Di Redazione su Venerdì, 11 Novembre 2016
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Legali m5S lanciano difesa gratuita meno abbienti, Ordine "Infrazione disciplinare": le posizioni, la giurisprudenza

Fa discutere l´iniziativa assunta da alcuni avvocati iscritti al M5S di Grosseto che, con "Avvocati per i Cittadini", hanno posto a disposizione dei meno abbienti le proprie prestazioni, a carattere del tutto gratuito, ma che ha condotto in queste ore anche al promuovimento di una azione disciplinare nei loro confronti da parte del locale Consiglio dell´Ordine.
«Il comportamento degli iscritti è contrario alle norme del Codice deontologico forense». L´ordine degli avvocati di Grosseto ha trasmesso al consiglio distrettuale di disciplina gli esposti giunti da parte degli avvocati in seguito all´iniziativa di alcuni iscritti all´ordine che, con il Movimento 5 Stelle, si sono resi disponibili a prestazioni professionali gratuite in favore dei cittadini (anche al di là delle soglie di reddito previste dalla normativa sul patrocinio a spese dello Stato).
Gli avvocati simpatizzanti M5S offrivano ai clienti la possibilità di usufruire gratuitamente delle loro prestazioni purché il loro reddito non superasse i 20 mila euro. L´iniziativa, ha spiegato un giornale on line locale, "Il Giunco.net", aveva subito sollevato l´indignazione di molti avvocati che avevano aspramente criticato l´iniziativa.
«Andremo avanti in questa iniziativa che riteniamo più che meritevole», cdosì, sempre secondo il giornale, l´avvocato Claudio Cardoso ha tagliato corto in merito alle polemiche e all´esposto fatto da alcuni colleghi sulla decisione. «Abbiamo fatto alcune considerazioni sulla giustizia – ha precisato un altro legale, Alessandro Camaiti – e abbiamo appurato che è sempre più arduo per certe persone l´accesso ai tribunali e la tutela per i cittadini più deboli. La giustizia è un lusso che pochi possono permettersi. Per questo io sono onorato di prestare la mia opera a favore dei meno abbienti. Per questo ribadisco che andremo avanti perché siamo fieri del lavoro che stiamo svolgendo».
La discussione sta suscitando una ridda di commenti di diverso ed anzi opposto tenore in tutto il paese. Ma la condotta descritta è davvero disciplinarmente rilevante ? Può l´iniziativa ritenersi contraria alla legge o ai principi dell´ordinamento professionale ? Abbiamo voluto ripercorrere la materia, partendo dalla giurisprudenza della Cassazione, e tentando poi di addivenire ad una conclusione.
La Giurisprudenza sulla gratuità delle prestazioni
Ma qual´è l´orientamento della giurisprudenza di legittimità in merito alle prestazioni gratuite dei professionisti ?
La questione è stata sviluppata nell´ambito di alcune pronunce rese dalla Suprema Corte di Cassazione.
Una prima sentenza è stata quella emessa dalla Sezione V della Corte di Cassazione, la n, 21972 del 28.10.2015.
Un professionista era stato soggetto a controllo fiscale, e a conseguente sanzione, in quanto aveva asserito di aver prestato gratuitamente la propria opera a favore di un gran numero di persone. Giunto il contenzioso in Cassazione, l´Amministrazione finanziaria aveva reiterato la contestazione circa l´inverosimiglianza dell´assunto difensivo opposto dal professionista riguardo a tale pretesa gratuità.
Secondo il Fisco, le persone beneficiarie erano tante, troppe, trattandosi, inoltre, di "imprese o professionisti, con i quali vi era una continuità di rapporti", tanto che, per alcuni di essi, i compensi erano stati "regolarmente fatturati, invece, nel precedente anno d´imposta", La Commissione Tributaria Regionale, con la pronuncia impugnata in Cassazione, aveva invece ritenuto plausibile la gratuità dell´opera svolta dal professionista, in considerazione "dei rapporti di parentela e di amicizia con gli stessi" clienti, e della circostanza, accertata oltre che pacifica, che l´attività svolta in loro favore riguardava soltanto l´invio telematico delle dichiarazioni dei redditi ed era finalizzata "all´incremento della clientela", tesi che ha trovato d´accordo la Suprema Corte, che ha rigettato il ricorso delle Entrate.
Con una pronuncia ancor più risalente, (n. 16966 del 17.8.2005), la stessa Corte, richiamando la propria giurisprudenza, (Cass. 7741/1999; Cass. 8787/2000), ha affermato che l´onerosità costituisce un elemento normale del contratto d´opera intellettuale, ma non essenziale ai fini della sua validità, e che è consentita al professionista la prestazione gratuita della sua attività professionale per i motivi più vari che possono consistere nell´affectio o nella benevolentia, o in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio.
Una linea, questa, che potrebbe porre comunque qualche problema fiscale al professionista. Secondo la recente pronuncia della C.T.R. di Ancona (n. 1279/3/2016), la posta in essere di una prestazione gratuita ma escluderebbe l´obbligo, com unque incombente sul professionista, di emettere una fattura. In altri termini, egli potrebbe soltanto rinunciare ad incassare la propria parcella, ma sarebbe ugualmente tenuto al pagamento delle tasse su un reddito mai percepito.
Una conclusione che, come si vede, appare ictu oculi in evidente contraddizione con i principi enucleati dalla Cassazione, ed impressi nelle sentenze che precedono, in quanto, così argomentando, il professionista sarebbe tenuto a pagare le imposte anche sulle prestazioni rese, gratuitamente, ai suoi stretti familiari !
La legge Professionale e il Codice Deontologico
Gli orientamenti della Suprema Corte sono stati recepiti dalla L. n. 247/2012 recante "Nuova disciplina dell´ordinamento della professione forense", che, all´art. 13 "(Conferimento dell´incarico e compenso)" ha previsto nei primi quattro numeri che:
"1. L´avvocato può esercitare l´incarico professionale anche a proprio favore. L´incarico può essere svolto a titolo gratuito. 2. Il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all´atto del conferimento dell´incarico professionale. 3. La pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all´assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l´intera attività, a percentuale sul valore dell´affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione. 4. Sono vietati i patti con i quali l´avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa...".
Sia pure per un aspetto complementare, la questione è normata anche dal Codice Deontologico Forense, ed in particolare nel suo articolo 37 ("Divieto di accaparramento di clientela "), che, al comma 4, dispone che "E´ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali
al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o
aperti al pubblico".
La prassi degli Ordini professionali
La questione riguardo l´ammissibilità di prestazioni legali gratuite ha formato oggetto di un interessante e completo parere n. 5693 reso nel 2009 dal Consiglio dell´Ordine di Firenze, che alleghiamo, e che ha stabilito che non contrasta affatto con la legge professionale e con i principi di decoro e probità impressi nel Codice Deontologico assistere in modo indifferenziato e gratuito i cittadini quando ciò sia determinato da motivazioni di particolare rilevanza etica e sociale, e che l´assistenza a persone meno abbienti o senza fissa dimora costituisca una forma encomiabile di esercizio della professione forense, come tale consentita ed anzi auspicata.
Conclusioni
Tentando adesso di pervenire ad una conclusione, sembra di poter affermare che la prestazione gratuita è legittima quando la gratuità sia determinata da ragioni di amicizia, parentela, riconoscenza, motivi etici o sociali od "anche di semplice convenienza" (sul punto, anche Cassazione civile, Sez. Lav., 27.9.2010, n. 20269; Cassazione civile, II, 21.07.1998, n. 7144), "salvo che la rinuncia stessa si risolva in un espediente del legale per conseguire maggiori vantaggi economici attraverso un non consentito accaparramento di affari futuri" (Cassazione civile, Sez. lav., 29.11.1988, n. 6449; Cons. Naz. Forense, 28.12.2005, n. 217).
D´altra parte, tale conclusione non appare essere contrastante con l´art. 2233 ("Compenso") del Codice Civile, che, stabilito al primo comma che "Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice", prevede poi, al secondo, che: "In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all´importanza dell´opera e al decoro della professione" e che (terzo comma) "Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali".