Di Redazione su Martedì, 08 Marzo 2022
Categoria: Volevo fare l'avvocato, manuale di sopravvivenza forense (Alberto Pezzini) - Diritto e Letteratura

Le donne avvocato? Infaticabili costruttrici di prove e pazienti, con loro le mie sconfitte peggiori

 Guardate.
Tutti noi, tutti, abbiamo un collega che ci sembra una montagna troppo alta da scalare, come cantava Venditti. A me – ad esempio – capita che con un certo avvocato non riesca mai a vincere una causa.
Sembra incredibile ma è così. Eppure mi sforzo di scrivere degli atti minuziosi, quanto più accurati posso. Lui mi risponde con memorie che io personalmente giudico sciatte, troppo essenziali, eppure vince sempre lui. Sembra che i giudici – per quanto i suoi scritti siano all'acqua fresca – gli riservino un orecchio speciale.
La cosa mi fa ammattire.
Mi sono trovato in certe situazioni in cui il diritto mi dava ragione. Lo sapete, sono quelle circostanze in cui anche la legge appare precisa come una formula matematica. Niente da fare.
Ogni volta – mentre sto discutendo il primo grado – sono già in contatto mentale con l'appello.
Questo non va bene. Molto spesso mi sono chiesto se i giudici siano influenzabili dallo strepitus fori e dal fatto che un Principe del foro possa in qualche modo ipnotizzarli anche quando gli sciorina degli argomenti giuridici intimamente fragili.
Vi confesso che un sottile sospetto alla fine mi è venuto. Ma me lo sono sempre fatto passare. Per due motivi.
Non esistono principi del foro imbattibili.
Ognuno di loro possiede una debolezza e prima o poi anche nella loro immagine di acciaio brunito si aprirà una crepa. La mia personale bestia nera, per esempio, è un principe del foro conclamato che non sopporta di essere zittito o contraddetto.
La cosa lo manda in bestia e gli fa perdere lucidità. Inoltre il Principe del foro tende a sottovalutarci e quindi potrebbe arrivare alla causa non esattamente preparato come noi, poveri tapini sempre in corsa.
La sua forza di solito sta nel controesaminare i nostri testimoni. Se può, li distruggerà, li metterà in ridicolo e li porterà fino ai limiti della falsa testimonianza per farli ammonire.
State all'erta in quel momento.
State con le orecchie appizzate come una donnola sul limite del bosco.
Fate tesoro di quanto il testimone ha già detto ed opponetevi a tutte le domande insidiose con cui il vostro personale principe del foro cerca di far dire al testimone ciò che ha già detto ma in modo diverso.
Se riuscite a mantenere un fuoco difensivo senza sbracare, potrete metterlo in difficoltà.
La prima regola comunque resta quella per cui non dovete temerlo. Mai.
È fatto di carne e sangue come voi e vi ripeto che anche lui può sbagliare.
Di solito il principe del foro spinge al massimo per discutere la causa subito. Vuole intimidirci.
Ci fa capire che per lui siamo un semplice ostacolo sulla sua strada, un insetto sul parabrezza.
Tenete duro. La causa va discussa quando anche per noi andrà bene. Non disperiamoci se perderemo la causa comunque. Facciamo tutto ciò che è possibile nelle nostre corde. E non facciamoci sopraffare dalla sindrome dell'avversario.
A forza di colpirlo ai fianchi, prima o poi, otterremo ragione. Magari ci impiegheremo dieci anni ma prima o poi comprenderemo che anche noi possiamo fargli male.
Io l'ho capito la prima volta che vidi un principe del foro perdere le staffe.
Come esseri superiori – vogliamo chiamarli così?
Non sono abituati al fuoco di sbarramento.
Non hanno l'abitudine ad essere contrariati. Quando vengono presi di petto molti di loro vanno nel pallone.
Ricordiamoci che è sempre meglio combattere contro un avversario più capace di noi e dotato di maggiore esperienza.
Ci insegnerà un sacco di cose.
Le sconfitte sono meglio delle vittorie. Sembra una frase filosofica, ma è così. Ho imparato più dalle cause perse che da quelle vinte.
Nella sconfitta spesso giace la mancata conoscenza di una norma che il nostro avversario ha sperimentato da tempo e che ha adoperato per lanciarci fuori strada.
Da quella ferita impareremo a stare in carreggiata anche quando tutto sembra compromesso.
In una separazione consensuale era andato tutto bene. Ci eravamo spartiti le solite cose, gli effetti personali e altro.
La casa – di proprietà di entrambi i coniugi – era rimasta assegnata al marito. Io ero un giovane pro- curatore. Tutto si era concluso per il meglio. Qual- che anno dopo la situazione tra i due – nonostante la separazione – si incancrenì alquanto e quindi la mia controparte – il marito – mi notificò un ricorso per modifica delle condizioni di separazione.
Nell'atto era indicata – inserita nell'elenco delle produzioni – la nota di trascrizione del verbale di separazione alla conservatoria dei beni immobiliari. Il mio avversario aveva trascritto quel verbale di assegnazione della casa coniugale a favore del suo cliente in modo da farci nascere sopra un diritto di abitazione a totale vantaggio dell'ex marito della mia assistita. Non sapevo neanche che una possibilità simile esistesse.

 Riuscii a raddrizzare la questione dopo cinque anni, pensate un po'.
Era stato un errore imperdonabile ma l'esperienza non la dimenticai più. Confesso di avere sorpreso tanti colleghi che – come me – ignoravano una possibilità così insidiosa per colpire un separato.
Il brutto è che uno strumento così micidiale può consegnarvelo una separazione consensuale dove anche l'altro collega dovrebbe avere messo in preventivo che voi possiate impiegare quella misura.
State in guardia, quindi, quando vi avvicinate a delle separazioni consensuali se ci sono case di proprietà del vostro cliente in ballo. L'assegnazione all'altra parte può crearvi dei problemi veramente notevoli.
Combattere contro chi è più scafato di noi ci porta ad acquisire una certa familiarità con lui.
Nessuno è un grand'uomo per il suo maggiordomo. Non voglio dire che voi siate i lacchè dei principi del foro che ogni giorno incontrerete sulla vostra strada (anche se hanno il vezzo di considerarci come tali, almeno alcuni), ma a forza di lavorarci contro capiremo quanto siano umani anche loro.
Il principe del foro classico è a dire il vero una creatura versatile.
Possiede delicatezze inusitate e una condotta che in generale vi sembrerà crudele. Vi sbagliate. È pratica, pragmatica, frutto di tanti anni di aula giudiziaria e di atti.
A volte penso di dovere molto ai principi del foro che ho incontrato sulla mia strada.
Hanno sortito su di me un effetto rinvigorente. Tipo, sveglia ragazzo! Mentre si facevano assolvere il cliente contro il quale mi ero costituito parte civile e io restavo a bocca aperta. Sentivo le gambe vacillare leggermente. La bocca impastata. Le poche parole che mi uscivano erano del tutto inadeguate, fuori luogo. Barcollavo in aula. Ne uscivo come se in testa mi ronzassero delle api impazzite. La testa mi sembrava bollente, come il mio personale senso di vergogna. Alcuni mi hanno fatto sentire così, totalmente inadeguato.
Il principe del foro di classe,invece, quello dotato di autentico pedigree, possiede una specie di rispetto sacrale per i colleghi. Vi risponderà al telefono sempre. Questo è un elemento distintivo. Le mezze calzette della nostra professione – come di tutte le altre – vi faranno dire che sono occupati dalla segre- taria o da un collaboratore.
Non sono veri principi del foro ma maleducati. Un mio maestro mi ammonì severamente un giorno. Per i colleghi ci devi essere sempre. Non l'hopiù dimenticato. L'ultima volta cheuncollegami ha fatto dire dall'impiegata che stava ricevendo l'ho omaggiato di una mail in cui gli spiegavo di non es- sere il suo maggiordomo e di andarsi a cercare un al- tro corrispondente perché non avevo più intenzione di collaborare con lui.
Il principe del foro vi farà pesare la mole dei suoi concomitanti impegni professionali ogniqualvolta il giudice debba rinviare l'udienza.

 Mi hanno sempre impressionato quei colleghi che - non appena il giudice indica la data del rinvio di udienza – cominciano a snocciolare tutta una serie di impegni che elencano con nonchalance non mancando di indicare i reati correlativi.
Sono sempre processi di importanza epocale come omicidi, rapine, associazioni per delinquere eccetera e tutti fissati in località remote.
Mi sono sempre sentito una specie di paria ad ascoltare quei loro elenchi così aulici e così impegnativi solo a sentirne il reato e mi sono sempre vergognato delle pagine desolanti, al confronto, delle mie agendine dove al massimo poteva campeggiare un'udienza per maltrattamenti in famiglia.
Il principe del foro vi farà capire che non ha tempo da perdere con il vostro processo.
Una mattina in cui ero riuscito a dormire meglio del solito sconfiggendo la mia fisiologica insonnia, mi imbattei in questo principe del foro dotato di una delicatezza pari a quella di un elefante. Mi disse che lui aveva troppo da fare e che io mi stavo baloccando in corridoio. Gli feci notare che bastava chiamarmi visto che mi trovavo da lì prima di lui. Usai un tono forse quasi irridente nel dirlo. Non lo feci apposta ma in quei giorni avevo scoperto una pastiglia di melatonina e ginseng capace di donarmi una serenità quasi atarassica grazie alla la quale vedevo tutto in maniera meno seria del solito.
Poiché la sua alterigia si scontrò con la mia bono- mia, restò un attimo sconcertato e se ne andò quasi subito verso l'aula con il culo dritto, come diciamo dalle nostre parti.
Cioè come se avesse ingoiato una scopa. Quella tranquillità lo aveva disturbato.
Un principe del foro, invece, mi trattò un giorno come una specie di scarafaggio.Quando posai la cornetta del telefono ero così umiliato che giurai a me stesso di non permettere mai più a nessuno di trattarmi in quella maniera per il resto dei miei giorni.
Ne imparerete i colpi migliori, le debolezze e ne saprete leggere il comportamento.
Un po' di familiarità è utile per farci passare il ti- more reverenziale che nutrivamo verso i nostri vec- chi maestri.
Quelli più giovani l'hanno perduto. Non ti guardano neanche in faccia. Procedono filanti neanche un'esitazione. Sembrano non avere mai un dubbio.
In questo, almeno, noi ci ricordiamo di un modo di fare molto diverso.
Ciò che ci aiuta resta tuttavia la realtà. È l'unica dimensione capace di non fare sconti.
Se prendete sottogamba un giovane ricordiamoci che abbiamo già perso.
A me personalmente capita con le ragazze. Da due che avevo sottovalutato ho preso lezioni di correttezza e capacità che mai avevo visto neanche in un uomo.
Le donne sono meticolose, possiedono intelligenze quasi scientifiche nella elaborazione del diritto e sono infaticabili costruttrici di prove.
Nel senso che – come tutte le donne – possiedono la pazienza del ragno o di Penelope, se volete.
Riescono a risparmiare in oratoria perché la loro voce e il loro timbro è meno tonitruante di quello di un uomo ma sono imbattibili nel reperire prove a favore dei loro clienti.
Le sconfitte peggiori le ho scontate con giovani donne che avevano trovato prove dalle quali fu per me impossibile uscire se non sparando colpi a vuoto.
Per riassumere.
Ogni sconfitta sarà utile, ogni principe del foro vi sarà prezioso, ogni ragazzina può farvi saltare l'aula come dentro una polveriera. Siete ben messi in ogni caso. L'importante è la bussola da conservare in ogni rovescio.
Anche quello più sconvolgente e più imprevisto.
Tornate in studio, mettetevi sui libri per capire dove avete sbagliato e ricominciate da zero.
Personalmente credo di mantenere il record dell'uomo che ha impiegato meno secondi al mondo a perdere una causa. Era un ricorso di lavoro. Tanti anni fa. Non ricordo neanche più di cosa si trattasse. Forse un impiegato che rivendicava differenze retributive e un livello superiore. Mansioni più elevate. Non mi ricordo neanche dove sbagliai. So soltanto che avevo dimenticato di allegare una produzione determinante, del tipo Contratto collettivo o qualcosa del genere.
Alla prima udienza – su precisa eccezione mossa dal mio avversario nella memoria difensiva – il Giudice andò immediatamente a sentenza in via preliminare.
Mi ricordo tutto come in una sequenza cinematografica. Arrivammo, ci sedemmo, il giudice ci in- formò che doveva pronunciare una sentenza in via preliminare, la lesse e mi respinse il ricorso.
Il tutto in tre minuti.
Fu come una doccia di piombo in faccia.
Uscii con il cliente che mi tempestava di domande e io non sapevo neanche cosa rispondergli.
Era un signore mite, con i capelli bianchi, dotato di una loquela torrenziale. Avevo sbagliato in buona fede, ma sempre sbaglio era.
Fu una esperienza terrificante. Andai in studio e mi misi subito all'opera. Studiai per un giorno intero e da allora quell'errore non l'ho più commesso. Ma ogni tanto me lo sogno ancora. Il cliente, naturalmente, mi diede il benservito. Aveva ragione.

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