Riferimenti normativi: Art. 1135 cod. civ.
Focus: Dal bilancio consuntivo condominiale possono emergere residui attivi. Qualora ciò si verifichi l'assemblea può decidere di utilizzare tali somme istituendo un fondo cassa per fronteggiare le spese ordinarie del condominio o deve riaccreditare le somme ai singoli condòmini? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n.23893/2024.
Principi generali: Ai sensi dell'art.1135, comma 3, cod.civ., l'assemblea condominiale ha il compito di approvare il rendiconto annuale dell'amministratore e stabilire come impiegare il residuo attivo della gestione. Si può parlare di residuo attivo, pari alla differenza tra quanto si è preventivato di spendere e quanto si è speso effettivamente, solo quando, alla luce dei costi di competenza e dello stato di ripartizione, tutti i condomini risultino a credito e sia effettivamente presente un attivo nelle casse condominiali che corrisponde alla reale disponibilità finanziaria del condominio a quella data.
Il caso: La Corte di Cassazione con l'Ordinanza n.23893/2024 si è pronunciata sulla vicenda sorta dall'impugnazione da parte di alcuni condòmini di una delibera di approvazione del bilancio consuntivo al fine di ottenerne l'annullamento. Ciò in quanto a detta dei condòmini ricorrenti la delibera era stata approvata nonostante l'omesso invio del prospetto di bilancio e la mancata indicazione, nei documenti presentati in assemblea, di tutti gli elementi essenziali del bilancio, in assenza dei giustificativi delle spese, effettuate nell'annualità di riferimento, che l'amministratore avrebbe dovuto produrre.Il Tribunale ha annullato la delibera condominiale impugnata, nella parte in cui era stato approvato il bilancio consuntivo, affermando che illegittimamente l'assemblea aveva deliberato di utilizzare il relativo residuo attivo nell'esercizio successivo istituendo un fondo cassa.
Il Condominio ha impugnato la sentenza che è stata riformata integralmente dalla Corte d'Appello ritenendo che l'istituzione di un fondo cassa per le spese ordinarie rientrava nel potere discrezionale dell'assemblea, non sindacabile dal giudice, e che la relativa deliberazione non pregiudicava l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio o il loro diritto proporzionale al riaccredito (o scomputo) delle somme, non essendo necessario che nella convocazione dell'assemblea fosse inserito l'argomento relativo all'istituzione del fondo cassa. Tale decisione è stata impugnata dai suddetti condòmini con ricorso in Cassazione deducendo che la Corte d'Appello aveva travisato i fatti e che il fondo cassa era stato illegittimamente costituito, non essendo prevista alcuna compensazione delle somme a credito a favore dei condòmini né le modalità di impiego delle somme. Con la delibera impugnata l'assemblea non aveva realmente istituito un fondo cassa, ma aveva deliberato su un avanzo di cassa oggetto di riporto degli ultimi due anni, come comprovato dal verbale assembleare. Veniva eccepita, perciò, la violazione dell'art.1123 c.c., perchè la delibera aveva previsto l'utilizzo dell'intera somma nell'esercizio successivo senza ulteriori specificazioni, rendendo impossibile stabilire se e quale fosse l'importo dei crediti spettanti ai singoli condòmini e se detti crediti si fossero formati su spese da ripartirsi in base alla tabella millesimale di proprietà o ai sensi dell'art. 1124 c.c. Infatti, non era stata indicata quale parte del residuo fosse riferibile a ciascun condòmino e quale parte dello stesso fosse destinato, invece, ad essere compensato o rimborsato, né era stata indicata nell'ordine del giorno l'istituzione del fondo cassa.
La Cassazione ha respinto il ricorso condividendo l'operato dei giudici di secondo grado precisando che l'assemblea aveva il potere discrezionale di deliberare circa l'utilizzazione di un avanzo di gestione, salvo un eventuale eccesso di potere, e che non occorreva inserire all'ordine del giorno la costituzione del fondo cassa, essendo sufficiente che fosse prevista l'approvazione del rendiconto. I giudici di legittimità hanno precisato che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, l'assemblea che istituisce il fondo cassa non deve obbligatoriamente prevedere il riaccredito delle somme quale unica modalità di impiego o specificare quali somme, su quei residui, competano ai singoli, in modo da rendere verificabile la successiva compensazione. Infatti, dall'indicazione analitica in bilancio delle entrate e delle uscite con le relative causali può procedersi alla regolazione dei rapporti di dare ed avere quando, nell'esercizio successivo, sia deliberato l'impiego dei fondi e adottato il corrispondente criterio di riparto della spesa. In tal caso non è richiesta l'indicazione in cifre delle somme spettanti a ciascun comproprietario a pena di annullabilità, essendo possibile stabilirne l'entità e procedere alle opportune verifiche sulla correttezza della successiva compensazione sulla base della documentazione contabile pienamente esplicativa (Cass. 25900/2022). L'omessa allegazione dei documenti giustificativi di spesa nel corso della riunione non poteva produrre alcun effetto in quanto i ricorrenti avrebbero potuto richiedere l'esame e il rilascio di copia. In conclusione, secondo la Corte la previsione di un fondo cassa alimentato con le anticipazioni da parte dei condomini o con l'accantonamento di eventuali entrate è legittima in quanto la reale finalità della delibera era di assicurare alla collettività condominiale, gestita dall'amministratore, la disponibilità di liquidità economica per far fronte ai maggiori oneri economici che si fossero presentati.