La questione ha formato oggetto di approfondimento da parte del Consiglio Nazionale Forense, culminata nella sentenza del 24 settembre 2015, n. 150, pubblicata nel sito istituzionale del Consiglio il 18 giugno 2016.
In particolare, il CNF ha stabilito che deve ritenersi disciplinarmente responsabile l´avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l´esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probita`, dignita` e decoro e, riflettendosi negativamente sull´attivita` professionale, compromettano l´immagine dell´avvocatura quale entita` astratta con contestuale perdita di credibilita` della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l´immagine dell´avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto.
Il principio, che ribadisce una giurisprudenza consolidata (in senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 settembre 2015, n. 145, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 settembre 2015, n. 141, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 14 marzo 2015, n. 59, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 luglio 2014, n. 102, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 17 luglio 2014, n. 94), è stato ribadito dal CNF, che tuttavia ha parzialmente accolto il ricorso proposto da un legale, riducendo l´entità della sanzione disciplinare a lui irrogata e convertendola in avvertimento.
Dalle risultanze dell´istruttoria, era emerso che una Compagnia di assicurazione aveva a lui liquidato a titolo di spese legali una somma che il legale aveva incassato integralmente dandone quietanza alla Assicurazione stessa. Considerato quanto pagato direttamente dal cliente in sede di
liquidazione dei danni materiali (ad un bus), il legale aveva pertanto incassato una somma ben superiore a quella liquidata dalla Compagnia d´Assicurazione.
Del rapporto intrattenuto con la Compagnia di assicurazioni in tema di spese legali, il legale non aveva dato completa e veritiera informazione al cliente inducendolo a rivolgersi alla Compagnia per avere contezza di quanto accaduto realmente in merito alle spese legali liquidate al proprio procuratore. Una volta ottenuti i chiarimenti richiesti, il Cliente aveva quindi trasmesso l´esposto da cui aveva tratto origine il procedimento.
Con la stessa sentenza, inoltre, il CNF ha ribadito che l´attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo ed esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell´esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall´analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti del procedimento, che rappresentano certamente criterio logico-giuridico inequivocabile a favore della completezza e definitività dell´istruttoria.
Sentenza allegata
In particolare, il CNF ha stabilito che deve ritenersi disciplinarmente responsabile l´avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l´esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probita`, dignita` e decoro e, riflettendosi negativamente sull´attivita` professionale, compromettano l´immagine dell´avvocatura quale entita` astratta con contestuale perdita di credibilita` della categoria. La violazione deontologica, peraltro, sussiste anche a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l´immagine dell´avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto.
Il principio, che ribadisce una giurisprudenza consolidata (in senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 settembre 2015, n. 145, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 settembre 2015, n. 141, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 14 marzo 2015, n. 59, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 luglio 2014, n. 102, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 17 luglio 2014, n. 94), è stato ribadito dal CNF, che tuttavia ha parzialmente accolto il ricorso proposto da un legale, riducendo l´entità della sanzione disciplinare a lui irrogata e convertendola in avvertimento.
Dalle risultanze dell´istruttoria, era emerso che una Compagnia di assicurazione aveva a lui liquidato a titolo di spese legali una somma che il legale aveva incassato integralmente dandone quietanza alla Assicurazione stessa. Considerato quanto pagato direttamente dal cliente in sede di
liquidazione dei danni materiali (ad un bus), il legale aveva pertanto incassato una somma ben superiore a quella liquidata dalla Compagnia d´Assicurazione.
Del rapporto intrattenuto con la Compagnia di assicurazioni in tema di spese legali, il legale non aveva dato completa e veritiera informazione al cliente inducendolo a rivolgersi alla Compagnia per avere contezza di quanto accaduto realmente in merito alle spese legali liquidate al proprio procuratore. Una volta ottenuti i chiarimenti richiesti, il Cliente aveva quindi trasmesso l´esposto da cui aveva tratto origine il procedimento.
Con la stessa sentenza, inoltre, il CNF ha ribadito che l´attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo ed esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell´esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall´analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti del procedimento, che rappresentano certamente criterio logico-giuridico inequivocabile a favore della completezza e definitività dell´istruttoria.
Sentenza allegata
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