Di Redazione su Giovedì, 01 Settembre 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Licenziamento irrogato per violazione degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.

Sull´argomento si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza 23 giugno – 28 settembre 2016, n. 19187
Nel caso "de quo" la Corte d´appello di Genova aveva accolto l´impugnazione della società Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato l´illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore intimato, condannandola a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli il risarcimento del danno riformando per l´effetto la gravata decisione di rigetto della domanda dei lavoratore.
Il licenziamento per giusta causa era stato determinato dal fatto che il lavoratore , dipendente con le mansioni di portalettere, aveva partecipato in qualità di disc-jockey a diverse manifestazioni, benché assente dal servizio per infortunio .
Secondo la Corte territoriale gli esiti dell´istruttoria avevano consentito di accertare che l´attività esterna svolta dall´uomo era in contrasto coi doveri posti in primo luogo dall´art. 54 del CCNL di settore - che vietava al dipendente assente per infortunio o malattia lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, gratuita od onerosa - e, dall´altro, dagli arti. 2104 - 2105 cod. civ. - che imponevano il rispetto dei principi di buona fede, diligenza e fedeltà - che, nella fattispecie, si traducevano nel dovere di astenersi da qualsiasi comportamento, anche solo potenzialmente idoneo a pregiudicare la rimessione in salute e la ripresa del lavoro.
Veniva proposto ricorso al quale resisteva con controricorso la società Poste Italiane s.p.a. .
 I Supremi Giudici chiamati a dirimere la controversia precisano come in tema di svolgimento di attività lavorativa durante l´assenza per malattia la giurisprudenza è pervenuta a risultati sostanzialmente conformi.
 In linea di principio, gli Ermellini hanno affermato che non sussiste nel nostro ordinamento un divieto assoluto per il dipendente di prestare attività lavorativa, anche a favore di terzi, durante il periodo di assenza per malattia. Siffatto comportamento può, tuttavia, costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi di contrattuali di diligenza e fedeltà. Ciò può avvenire quando lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia sia di per sè sufficiente a far presumere l´inesistenza dell´infermità addotta a giustificazione dell´assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, o quando l´attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell´ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio dei lavoratore, con violazione di un´obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione dei contratto .
 Ad ulteriore specificazione di questo principio, il Supremo Collegio Corte ha precisato che "la valutazione del giudice di merito, in ordine all´incidenza dei lavoro sulla guarigione, ha per oggetto il comportamento del dipendente nel momento in cui egli, pur essendo malato e (per tale causa) assente dal lavoro cui è contrattualmente obbligato, svolge per conto di terzi un´attività che può recare pregiudizio al futuro tempestivo svolgimento di tale lavoro; in tal modo, la predetta valutazione è costituita da un giudizio ex ante, ed ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio", con l´ulteriore conseguenza che "ai fini di questa potenzialità, la tempestiva ripresa dei lavoro resta irrilevante".
In tal senso è stato ribadito che lo svolgimento, da parte del dipendente assente per malattia, di altra attività lavorativa che, valutata in relazione alla natura della infermità e delle mansioni svolte, può pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio, costituisce violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, che giustifica il recesso dei datore di lavoro.
E proprio ciò è quanto accaduto nel caso "de quo" avendo il postino in malattia svolto attività di disc jockey in alcune manifestazioni, sottoponendosi anche a uno stress fisico tale da ritardarne il rientro in servizio.
Per questa ragione anche dai Supremi Giudici di Cassazione il licenziamento irrogato appare del tutto legittimo.

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