - Consigliere Distrettuale di disciplina del Lazio. Il quale sembra pensarla differentemente rispetto alle tesi rigoriste alimentate da qualcuno nei giorni scorsi. Ecco quanto ci ha scritto.

 Nei giorni scorsi, è tornata d'attualità, la figura dell'Avvocato nell'ambito socio politico oltre che tecnico giuridico.L'avvocato, sempre al centro della sfera degli interessi pubblici e privati, assume una veste importante e di riferimento delle correnti di pensiero legate alla opportunità o meno di assumere alcuni incarichi, per lo più in ambito penale.
Fatti di cronaca dal risvolto drammatico, pongono prepotentemente alcuni quesiti.
Il più importante di tutti è quello legato alla facoltà dell'Avvocato di accettare o rifiutare un incarico dallo stesso ritenuto non in linea con i propri principi etici e morali.
In una fase di crisi del mondo giustizia, sembrerebbe anacronistico il quesito, che al contrario torna di fondamentale importanza quando si deve valutare se accettare o meno la difesa di soggetti imputati di fatti orribili.
Quanto detto, a prescindere dalla ipotesi di colpevolezza o di non colpevolezza (esercizio preliminarmente sempre difficile d affrontare e con risvolto soggettivo dell'analisi dei fatti), non si può tralasciare un aspetto fondamentale della libertà del singolo professionista di scegliere ciò che ritiene in linea con i propri principi etici e morali o rifiutare, non per capriccio o semplice diniego, ciò che ritiene fortemente contrastante con il proprio essere.
Rifiutare un incarico, da parte del professionista, è una scelta ragionata e forse più dolorosa rispetto a quella di assumere la difesa, oltre che sotto il profilo economico anche sotto il profilo umano, ma se un professionista arriva ad una tale determinazione, merita rispetto da parte di tutti noi.

- Giorgio Lombardi, Avvocato e Consigliere Distrettuale di disciplina del Lazio