Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. Considerato uno dei più grandi geni dell'umanità, fu architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista.
Secondo Leonardo la capacità di ben descrivere e rappresentare la realtà è propria di chi pratica la pittura che è la più "filosofica" delle altre arti, perché essa tratta della realtà intesa come «campo del "visibile", nella sua interezza, in tutte le sue possibilità» e, nello stesso tempo, si sgancia dalla contingenza naturale poiché, grazie alla prospettiva, non subisce le limitazioni dello spazio e del tempo ma le signoreggia liberamente combinandole, («tutte e' parti porta seco»).
Il pittore quindi, può essere considerato come il signore della natura poiché egli è in grado di fissare nel tempo la bellezza della natura che il tempo corrompe: «Quante pitture han conservato il simulacro d'una divina bellezza che 'l tempo o morte in breve ha distrutto il natural essempio, et è restata più degna l'opera del pittore che della natura sua maestra!». Il pittore, inoltre, è in grado di creare una visione illusoria dello spazio tale che ne vengano ingannati uomini e animali. La mente del pittore è simile a quella divina «imperò che con libera potestà discorre alla generazione di diverse essenzie di varii animali, piante, frutti, paesi, campagne, ruine di monti, loghi paurosi e spaventevoli, che danno terrore alli loro risguardatori».
Il pittore, quasi come un dio, può rendere eterna la bellezza e sconvolgere le emozioni e i sentimenti dei popoli: «Con questa [la pittura] si move li amanti inverso li simulacri della cosa amata a parlare con le imitate pitture; con questa si move li populi con infervorati voti a ricercare li simulacri delli iddii. «Con questa [la pittura] si fa simulacri alli dii; [...] con questa si dà copia alli amanti della causa de' loro amori; con questa si riserva le bellezze, le quali il tempo e la natura fa fuggitive.
Il pittore può superare con un'operazione mentale l'aspetto scientifico razionale della necessità delle leggi naturali creando quell'artifizio e meraviglia" che invece la scultura, maggiormente legata alla realtà naturale, non può mettere in atto.
Altrettanta superiorità ha la pittura nei confronti della poesia che è costretta a servirsi del "linguaggio" mentre quella crea l'immagine, diretta emanazione della natura e realtà fissata al di fuori del tempo. La parola poetica, invece, costretta alla dimensione orale non solo è dominata dal tempo, ma può solo alludere alla realtà poiché le parole, come «opere degli omini», sono per loro natura contingenti e imperfette.
Del resto anche il pittore deve ricorrere all'immagine contingente se vuole dominare la natura ed allora il pensiero di Leonardo oscilla tra la concezione della pittura come una «scienza semidivina» e un'arte che si pone come mediatrice tra se stessa e la natura per cui il pittore si fa «interprete infra essa natura e l'arte» divenendo per un verso mediatore di una creazione che va oltre la contingenza umana e per un altro come un modesto artigiano che educa il popolo tramite l'arte.
Per il grande artista non vi è nulla che manifesti cosí mirabilmente la presenza di Dio nella natura quanto le meravigliose leggi che la costringono all'ordine e la liberano dal caos.
Leonardo da Vinci, Cod. Atlantico, mss. Foster III, A e C
"Perché le spezie delli obbietti son tutte in tutta la a loro antiposta aria, e son tutte in ogni punto di quella, egli è necessario che le spezie del nostro emisperio penitrino e passino con tutti li corpi celesti per il punto naturale, nel quale s'infondano e uniscano nella penetrazione e intersegazione l'una dell'altra, come l'altra dell'una: ne la quale le spezie della luna all'oriente e le spezie del sole all'occidente in tal punto naturale sono unite e infuse insieme col nostro emisperio. O mirabile necessità, tu con somma ragione costrigni tutti li effetti a participare delle lor cause, e con somma e irrevocabile legge ogni azione naturale colla brevissima operazione a te obbedisce. Chi crederrebbe che sí brevissimo spazio fussi capace delle spezie di tutto l'universo? O magna azione, quale ingegno potrà penetrare tale natura? Quale lingua fia quella che displicare possa tal maraviglia? Certo nessuna. Questo dirizza l'umano discorso alla contemplazione divina, ecc.
Qui le figure, qui li colori, qui tutte le spezie delle parte dell'universo son ridotte in un punto. O qual punto è di tanta maraviglia? O mirabile, o stupenda necessità, tu costringi colla tua legge tutti li effetti per brevissima via a participare delle lor cause. Questi son li miracoli!" (Atl. 345 v.b.).
"O potente e già animato strumento dell'arteficiosa natura, a te non valendo le tue gran forze, ti convenne abbandonare la tranquilla vita, obbidire alla legge che Dio e 'l tempo dié alla genitrice natura" (Ar. 158 r.).
"Ogni corpo sperico di densa e resistente superfizie, mosso da pari potenzia farà tanto movimento con sua balzi causati da duro e solio smalto, quanto a gittarlo libero per l'aria. – O mirabile giustizia di te, Primo Motore! Tu non ài voluto mancare a nessuna potenzia l'ordini e qualità de' sua neciessari effetti, con ciò sia che una potenzia debbe cacciare 100 bracci una cosa vinta da lei, e quella nel suo obbedire trova intoppo, ài ordinato che la potenzia del corpo ricusi novo movimento, il quale per diversi balzi recuperi la intera somma del suo debito viaggio..." (A, 24 r.)
"La necessità è maestra e tutrice della natura. – La necessità è tema e nutrice della natura. – La necessità è tema e inventrice della natura, e freno e regola eterna"(Fo. III, 43 v.)
"La natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamente vive" (C, 23 v.)
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 1201-1202