Di Redazione su Domenica, 03 Novembre 2019
Categoria: I classici della pedagogia

Jean J. Rousseau: "Educare non è insegnare la verità ma tutelare dall'errore"

Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato un filosofo, scrittore e musicista svizzeroNato da un'umile famiglia calvinista di origine francese, ebbe una giovinezza difficile ed errabonda durante la quale si convertì al cattolicesimo (per poi tornare al calvinismo e approdare infine al deismo), visse e studiò a Torino e svolse diverse professioni, tra cui quella della copia di testi musicali e quella di istitutore.Trascorse alcuni anni di tranquillità presso la nobildonna Françoise-Louise de Warens; quindi, dopo alcuni vagabondaggi tra la Francia e la Svizzera, si trasferì a Parigi, dove conobbe e collaborò con gli enciclopedisti. Nello stesso periodo iniziò la sua relazione con Marie-Thérèse Levasseur, da cui avrebbe avuto cinque figli. Il suo primo testo filosofico importante, il Discorso sulle scienze e le arti, vinse il premio dell'Accademia di Digione nel 1750 e segnò l'inizio della sua fortuna.

Dal primo Discours emergevano già i tratti salienti della filosofia rousseauiana: un'aspra critica della civiltà come causa di tutti i mali e le infelicità della vita dell'uomo, con il corrispondente elogio della natura come depositaria di tutte le qualità positive e buone. Questi temi sarebbero stati ulteriormente sviluppati dal Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini del 1754: da questo secondo Discours emergeva la concezione di Rousseau dell'uomo e dello stato di natura, la sua idea sull'origine del linguaggio, della proprietà, della società e dello Stato] Un altro testo, il Contratto sociale del 1762, conteneva la proposta politica di Rousseau per la rifondazione della società sulla base di un patto equo – costitutivo del popolo come corpo sovrano, solo detentore del potere legislativo e suddito di sé stesso. Questi e altri suoi scritti (soprattutto l'Émile,sulla pedagogia) vennero condannati e contribuirono a isolare Rousseau rispetto all'ambiente culturale del suo tempo. Le sue relazioni con tutti gli intellettuali illuministi suoi contemporanei, oltre che con le istituzioni della Repubblica di Ginevra, finirono per deteriorarsi a causa di incomprensioni, sospetti e litigi, e Rousseau morì in isolamento quasi completo.

Considerato per alcuni versi un illuminista, e tuttavia in radicale controtendenza rispetto alla corrente di pensiero dominante nel suo secolo, Rousseau ebbe influenze importanti nel determinare certi aspetti dell'ideologia egualitaria e anti-assolutistica che fu alla base della Rivoluzione francese del 1789; anticipò inoltre molti degli elementi che, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, avrebbero caratterizzato il Romanticismo, e segnò profondamente tutta la riflessione politica, sociologica, morale, psicologica e pedagogica successiva. Alcuni elementi della sua visione etica saranno ripresi in particolare da Immanuel Kant.

Rousseau fu anche un compositore, e la sua opera più nota è L'indovino del villaggio. Le idee di Rousseau ebbero una risonanza europea e mondiale, tale da ispirare le future costituzioni degli Stati Uniti e della Rivoluzione francese.

 «L'uomo saggio sa restare al suo posto, ma il fanciullo, che non conosce il proprio, non ne è capace.
Nella nostra società gli si offrono mille occasioni di sviarsi dalla sua condizione puerile. Spetta a quelli che lo allevano mantenervelo e non è compito facile. Bisogna che non sia né una sorta di piccolo animale né un adulto, ma un fanciullo; deve avvertire la propria debolezza, non soffrirne; deve dipendere, non obbedire, deve domandare, non comandare. Egli è sottomesso unicamente a causa dei suoi bisogni, in quanto gli altri vedono meglio di lui che cosa gli sia utile, che cosa giovi o nuoccia alla
sua conservazione. Nessuno ha il diritto, neppure il padre, di comandare al fanciullo qualcosa che non abbia per lui alcuna utilità.
Prima che i pregiudizi e le istituzioni degli uomini abbiano alterato le nostre inclinazioni naturali, la felicità dei fanciulli come degli uomini consiste nell'uso della libertà; ma nei primi questa libertà è limitata dalla debolezza. Chiunque fa ciò che vuole è felice, se basta a se stesso, ed è quanto accade all'uomo che vive nello stato di natura.[…]
Fate che il fanciullo esperimenti soltanto la dipendenza dalle cose ed avrete seguito l'ordine naturale nel processo della sua educazione. Ad ogni suo capriccioso atto di volontà opponete unicamente ostacoli fisici o punizioni che nascano dalle azioni stesse e di cui si rammenti al momento opportuno; non è necessario vietargli di agire male, basta impedirglielo. Solo l'esperienza e l'impotenza debbono servirgli di legge. Non concedete nulla ai suoi desideri solo perché ve lo chiede, ma perché ne ha realmente bisogno. […] Senta in egual misura la sua libertà nelle sue azioni e nelle vostre. Supplite alla forza che gli manca, ma nell'esatta misura in cui ne ha bisogno per esser libero, non per diventar prepotente; provi anzi una sorta di umiliazione nel ricevere i vostri servigi e aneli al momento in cui potrà farne a meno ed aver l'onore di provvedere a se stesso.
[…]
La natura vuole che i fanciulli siano fanciulli prima di essere uomini. Se vogliamo sovvertire quest'ordine, produrremo frutti precoci, che non avranno maturità né sapore e non tarderanno a guastarsi; avremo sapientoni in tenera età e bambini vecchi decrepiti. L'infanzia ha modi di vedere, di pensare, di sentire esclusivamente suoi; nulla è più stolto che pretendere di sostituirli coi nostri.

Trattate l'allievo secondo la sua età. Collocatelo innanzi tutto nella sua reale condizione e in quella costantemente mantenetelo, finché non si senta più tentato di evaderne. Così, prima ancora di sapere che cosa sia la saggezza, ne metterà in pratica il più importante precetto. Non comandategli mai nulla, per nessuna ragione al mondo: assolutamente nulla.
Oserò qui esporre che cosa prescriva la più grande, la più importante, la più preziosa regola di tutta l'educazione? Non di guadagnar tempo, ma di perderne!
La prima educazione deve essere dunque puramente negativa. Non consiste affatto nell'insegnare la virtù o la verità, ma nel tutelare il cuore dal vizio e la mente dall'errore. Se poteste non far nulla e nulla lasciar fare agli altri, se poteste condurre il vostro allievo sano e robusto all'età di dodici anni, senza che sappia distinguere la mano destra dalla sinistra, fin dalle vostre prime lezioni gli occhi del suo intelletto si schiuderebbero alla ragione; senza pregiudizi, senza abitudini, nulla vi sarebbe in lui che possa contrastare l'effetto della vostra opera. Ben presto diverrebbe tra le vostre mani il più saggio degli uomini e così, cominciando col non far nulla, avreste realizzato un miracolo di educazione»