Il 10 gennaio 1991 l´imprenditore palermitano Libero Grassi denunciò sulla prima pagina del Giornale di Sicilia i suoi aguzzini. L´appello venne ripreso da altri quotidiani e in TV e secondo molti commentatori fu l´inizio della lotta contro il "pizzo" in quel momento considerato inevitabile perfino dalla magistratura (grande impressione aveva destato la famosissima sentenza di contenuto assolutorio del giudice Russo, del tribunale di Catania).
"Caro estortore... Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l´acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia".
Iniziava così la lettera di Libero Grassi pubblicata in prima pagina dal Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991. Il giorno dopo davanti alla Sigma, la sua fabbrica di capi d´intimo a Palermo, c´erano carabinieri, cameramen di televisioni e giornalisti. L´imprenditore consegnò a polizia e carabinieri 4 chiavi dell´azienda chiedendo loro protezione.
Grassi venne assassinato da Salvino Madonia il 29 agosto 1981 per essersi opposto al pizzo e per aver denunciato con dovizia di particolari i propri estorsori. Venne anche lasciato solo, anzi criticato, dalle organizzazioni degli imprenditori. Il killer, condannato all´ergastolo, rampollo di una potentissima famiglia attese Grassi sotto casa assieme a Marco Favaloro, poi pentito. Gli sparò alle spalle, senza neanche guardarlo negli occhi.
Stasera vogliamo semplicemente far conoscere il testo per intero di quella lettera. Senza alcun altro commento. Lasciandola alla riflessione di tutti i nostri lettori.
Il testo della lettera di Libero Grassi pubblicata sul Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991
"Caro estortore
Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l´acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ´Geometra Anzalone´ e diremo no a tutti quelli come lui".