Di Redazione su Mercoledì, 18 Maggio 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Investigatore per controllare i dipendenti, sentenza Cassazione

Su questa discussa questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con Sentenza n. 9749 del 2016, facendo chiarezza in merito.
I Supremi Giudici nel caso de quo, che riguardava il licenziamento intimato ad un lavoratore sull´assunto che, nelle ore in cui aveva fruito di permessi ex lege n. 104 del 1992 concessi per l´assistenza alla suocera disabile, si era invece più volte recato ad effettuare lavori in alcuni terreni di sua proprietà, sono stati chiamati a fornire chiarimenti sulla liceità o meno del controllo effettuato dell´agenzia investigativa cui era stato sottoposto il dipendente, ossia se il conferimento di un tale incarico da parte datoriale violasse o meno l´art. 4 della l. n. 300 del 1970 in quanto oggetto delle contestazioni disciplinari non erano comportamenti tenuti dal lavoratore nel corso dello svolgimento delle sue prestazioni lavorative.
Gli Ermellini hanno così ribadito, in ordine alla portata delle disposizioni (L. n. 300 del 1970, artt. 2 e 3) che delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi - e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell´attività lavorativa (art. 3) - che esse non precludono il potere dell´imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (quale, nella specie, un´agenzia investigativa) diversi dalla guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né, rispettivamente, di controllare l´adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica.
Ciò non esclude che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un´agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, né l´adempimento, né l´inadempimento dell´obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l´inadempimento stesso riconducibile, come l´adempimento, all´attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell´obbligazione (cfr., in tali termini, n. 9167 del 2003).
Tale principio è stato ribadito ulteriormente, affermandosi che le dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell´attività lavorativa vera e propria, riservata, dall´art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, restando giustificato l´intervento in questione non solo per l´avvenuta perpetrazione di illeciti e l´esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione .
Né a ciò ostano sia il principio di buona fede sia il divieto di cui all´art. 4 dello Statuto dei lavoratori, ben potendo il datore di lavoro decidere autonomamente come e quando compiere il controllo, anche occulto, ed essendo il prestatore d´opera tenuto ad operare diligentemente per tutto il corso del rapporto di lavoro.
Il ricorso non ha dunque trovato accoglimento.
SEntenza allegata.
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