Inquadramento normativo: Art. 96 c.p.c.
La responsabilità processuale aggravata: La responsabilità processuale aggravata ricorre quando:
- la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio in mala fede o con colpa grave;
- una parte, nonostante l'inesistenza del diritto, senza la normale prudenza, ha eseguito un provvedimento cautelare, o trascritto una domanda giudiziale, o iscritto un'ipoteca giudiziale, oppure iniziato o compiuto l'esecuzione forzata.
La mala fede e la colpa grave vanno ravvisate nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, mentre il difetto della normale diligenza va ravvisato nella scarsa attenzione nell'acquisizione di detta consapevolezza, e non già nella mera opinabilità del diritto fatto valere (Cass civ., n. 3464/2017, richiamata da Tribunale Latina, sentenza 26 febbraio 2019).
Ne consegue che solo quando sussistono questi presupposti, il giudice, su istanza della parte danneggiata, condanna il responsabile, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. «In ogni caso, quando pronuncia sulle spese [...], il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata».
Specialità della responsabilità aggravata: La responsabilità aggravata è un tipo di responsabilità per atti e comportamenti processuali compiuti e tenuti dalla parte soccombente, nell'ambito di un processo. Atti e comportamenti, questi, che fanno capo a un'attività qualificabile quale "illecito processuale", soprattutto ove la condotta del responsabile si traduce in un abuso dello strumento processuale. È evidente che si tratta di una responsabilità speciale rispetto a quella generale prevista dal'art. 2043 c.c. e spetta al giudice conoscere il merito della controversia (ex plurimis, Cass. n. 17523/2011, richiamata da Tribunale Rieti, sentenza 31 ottobre 2018). In questo tipo di responsabilità ciò che rileva è l'elemento psicologico che è «differenziato in ragione del diverso e più pregnante impatto che l'agire processuale può determinare negli interessi della controparte.
Infatti, perché vi sia responsabilità aggravata, è generalmente richiesta la mala fede o la colpa grave della parte soccombente che agisce o resiste in giudizio ed, invece, con regola più severa, il solo difetto della normale prudenza, e quindi, solo la presenza della colpa lieve, quando - per la tipologia delle ipotesi previste attinenti a processi esecutivi e cautelari - l'atto o il comportamento del creditore si presta ad essere potenzialmente foriero di danni, e sempre che il diritto vantato si sia rivelato inesistente» (Tribunale Rieti, sentenza del 31 ottobre 2018).
Responsabilità aggravata e finalità pubblicistiche: La condanna prevista per responsabilità aggravata, ossia la condanna della parte soccombente di una somma determinata equitativamente, è diretta a salvaguardare finalità pubblicistiche. Finalità, queste, legate:
- all'esigenza di dare un'efficace e sollecita definizione dei giudizi;
- all'interesse della parte vittoriosa di veder sanzionare comportamenti posti in essere in violazione dei doveri di lealtà e probità, «realizzata attraverso un vero e proprio abuso della "potestas agendi" con un'utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte».
Da tanto emerge che la condanna in questione, ossia al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda della parte, né la prova del danno, «essendo tuttavia necessario l'accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede [...] o della colpa grave [...]». E ciò in considerazione del fatto che assumono rilevanza, in questo caso, «la pretestuosità dell'iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure formulate» (Cass. SS.UU., n. 22405/2018, richiamata da Tribunale Milano, sentenza 22 febbraio 2019).
Casistica: È stata ritenuta sussistente la responsabilità aggravata:
- nel caso in cui è proposta un'opposizione all'esecuzione fondata su argomentazioni del tutto prive di spessore giuridico e palesemente infondate. In quest'ipotesi, la condotta, connotata da un animus nocendi o dalla colpa grave, integra una fattispecie di abuso dello strumento processuale sanzionabile (Tribunale Monza, sentenza 14 marzo 2019);
- quando, prima del deposito per decreto ingiuntivo, il debitore viene informato dal commissario giudiziale che il credito vantato dal creditore è stato inserito nel piano concordatario e nonostante ciò, il debitore si oppone al decreto ingiuntivo facendo valere l'eccezione di inadempimento. L'opposizione, in tale caso, è priva di fondamento e integra la fattispecie di abuso dello strumento processuale (Tribunale Brescia, sentenza 01 marzo 2019);
- quando il creditore iscrive ipoteca giudiziale sui beni del debitore per un valore eccedente la cautela, ossia per un valore che supera di un terzo, accresciuto dagli accessori, l'importo dei crediti iscritti. In questi casi, il creditore attua un comportamento di abuso dello strumento della cautela rispetto al fine per cui gli è stato conferito, utilizzando «lo strumento processuale oltre lo scopo previsto dal legislatore per assicurarsi la maggiore garanzia possibile e determinando un effetto deviato in danno del debitore» (Cass. civ. n. 6533/2016, Tribunale Siena, sentenza 11 settembre 2018, richiamate da Tribunale Rieti, Sent., sentenza 31 ottobre 2018);
- quando viene proposto un ricorso per cassazione erroneo in diritto, con la consapevolezza dell'infondatezza delle censure o quando detta proposizione evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali (Cass. n. 14789/2007, richiamata da Cass. civ., n. 27646/2018).
Giudizio di legittimità, atto di rinuncia del ricorrente, responsabilità aggravata: Nel caso in cui, instaurato il giudizio di legittimità, il ricorrente depositi ritualmente atto di rinuncia, a tale attività non può conseguire, nel provvedimento che dichiara l'estinzione, la pronuncia di un provvedimento di condanna per responsabilità aggravata. E ciò in considerazione del fatto che, riscontrata la ritualità della rinuncia, è precluso alla Corte altre valutazioni pregiudiziali e preliminari in rito, quali l'inammissibilità o l'improcedibilità (Cass. civ., n. 32584/2018), cui potrebbe conseguire un accertamento in merito alla sussistenza di una responsabilità aggravata.