Di Redazione su Mercoledì, 16 Marzo 2016
Categoria: Giurisprudenza TAR

Insindacabile nel merito dal Giudice ordinanza a presidio della pubblica incolumità

Lo ha stabilito il T.A.R. dell´Umbria, Sede di Perugia, Sezione I, con sentenza 26/01/2016, n. 51.
Il giudizio aveva preso le mosse dall´ordinanza con cui un Comune, dietro specifica segnalazione di ARPA Umbria, aveva disposto nei confronti della società ricorrente, ai sensi dell´art. 54 del T.U.E.L. 267/2000 la sospensione dell´attività di raccolta e deposito di biomasse vegetali essendo la stessa sprovvista della autorizzazione alle emissioni in atmosfera; e dalla successiva ordinanza con cui era stata disposta la rimozione e l´avvio al recupero o allo smaltimento del suddetto materiale in quanto da considerarsi alla stregua di rifiuto collocato all´interno di deposito incontrollato.
Rigettando le sei censure mosse dalla ditta ricorrente agli atti impugnati, il Tar, dichiarando infondata la prima di esse, ha ribadito che per giurisprudenza pressoché costante (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 16 marzo 2015, n. 729; Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968) l´emanazione di un´ordinanza contingibile ed urgente a presidio della incolumità e della sicurezza dei cittadini rientra nella sfera di merito dell´azione amministrativa, non risultando in quanto tale sottoposta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo ove non segnata da manifesta illogicità, arbitrarietà e irragionevolezza, oltre che da macroscopico travisamento dei fatti.
Pertanto, non avendo la società ricorrente sollevato, al riguardo, alcun vizio di questo tipo e di questo tenore, tale censura è stata rigettata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l´ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 332 del 2015, proposto da:

V. S.r.l., G.P., L.C., T.F., rappresentati e difesi dall´avv. Mirco Ricci, presso il cui studio in Perugia, Via Cesare Beccaria n. 11, sono elettivamente domiciliati;

contro

Comune di Deruta, rappresentato e difeso dall´avv. Giuseppe Caforio, presso il cui studio in Perugia, Via del Sole n. 8, è elettivamente domiciliato;

A.R.P.A. Umbria, rappresentata e difesa dall´avv. Giovanni Tarantini, presso il cui studio in Perugia, Via XIV Settembre n. 69, è elettivamente domiciliata;

nei confronti di

Soc. F.A. di M.G. & C., non costituita;

per l´annullamento

dell´ordinanza sindacale n. 12 in data 11 marzo 2015, con cui il Sindaco del Comune di Deruta ha ordinato la cessazione immediata dell´attività di raccolta, stoccaggio e cippatura di biomasse vegetali presso lo stabilimento sito in Località Pantanelli, Frazione di San Nicolò di Celle, Deruta; della nota diffida prot. n. (...) del 16/03/2015 del Corpo Polizia Municipale del Comune di Deruta;dell´ordinanza n. 17 del 30 aprile 2015, con cui il Sindaco del Comune di Deruta ordinava di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell´art. 192, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006; della nota di Arpa Umbria - Distretto di Todi Marsciano del 5/03/2015 - 0004492; di ogni altro atto comunque connesso e/o conseguente, precedente o successivo, anche non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Deruta e di A.R.P.A. Umbria;

Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ordinanza n. 12 in data 11 marzo 2015 il Comune di Deruta, dietro specifica segnalazione di ARPA Umbria, disponeva nei confronti della società ricorrente, ai sensi dell´art. 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000, TUEL) la sospensione dell´attività di raccolta, deposito e cippatura di biomasse vegetali in quanto la stessa era sprovvista della autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista, per detti stabilimenti, ai sensi dell´art. 269 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (codice ambiente).

Con successiva ordinanza n. 17 del 30 aprile 2015, adottata ai sensi dell´art. 192 dello stesso codice ambientale, veniva poi disposta la rimozione nonché l´avvio al recupero o allo smaltimento del suddetto materiale (biomasse vegetali) in quanto da considerare alla stregua di rifiuto collocato all´interno di deposito incontrollato.

Tali provvedimenti venivano impugnati per i motivi di seguito sintetizzati: a) con particolare riferimento all´ordinanza di sospensione dell´attività (n. 12 in data 11 marzo 2015), violazione artt. 50 e 54 del TUEL, nonché difetto di motivazione, in quanto non sarebbe stata sufficientemente esplicitata una situazione di pericolo effettivo ed imminente per la salute pubblica; b) eccesso di potere per difetto di istruttoria nella parte in cui l´amministrazione comunale avrebbe disposto i predetti ordini, rispettivamente di sospensione e rimozione, senza tuttavia operare una valutazione approfondita ed ulteriore rispetto a quanto segnalato da ARPA Umbria circa la pericolosità dell´attività esercitata in assenza di autorizzazione ambientale nonché circa il deposito incontrollato di taluni materiali; c) violazione art. 54 TUEL e art. 192 codice ambiente nella parte in cui l´amministrazione avrebbe incongruamente sovrapposto i due rispettivi strumenti normativi; d) violazione delle garanzie partecipative di cui all´art. 7 della L. n. 241 del 1990; e) con particolare riferimento alla ordinanza di rimozione e ripristino ex art. 192 del codice dell´ambiente: violazione dell´art. 184-bis del suddetto codice nella parte in cui l´amministrazione non avrebbe considerato che il materiale depositato è un sottoprodotto e non un rifiuto; violazione dell´art. 185 dello stesso codice nella parte in cui l´amministrazione non avrebbe comunque valutato che siffatto materiale (sfalci e potature) sarebbe in ogni caso escluso dalla nozione di rifiuto; f) violazione dell´art. 272 codice ambiente in quanto l´amministrazione comunale non si sarebbe avveduta dello scarso impatto delle emissioni comunque prodotte dall´impianto in questione.

Si costituivano in giudizio l´amministrazione comunale e quella ambientale (ARPA Umbria), entrambe per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che formeranno più avanti oggetto di specifica trattazione.

Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2015 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

Tutto ciò premesso si osserva in sintesi che:

1) per giurisprudenza pressoché costante (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 16 marzo 2015, n. 729; Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968) l´emanazione di un´ordinanza contingibile ed urgente a presidio della incolumità e della sicurezza dei cittadini rientra nella sfera di merito dell´azione amministrativa, non risultando in quanto tale sottoposta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo ove non segnata da manifesta illogicità, arbitrarietà e irragionevolezza, oltre che da macroscopico travisamento dei fatti. Non avendo la società ricorrente sollevato, al riguardo, alcun vizio di questo tipo e di questo tenore, la censura sub a) deve di conseguenza essere rigettata;

2) non sussiste il difetto di istruttoria dal momento che l´amministrazione comunale si è opportunamente e legittimamente attestata sugli approfonditi e pertinenti apprezzamenti tecnico-discrezionali operati al riguardo da ARPA Umbria, organo deputato per legge a svolgere questo genere di analisi (cfr. legge Regione Umbria n. 11 del 2009). Né d´altra parte si potrebbe imporre all´amministrazione comunale, come invocato dalla società ricorrente, di effettuare al riguardo proprie ulteriori ed autonome valutazioni, risultando una siffatta impostazione contraria, oltre che al principio di divieto di aggravio del procedimento, anche ai più recenti orientamenti legislativi che impongono di snellire l´azione amministrativa con riferimento, altresì, ai giudizi di natura tecnico-scientifica quali quelli di specie. La censura sub b) va dunque disattesa;

3) anche la censura sub c) va respinta in quanto l´amministrazione comunale ha correttamente utilizzato il potere attribuitole dalle due disposizioni rispettivamente contenute nell´art. 54, comma 4, del TUEL (nella parte in cui ha ritenuto di sospendere l´attività di deposito e stoccaggio, in assenza di prescritta autorizzazione ambientale, al fine di salvaguardare la pubblica incolumità) e nell´art. 192 del codice ambiente, onde rimuovere il materiale ivi depositato senza la necessaria ridetta autorizzazione. In altre parole con la prima ordinanza (ex art. 54 TUEL) si incide sull´esercizio dell´attività illegittimamente svolta, mentre con la seconda ordinanza (ex art. 192 codice ambiente) si interviene sull´oggetto di siffatta attività inautorizzata: di qui l´assenza della denunziata sovrapposizione ma, anzi, l´applicazione puntuale e coordinata dei due strumenti normativi posti in capo all´organo di vertice politico-amministrativo dell´ente locale;

4) quanto alla omessa comunicazione di avvio del procedimento sussistono, sulla base delle difese svolte in giudizio dalle amministrazioni resistenti (le quali saranno più avanti attentamente vagliate), i presupposti discriminanti di cui all´art. 21-octies, comma 2, ult. per., della L. n. 241 del 1990. Con ogni conseguenza in ordine al rigetto della relativa censura;

5) quanto alla lamentata violazione dell´art. 184-bis del codice ambiente parte ricorrente non fornisce adeguata dimostrazione (mediante contratti, note di impegno, minute di accordo, etc.) circa il fatto che il materiale depositato sia inequivocabilmente destinato a formare parte integrante di un determinato e successivo processo produttivo (condizione questa da ritenere essenziale al fine di poter ritenere il materiale alla stregua di sottoprodotto e non di rifiuto, secondo la definizione contenuta nella richiamata disposizione codicistica). Al riguardo sono stati infatti prodotti (all. n. 6 del ricorso introduttivo) soltanto contratti tra la società ricorrente ed alcuni fornitori di potature e scarti vegetali (fornitura "a monte"), non anche tra la società stessa ed eventuali soggetti utilizzatori del materiale stesso (fornitura "a valle", es. impianti di energia elettrica a biomasse). Non viene in altre parole raggiunto quel grado di certezza, circa la successiva utilizzazione del materiale a fini produttivi, che è una delle condizioni richieste a pena di esclusione dall´art. 184-bis, comma 1, lettera b) del codice ambiente. Quanto, invece, alla lamentata violazione dell´art. 185 del codice ambiente, ARPA Umbria ha sufficientemente dimostrato che solo una parte del materiale rinvenuto nel suddetto deposito può essere classificato alla stregua di sfalci e potature, ossia proveniente da attività agricola o forestale, senza che sul punto la società ricorrente abbia mosso alcuna contestazione specifica in punto di fatto. Con ogni conseguenza in ordine alla applicazione dell´art. 64, comma 2, c.p.a. Per le ragioni appena esposte anche la censura sub e) non può dunque trovare ingresso;

6) la censura sub f) deve invece essere dichiarata inammissibile in quanto palesemente generica, non avendo la società ricorrente fornito il benché minimo principio di prova (dati, analisi, etc.) circa la ritenuta esiguità delle emissioni prodotte dall´impianto.

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l´Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite, da liquidarsi nella complessiva somma di Euro 2.000,00 (duemila), oltre IVA e CPA, e da ripartire in parti eguali tra le due amministrazioni costituite nel presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l´intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Massimo Santini, Primo Referendario, Estensore