Di Redazione su Sabato, 22 Gennaio 2022
Categoria: Volevo fare l'avvocato, manuale di sopravvivenza forense (Alberto Pezzini) - Diritto e Letteratura

L'accompagnatore delle clienti, come neutralizzarlo fin dalla prima parola (da "Volevo fare l'avvocato")

 Vi sarà capitato un sacco di volte e continuerà a capitarvi, statene certi.
Un vostro cliente – anche di quelli affezionati – a un certo punto, un dato giorno, si presenterà da voi con un accompagnatore. Le vicende sentimentali della vita di oggi fanno si che – di solito – arrivino scortai dal nuovo compagno di turno.
Il quale è molto spesso uno zoticone al cubo ma che si è assunto la missione di far vedere al suo nuovo compagno che lui sa come trattare gli avvocati.
Mica lo fregano, a lui o a lei, nossignore.
Vi confesso che già il fatto di dover parlare di cose riservate in presenza di una persona che non sia il vostro cliente mi dà l'orticaria. Mi dà fastidio.
L'accompagnatore, inoltre, deve avere fatto dei corsi di corrispondenza notturna in giurisprudenza perché – dopo un momento di vigile silenzio – comincia subito a parlare. La prima domanda è sempre esplorativa e precede una specie di arringa in favore dell'accompagnato. Non manca mai di farvi sapere che certi suoi amici – e certi avvocati – hanno raggiunto dei risultati mirabolanti in tribunale con due lire. Può capitarvi di tutto.
Dal compagno che vi fissa silenzioso come un pitone per poi sibilare frasi secche come fucilate in cui farvi sentire il suo disprezzo per il sistema e per voi che vivete grazie ad esso. Fissano con estrema attenzione e sembra che ogni vostra parola non gli sfugga. Sembrano quegli esaminatori arcigni che al- meno una volta abbiamo incontrato all'università.
Dalle domande che ogni tanto lanciano come rampini, ho capito che il più delle volte non ne capiscono un vero cazzo.
Stanno lì come allocchi vigilanti ma sono pessimi consiglieri.
Vogliono fare i verificatori di quanto state dicendo al loro compagno ma non capiscono di non possederne gli strumenti.
C'è poi quello che sciorina i suoi consigli all'amato in diretta. Funziona così.
Voi parlate e dite la vostra, che tecnicamente dovrebbe costituire il consiglio da seguire.
Lui scuote la testa oppure annuisce e poi dice la sua. Ma non si ferma qui.
A volte capita che esorti vivacemente l'amato a imboccare una strada, spesso la meno valida sotto l'aspetto professionale ma con il vantaggio certo di essere la meno cara in termini economici. Ecco, la vera molla interna che guida e indirizza questi specialisti del diritto sulle spalle del proprio amato/a è il portafoglio.
Il bello è che si guardano assai bene dall'aprire il loro. L'importante è che non si apra quello dell'accompagnato che andrebbe a spendere anzi a buttare dei soldi in cause che – tanto avvocato – lei mi insegna che non servono a niente, d'altronde sono anni che la mia compagna viene da lei e non ha ottenuto un bel niente, non le pare?
A volte le donne si accompagnano con dei veri fusti. Stanno lì come statue di carne a fissarti imbolsiti. Non emettono suono ma il loro concetto fisico che vogliono trasmetterti è molto chiaro: stai attento a quello che fai.
Francamente – in questi casi – vi sarà possibile dopo due o tre domande capire con chi siete a contatto.
Se ne vale la pena, potete anche rivolgergli la parola e spiegargli le cose, oppure dopo un po' fate pure come me: non li guardo manco più e mi rivolgo soltanto al mio cliente.
Se mi pongono altre domande inopportune scelgo poi tra la risposta di ghiaccio, oppure un diplomatico ma freddo mi lasci spiegare alcune cose al mio cliente.
Di solito li ammutolisce. Ma anche qui dipende dalla fortuna. Certi sono più impermeabili di un ombrello e di un paio di galosce.

 E poi ci sono quelli che insorgono come dervisci impazziti. Cominciano ad accusare il compagno "assistito" che le condizioni di cui stiamo dando lettura siano disastrose per lui. L'ultimo episodio che mi ha sconcertato è stato proprio così. La mia cliente era una signora molto per bene ma si accompagnava con un uomo decisamente bizzarro.
Tutto cominciò con la lettura nella sala d'aspetto della parcella.
Sentivo come strani furori agitarsi lì dentro.
Le parcelle sono un catalizzatore degli umori umani ma soprattutto rivelano chi hai davanti.
Entrò nella mia stanza soltanto la mia cliente, come dovrebbe sempre accadere.
L'uomo – mi disse lei – era stato trattenuto da una telefonata. Cominciai a leggerle le condizioni della transazione che avevamo raggiunto, dopo circa tre anni di causa. Le avevamo guadagnate udienza dopo udienza, con fatica.
Si trattava comunque di condizioni che avevano incontrato il plauso della mia cliente, insomma, le erano andate più che bene.
Stavo leggendole ancora, quando entrò l'uomo.
La signora mi chiese di riprendere la lettura dall'inizio.
È una cosa che mi procura un tremendo fastidio, anche perché non capisco a quale titolo dovrei leggere condizioni personali a una persona che non è mio cliente.
Ricominciai a leggere e alla prima clausola l'uomo scattò quasi in piedi gridando alla compagna: "Ma cara non va bene, non va bene!".
Lei mi guardò con occhi da cane bastonato e io misi alla porta l'uomo senza attendere un secondo.
Tornato nella sala d'aspetto, il soggetto cominciò a tempestare di telefonate la compagna che era rimasta davanti a me come sul ponte di una nave in tempesta.
Ondeggiava, beccheggiava in avanti e indietro, mi chiedeva scusa mentre cercava di rispondere a quel- la gragnuola di squilli che invadevano di continuo la stanza, nonchè di messaggi.

Alla fine accompagnai anche lei alla porta rappresentandole che avrebbe avuto un grave danno non firmando una transazione così favorevole. 
Mi disse di darle una settimana per pensarci. Non la rividi più.
Aspettiamo sempre qualcuno, nella vita.

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