Di Redazione su Venerdì, 22 Maggio 2020
Categoria: Storie di legalità e resistenza

Io lo ricordo così". Un collega e quei momenti con Falcone: "Si preoccupava per il nostro amore per lui".

Michele Emiliano ricorda nella sua bacheca facebook Giovanni Falcone:

"Questo bellissimo bambino è Giovanni Falcone, una bella persona e un grande magistrato che ho avuto l'onore di conoscere quando ero alla Procura della Repubblica di Agrigento. 
Mi mancano molto la sua intelligenza e il suo affetto. 
L'ho visto l'ultima volta a Velletri in una riunione di magistrati durante la quale appresi da mia moglie che eravamo in attesa del nostro primo figlio. 
E come accade in questi casi la notizia si diffuse e tutti i miei colleghi non mancarono di farmi gli auguri. Giovanni Falcone fece lo stesso e poi mi chiese: "che nome gli darai?" Gli risposi:"Giovanni". 
Mi guardó stupito, quasi schernendosi. Lo tranquillizzai dicendogli che mio padre si chiamava come lui e che per questo gli avrei dato il suo nome. 
Mi sembró sollevato dalla mia precisazione.
Giovanni non aveva figli e questo evidentemente per evitare sofferenze alle persone amate. Sembrava preoccupato persino dell'amore che avevamo per lui noi giovani magistrati, temeva la nostra possibile sofferenza.
Sapeva bene qual era il destino che lo attendeva.
Sua moglie rimase accanto a lui sempre come fecero anche Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo (entrambi pugliesi non dimenticatelo) e Vito Schifani. 
Assieme agli altri agenti della sua scorta e all'autista che nessuno ricorda solo perché sono sopravvissuti.
Il numero 23 è il mio numero fortunato, è il giorno della mia nascita, era il mio numero di matricola al concorso di magistratura (2300) e il numero di Materazzi autore di un goal nella finale della coppa del mondo a Berlino. Persino il mio numero di casa per quasi dieci anni.
Ma è soprattutto il numero di Giovanni, Francesca, Antonio, Rocco e Vito. 

 Quel giorno per farmi smettere di piangere davanti alla televisione, mia moglie Elena non seppe fare altro che mettermi in braccio, quasi di forza, mio figlio Giovanni nato a luglio dell'anno precedente.
Ancora adesso l'abbraccio di quel bambino paffuto e bellissimo me lo ricordo fuso con quello dei tre Giovanni più importanti della mia vita.
Mio Padre, mio Figlio e lui, il mio supereroe degli anni dell'università, ucciso a tradimento da vigliacchi senza onore.
È grazie anche a loro che custodisco dentro di me l'amore per la vita e per il mio Paese, le regole e i sogni quotidiani, la rabbia mite e indomita che mi da la forza per continuare a combattere senza tregua e senza quartiere contro il male.
Chissà come sarebbe stato bello far conoscere a Giovanni Falcone, che oggi avrebbe 80anni, mio Padre e mio Figlio. Chissà quante altre cose mi avrebbe insegnato e ispirato. Chissà cosa sarebbe stata l'Italia se non fosse morto in quel modo e prima del tempo.
Domande simili a quelle che mi faccio per una morte analoga alla sua, quella di Aldo Moro e della sua scorta.
Due degli atti terroristici che hanno reso più debole l'Italia.
Ma il nostro destino è sempre lo stesso, come quando soffiava il vento e infuriava la tempesta della Resistenza.
Scarpe rotte e pur bisogna andar!"