Di Redazione su Domenica, 12 Giugno 2022
Categoria: Avvocà, per ora grazie, storie sul palazzaccio, sul Foro e sull'amore (Giuseppe Caravita) - Diritto e Letteratura

Ricordi di un avvocato in pensione (da "Avvocà, per ora grazie")

Arrivato a settantotto anni, l'avvocato xxxx decise repentinamente di abbandonare la professione e di andarsene in pensione.

Erano gli anni 80. Per trentacinque anni l'avvocato era stato il primo degli avvocati esterni di un grande istituto bancario, una sorta di coordinatore di un piccolo manipolo di legali scelti con cura in tutta Italia.
Aveva dedicato l'intera sua vita alla professione: niente hobbies, niente letture se non tecniche professionali, lo studio, bellissimo, all'interno della enorme casa in un quartiere di lusso.
Aveva avuto segretarie che indossavano il càmice nero e che scrivevano gli atti in sala macchine, con macchine da scrivere che ormai appartengono alla preistoria. Aveva avuto i camminatori per lo scambio di corrispondenza tra lo studio e la sede centrale della Banca (entrambi nella Capitale), e le figlie erano le sue procuratrici.
Era, insomma, letteralmente casa e chiesa. Finito il lavoro, si spostava nell'altra ala della abitazione, per riposare e dove praticamente da sempre finiva per farsi il sangue amaro con il figlio più piccolo, ferocemente intenzionato a non sfogliare una pagina che non fosse di Topolino o di Tex Willer (dei Playboy nascosti nell'armadio non seppe mai nulla): ed un giorno arrivò ad inseguirlo per tutta la enorme casa con una stecca da biliardo in mano, intenzionato a batterlo come un tappeto, con la coda di madri, zie, figlie, che piangevano e si disperavano.
Altri tempi.

Durante una riunione presso la Direzione Generale della Banca, l'Avvocato si rese conto che il suo efficientissimo cervello si era inceppato per una frazione di secondo. Una eternità, per lui, che aveva fatto in tempo a cogliere uno sguardo interrogativo del Segretario del Direttore Generale, una vipera che manovrava per piazzare il genero avvocato nel posto giusto.


Tornò a casa. Pensò "Ho lavorato, ho avuto, o esco con dignità o finirò a biascicare fesserie a queste riunioni." Senza esitazioni, nel giro di un mese aveva passato le consegne e si era messo in pensione.

 Ma trenta e passa anni da avvocato non si buttano alle spalle come niente. Ed esattamente la mattina dopo avere ricevuto il primo mensile della pensione, l'avvocato (che aveva costruito un piccolo impero con le sue sole forze, che aveva visto passare per le sue mani migliaia e migliaia di pratiche, che aveva lottato per non farsi fregare da chi ambiva ad avere i suoi incarichi) si svegliò e disse alla moglie:" Preparami la divisa e la sciabola, devo andare in caserma".

Alle timorose osservazioni della moglie, l'avvocato rispose:" Io sono il generale Tal de Tali, in servizio alla Caserma xxxx, non mi contraddire mai più".
E così l'Avvocato, dedito anima e corpo al suo lavoro, una volta abbandonatolo, uscì di senno come Astolfo, che il suo lo lasciò sulla Luna. E per sopravvivere all'improvviso vuoto, si fece Generale. Senza sciabola, perché una da dargli la moglie proprio non sapeva dove trovarla.
E probabilmente, anche se l'avesse trovata, non gliela avrebbe mai consegnata.

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