Stante l'impossibilità di conversione a tempo indeterminato dei contratti annuali dei docenti non di ruolo di religione cattolica in corso, per i quali la contrattazione collettiva stabilisce la conferma al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, i medesimi rapporti proseguono, nonostante il reiterarsi di essi nel tempo e ciò in ragione dell'indirizzo della pronuncia della Corte di Giustizia in materia, secondo cui l'interpretazione del diritto interno in coerenza con i principi eurounitari non può tradursi in ragione di pregiudizio per i lavoratori, salvo il diritto al risarcimento del danno per la mancata indizione dei concorsi triennali quali previsti dalla legge per l'accesso ai ruoli.
Nel regime speciale di assunzione a tempo determinato dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla L. 186/2003, costituisce abuso nell'utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l'utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest'ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravità del pregiudizio, dei parametri di cui all'art. 32, co. 5, L. 183/2010 (poi, art. 28, co. 2, d. lgs. 81/2015) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato.
I contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma è consentita altresì l'assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessità sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all'attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali già svolte o per concludere procedure concorsuali in essere, spettando in tali casi al Ministero, qualora sorga contestazione a fini risarcitori per abuso nella reiterazione del ricorso a contratti a termine, l'onere della prova della legittimità della causale, la quale, se accertata, esclude tali contratti dal computo per l'integrazione della fattispecie del predetto abuso.
Cassazione, sez. lav., sentenza del 13 giugno 2022, n. 19044.
La vicenda.
I principi di massima sono stati pronunciati al termine di una complessa vicenda processuale scaturita dal ricorso di alcuni docenti di religione che avevano prestato servizio presso la scuola pubblica inforza di rapporti di lavoro a tempo determinato in successione tra loro, chiedendo il riconoscimento della illegittimità dei termini apposti ai contratti ed il risarcimento del danno.
Il giudice del lavoro, ritenuta l'assenza di causale giustificativa e dando atto della continua reiterazione dei rapporti, riconosceva il diritto al risarcimento del danno, rigettando, invece, la domanda di conversione dei rapporti a tempo indeterminato.
La sentenza veniva confermata anche dalla Corte territoriale, che rilevava altresì come il MIUR, a fronte di un sistema che in sé non prevedeva limiti alla reiterazione dei rapporti a termine, avevesse aggiunto a ciò una propria specifica inadempienza, consistente nell'avere omesso di ottemperare alla regola legale di indizione triennale dei concorsi, in quanto dopo la scadenza del primo triennio successivo al primo concorso non erano stati più indetti concorsi per un periodo che assommava a circa un quinquennio alla data del ricorso di primo grado, con ciò ponendo in atto un comportamento sicuramente funzionale, anche sotto il profilo causale, all'indebito protrarsi del precariato dei ricorrenti, sostanzialmente sottratti all'unico mezzo esistente per l'accesso ai ruoli.
Il MIUR proponeva ricorso per cassazione con un unico motivo, con cui denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., oltre che delle regole sugli oneri di allegazione.
La decisione della corte
La suprema Corte, dopo un'accurata disamina delle norme sul reclutamento dei docenti di religione, a partire dalle intese della Conferenza Episcopale del 1985, sino alla più recente L. n. 186/2003 - che ha assegnato agli insegnanti di religione cattolica uno stato giuridico pari a quello degli insegnanti delle materie curricolari ed introdotto, all'interno della categoria omogenea dei docenti di religione con incarico annuale, la distinzione fra docenti di ruolo, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e docenti non di ruolo assunti con contratto a tempo determinato e, infine, previsto che la dotazione organica per ciascun ambito territoriale corrispondente alle diocesi, deve essere pari al 70% dei "posti funzionanti" per ciascuna diocesi, mentre il restante 30% può essere coperta mediante assunzioni a tempo determinato - ha valutato la compatibilità del regime dei contratti a tempo determinato per i docenti di religione cattolica, sotto il profilo della loro reiterazione indefinita, con i principi che vietano di abusare della contrattazione a termine.
Sul punto la Corte ha evidenziato che l'abuso lesivo dell'Accordo Quadro, si realizza, nei riguardi del singolo insegnante di religione, solo allorquando egli sia mantenuto in servizio per più di un triennio, attraverso il rinnovo automatico di default o comunque senza soluzione di continuità, senza che siano indetti concorsi di accesso ai ruoli con la cadenza appunto triennale prevista dalla legge e senza che, per il radicarsi dell'illecito, vi sia necessità di altra dimostrazione che quella dell'inosservanza dell'obbligo di concorso sancito dalla normativa speciale.
Inoltre, continua la Corte, al di là del caso dei contratti continuativamente rinnovati o senza soluzione di continuità, si può determinare abuso anche a fronte di plurime assunzioni a termine che avvengano discontinuamente per effetto della dismissione del rapporto, in certi periodi, a causa dell'eccedenza rispetto ai fabbisogni. In tali casi la precarietà si manifesta proprio attraverso un'utilizzazione dei docenti interessati che ha luogo con discontinuità e solo quando vi sia bisogno di essi. L'abuso qui riveste particolare gravità perché si fa leva proprio sulla precarietà dell'interessato, che resta per una o più annualità senza lavoro, per assicurare la flessibilità del reclutamento annuale.
Quanto ai rimedi atti a far fronte a tale abuso, la Corte, dopo aver ricordato che, nel pubblico impiego la trasformazione ipso iure in rapporti a tempo indeterminato incontra l'ostacolo della previa necessità del concorso imposta dall'art. 97 della nostra Carta Fondamentale, ha individuato nel rimedio risarcitorio l'unica forma possibile di ristoro in caso di abuso del ricorso alla contrattazione a termine per gli insegnanti di religione.
In definitiva, afferma il Supremo Consesso nomofilattico, chi abbia lavorato per oltre un triennio in forza di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità matura, dopo la terza annualità non accompagnata da indizione di concorso, il diritto al risarcimento del danno c.d. eurounitario. L'inadempimento datoriale è interrotto dalla successiva indizione del concorso, ma solo per il futuro e per le tre annualità successive. Chi abbia lavorato con incarichi annuali di docenza a termine discontinui a causa di un'eccedenza rispetto al fabbisogno che non abbia consentito il rinnovo automatico previsto dalla contrattazione collettiva matura parimenti il diritto al risarcimento del danno c.d. eurounitario, se in concreto abbia lavorato per un periodo superiore a tre annualità, sulla base di incarichi non infrannuali.
Tali diritti risarcitori, stante l'unitarietà del danno, non si duplicano, ma l'eventuale contestuale ricorrere dei presupposti di più d'uno di essi può essere valutata sotto il profilo della gravità.
In chiusura, la Corte ha osservato che il sistema nel suo complesso, quale sopra delineato, non appare tale da suscitare dubbi sotto il profilo della compatibilità costituzionale anche ai sensi dell'art. 117, co.1, Cost.
Il possibile reiterarsi dei rapporti a termine si riconnette infatti, per i docenti di religione, ad una regola di rinnovo automatico, su un'ampia dotazione (30 %) dei "posti funzionanti" e ciò assicura elementi di stabilità, estranei alla reiterazione tout court che fu ritenuta illegittima da Corte Costituzionale 20 luglio 2016, n. 187, per quanto accade nel sistema generale della scuola pubblica.
Il riconoscimento di diritti risarcitori nei termini del c.d. danno euro unitario, conclude la Corte, completa poi la capacità dissuasiva del sistema rispetto ai casi in cui il superamento del triennio avvenga rispetto a rapporti discontinui e per effetto del determinarsi, in taluni periodi, di eccedenza del posto già attribuito al docente non di ruolo.