Dovere di collaborazione con le Istituzioni forensi e il dovere di verità
L'avvocato, nell'esercizio della sua professione, ha il dovere di collaborare con le Istituzioni forensi, nel rispetto anche del dovere di verità [1]. La violazione di tale dovere integra una condotta rilevante dal punto di vista deontologico e quindi sanzionabile.
Il dovere di collaborazione con le Istituzioni forensi nella prassi
Si ritiene che:
- «costituisce violazione dei principi che presiedono a un corretto rapporto tra gli iscritti e l'ordine di appartenenza ovvero dell'obbligo di leale collaborazione con il COA, il comportamento dell'avvocato che, in sede di conciliazione avanti al Consiglio per una ipotesi di responsabilità professionale, con atteggiamento meramente dilatorio si obblighi a denunciare il sinistro alla propria compagnia di assicurazione, omettendo poi di rispettare l'impegno assunto» (CNF, n. 134/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69099);
- è rilevante deontologicamente il comportamento del professionista che non restituisca i documenti al cliente e si rifiuti di consegnarli al collega subentratogli, nonché al COA di appartenenza intervenuto per finalità conciliative (CNF, n. 26/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=37619);
- il dovere di collaborazione, unitamente ai doveri di correttezza e lealtà, è violato quando un avvocato, dopo aver inviato una certificazione medica giustificativa della sua mancata partecipazione a un procedimento disciplinare, risulti assente nella propria abitazione, a seguito di visita del medico fiscale. In tali casi la dichiarazione di quest'ultimo fa fede fino a querela di falso e l'illecito posto in essere dall'avvocato risulta sanzionabile in quanto compromette non solo la reputazione propria, ma anche quella dell'intera categoria (CNF, n. 154/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=34859);
- «è riprovevole sul piano disciplinare il contegno dell'avvocato che si sottragga ai doveri di collaborazione col proprio C.d.O., nell'ambito dei compiti di tenuta dell'Albo a esso riservati, omettendo comunicazioni ritenute fondamentali per l'esercizio dell'attività forense (Nel caso di specie, trattavasi di costituzione di associazione professionale non comunicata al COA di appartenenza)» (CNF, n. 194/2014, inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=31877);
- la mancata risposta dell'avvocato alla richiesta del Consiglio territoriale di chiarimenti, notizie, o adempimenti in relazione a un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto, non è più considerato illecito disciplinare e quindi violazione del dovere di collaborazione (CNF, n. 69/2019, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=70854).
- ove il Consiglio locale abbia ritenuto che la mancata risposta dell'iscritto alla richiesta di chiarimenti in merito a un esposto presentato non costituisca illecito disciplinare, la siffatta Istituzione forense non potrà tener conto della condotta in questione quale elemento di valutazione negativo in ordine all'illecito deontologico di cui all'esposto stesso. Qualora la decisione del Consiglio locale valuti il comportamento in questione negativamente, sarebbe contraddittoria (CNF, n. 61/2013, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=28435) e quindi illegittima.
E ciò in considerazione del fatto che fornire una risposta alla richiesta dl Consiglio territoriale «non costituisce una fase precedente ed esterna al procedimento nella quale l'avvocato sia tenuto a dare sollecita risposta a richieste di chiarimenti in ordine a fatti che possono comportare una sua responsabilità disciplinare, posto che così inteso il dovere di collaborazione contrasterebbe con la regola basilare del nemo tenetur contra se edere, che è espressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito. In virtù di tale regola è consentito all'avvocato non fornire i chiarimenti che ritenga contrastanti con i suoi interessi difensivi, diritto che per il suo rango costituzionale prevale anche su quello del COA a un pieno e corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali» (CNF, n. 71/2012, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=25731).
Note
Art. 71 Codice deontologico forense: «1. L'avvocato deve collaborare con le Istituzioni forensi per l'attuazione delle loro finalità, osservando scrupolosamente il dovere di verità; a tal fine deve riferire fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o interventi istituzionali. 2. Qualora le Istituzioni forensi richiedano all'avvocato chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a situazioni segnalate da terzi, tendenti ad ottenere notizie o adempimenti nell'interesse degli stessi, la mancata sollecita risposta dell'iscritto costituisce illecito disciplinare. 3. Nell'ambito di un procedimento disciplinare, o della fase ad esso preliminare, la mancata sollecita risposta agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituiscono autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall'organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento. 4. La violazione dei doveri di cui al comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare dell'avvertimento. La violazione dei doveri di cui al comma 2 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».