Con l'ordinanza n. 195 dello scorso 9 gennaio, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito che ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa per lesione di legittima non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione, poiché il D.M. n. 55 del 2014, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, le cui disposizioni si applicano anche alle azioni di riduzione.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'emissione di un decreto ingiuntivo nel quale veniva riconosciuto ad un legale il compenso maturato per le competenze professionali svolte verso dei suoi clienti in una causa avente ad oggetto un'azione di riduzione di disposizione testamentaria assertivamente lesiva della quota di legittima.
Gli ingiunti proponevano rituale atto di opposizione a decreto ingiuntivo, contestando il pagamento ingiunto con riguardo al quantum del compenso. In particolare, deducevano come erroneamente fosse stato individuato il valore della controversia in relazione al valore dell'asse ereditario rientrante nello scaglione di valore da 260,000,01 a 520.000,00 in quanto la domanda doveva essere valutata, ai fini del valore, in analogia alla disciplina dettata con riferimento ai giudizi di divisione e quindi facendo riferimento "alla quota ovvero ai supplementi di quota" in contestazione.
Il Tribunale di Perugia revocava il decreto ingiuntivo opposto e liquidava al professionista una somma molto inferiore a quella richiesta, ritenendo di fare riferimento al supplemento di quota in contestazione e applicando lo scaglione fino a Euro 26.000,00.
Ricorrendo in Cassazione, il legale denunciava violazione e mancata applicazione dell'art. 12 c.p.c.
In particolare il ricorrente evidenziava come la contestazione mossa dalle opponenti nel giudizio avente ad oggetto l'azione di riduzione della disposizione testamentaria riguardava non solo l'asserita lesione della quota di legittima e la conseguente domanda di reintegrazione, ma anche il valore dell'intera massa. Pertanto, il difensore aveva fatto rientrare il compenso nello scaglione compreso tra Euro 260.001,00 e Euro 520,000,00, stante il valore dell'asse ereditario determinato dal CTU in Euro 380.163,48 e stimato dalle attrici in domanda tra 343.000,00 e 370.000,00.
La Cassazione non condivide la doglianza del ricorrente.
La Corte – premesso che le disposizioni applicabili ai giudizi di divisione trovano applicazione anche alle azioni di riduzione e alla liquidazione degli onorari dovuti dal cliente – richiama le disposizioni normative rilevanti, ovvero il comma 2 dell'12 c.p.c. (ai sensi del quale il valore delle cause per divisione si determina in base a quello della massa da dividere e non con riferimento alle singole quote o supplementi di quote) e la norma speciale di cui all'art. 5 comma 1 del D.M. n. 55 del 2014, ai sensi del quale, per la liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa per i giudizi di divisione, si ha riguardo della massa da dividere.
Il citato D.M., quindi, deroga espressamente, per quanto riguarda i giudizi di divisione alle norme del codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione dei compensi dell'avvocato.
Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione, poiché il D.M. n. n. 55 del 2014, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione "alla quota o ai supplementi di quota in contestazione".
Con specifico riferimento al caso di specie, essendo l'oggetto del giudizio la pretesa lesione della quota di riserva delle attrici con condanna della convenuta al pagamento dei conguagli, doveva farsi riferimento alla misura del conguaglio stimata dal CTU, in corso di causa, in favore delle attrici e pari a Euro 7.572,68.
Alla luce di tanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.