Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 13 Febbraio 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Infortunio sul lavoro, SC: “Datore di lavoro non responsabile se l’attrezzatura viene manomessa”

Con la pronuncia n. 54813/2018, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, esaminando i profili penali di un infortunio sul lavoro cagionato dalla manomissione, ad opera dei lavoratori, di un attrezzo da lavoro, ha assolto il datore di lavoro accusato di omicidio colposo per violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, posto che "è interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso".

I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un delegato con procura speciale e funzione di datore di lavoro, incolpato – a seguito del decesso di un suo dipendente – di omicidio colposo per violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare, per non avere ottemperato ai suoi doveri di formazione ed informazione relativamente alle attrezzature presenti sul luogo di lavoro.

In particolare, il giorno dell'incidente – in occasione di alcuni lavori da eseguire per il raddoppio dei binari ferroviari – il lavoratore poi deceduto aveva ricevuto l'ordine dal suo superiore capocantiere di caricare una trivella perforatrice su un autoarticolato, di proprietà di altra ditta, cui era agganciato un pianale. Nella fase di abbassamento delle rampe del pianale si verificava un'avaria sicché l'operaio – su suggerimento del conducente dell'autoarticolato – provvedeva in modo fortunoso e improvvisato, facendo pressione sulle rampe stesse, riuscendo comunque a caricare la trivella sul pianale. Una volta trasportata la trivella nel luogo stabilito, al momento di scaricarla, le rampe venivano liberate una alla volta del gancio di sicurezza, ma al momento di sganciare la rampa destra, quest'ultima andava ad abbattersi sull'operaio che rimaneva ucciso. 

 Sia il Tribunale che la Corte d'appello di Reggio Calabria condannavano il datore di lavoro delegato, giudicando irrilevante ai fini degli obblighi informativi e formativi il fatto che l'autoarticolato fornito per il trasporto della trivella fosse di proprietà di altra ditta: sul punto, i giudicanti sostenevano che non doveva ritenersi imprevedibile la circostanza per cui gli operai addetti alla trivellapotessero trovarsi a dover cooperare con l'autista dell'autoarticolato per risolvere difficoltà nell'esecuzione delle manovre.

Ricorrendo in Cassazione, l'imputato censurava la sentenza nella parte in cui imputava allo stesso la responsabilità, sebbene non fosse il titolare della ditta proprietaria dell'autoarticolato: secondo il ricorrente, infatti, i doveri formativi e informativi potevano riguardare solo ed esclusivamente le attrezzature di proprietà della società che rappresentava, ma non anche quelle di proprietà di terzi, quale proprio il mezzo di trasporto la cui manomissione aveva causato l'infortunio.

In secondo luogo deduceva come siffatta manomissione fosse avvenuta per una del tutto anomala manovra eseguita sulle rampe, sicché tale manovra eccezionale avrebbe di fatto eliso qualsiasi responsabilità.

La Cassazione condivide le doglianze formulate nel ricorso.

In punto di diritto la Corte ricorda che, per pacifica giurisprudenza, il datore di lavoro, quale garante della sicurezza dei lavoratori, è tenuto a renderli edotti in ordine ai rischi specifici cui sono esposti e a fornir loro adeguata formazione in relazione alle mansioni cui sono assegnati.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini si domandano se permanga, in capo all'imputato, una posizione di garanzia in relazione agli obblighi di formazione e di informazione con riferimento a rischi connessi alla cooperazione dei lavoratori con soggetti terzi, nell'impiego di un mezzo appartenente ad altra ditta e dotato di rampe il cui funzionamento si dimostrava già precario.

Sul punto, secondo la Corte, quandanche si ravvisasse l'esistenza di una siffatta posizione di garanzia allargata, ad ogni modo non sarebbero ravvisabili gli altri profili della colpa e, più in particolare, l'evitabilità e la prevedibilità.

Difatti, anche se l'imputato avesse attuato il comportamento alternativo doveroso - ossia l'ottemperanza all'obbligo formativo e informativo – siffatto comportamento non sarebbe stato, nel caso di specie, salvifico, in quanto l'infortunio, in concreto, non si è realizzato per una mancanza di informazioni su come utilizzare quel macchinario, bensì per la manomissione dello stesso avvenuta a seguito della manovra errata del lavoratore che voleva riparare la rampa.

Siffatta manovra incide anche sul profilo della prevedibilità dell'accaduto, posto che siffatte manovre sono state inquadrate come un'operazione di manomissione così anomala che fuoriusciva del tutto dalle condotte che ci si poteva attendere dai lavoratori.

Sul punto, secondo il pacifico insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso; tale comportamento è interruttivo perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.

Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come siffatta operazione di manomissione, fuoriuscendo del tutto dalle condotte che ci si poteva attendere dai lavoratori, integrava un'ipotesi di comportamento eccezionale, abnorme ed esorbitante idoneo a interrompere il nesso di causalità in quanto causa sopravvenuta idonea da sola a determinare l'evento.

In conclusione la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza di condanna. 

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