Di Redazione su Giovedì, 31 Marzo 2016
Categoria: Legalità

Imprenditore denuncia ´ndranghetisti, deve loro 600mila euro

"Sono pronto a gesti estremi se mi venisse pignorato tutto quello che ho per darlo a personaggi criminali che sono stati condannati e sono in carcere". A dirlo è Mauro Esposito, un imprenditore torinese, caduto nel 2009 nelle maglie di una associazione ´ndranghetista e che rischia di perdere il suo patrimonio perché ora due sentenze civili danno torto alla Me Studio Srl, di cui è titolare.
L´ultima sentenza è di pochi giorni fa: la Corte d´Appello di Torino, in sede civile, ha infatti confermato il divieto per le società di capitali di ingegneria ed architettura di svolgere attività per soggetti privati, ribadendo, come già affermato dai giudici di primo grado, la nullità dei contratti di progettazione che la Me Studio aveva sottoscritto nel 2006 e prevedendo l´obbligo di restituire i compensi percepiti. In sostanza, tra quello che deve restituire, interessi e spese processuali, Esposito dovrebbe rendere tra le 500 e le 600 mila euro. I giudici d´Appello, così come quelli di primo grado, hanno fatto riferimento ad una legge emanata in epoca fascista che è rimasta in vigore fino al 2011 e solo in quella data abrogata, senza efficacia retroattiva. "Intendo urlare a gran voce che la legge di Mussolini è stata abrogata nel 1997 dall´allora ministro Bersani - dice l´imprenditore - anche perché se fosse vero quello che dicono i giudici torinesi vi sarebbero 6.000 aziende fuori legge in Italia ma fortunatamente questa posizione è unica e mai confermata da altri giudici".
Già dopo la prima sentenza, Esposito è stato costretto a cedere una società di ingegneria che aveva costituito in Oman, con la perdita di 50 posti di lavoro e un fatturato di 12 milioni, una apertura programmata a Dubai e commissioni di lavoro. Nel frattempo all´imprenditore, che aveva denunciato l´associazione criminale, è stata riconosciuta dalla Procura la possibilità di accedere al Fondo istituito per chi è vittima di racket e usura. Nei giorni scorsi però la Corte d´appello di Torino ha ribadito quanto già affermato dai giudici di primo grado, facendo riferimento ad una legge emanata in epoca fascista e definitivamente abrogata solo nel 2011.
"Non mi permetto di commentare le sentenze ma è evidente che siamo di fronte ad un paradosso che rischia di non favorire l´invito a denunciare", commenta il senatore torinese Stefano Esposito, Pd, componente della Commissione parlamentare antimafia. "Mi auguro, conoscendo la serietà dei magistrati torinesi, che all´imprenditore venga applicato l´articolo 20 che prevede la sospensione dell´esecuzione delle sentenze per i testimoni di giustizia". "C´è un tema - aggiunge il senatore - che riguarda la politica: ci troviamo a volte davanti ad aziende che sono parte civile in processi contro la criminalità e a cui poi vengono applicate le interdittive antimafia. Bisogna decidere se prevale o meno la giustizia penale. Serve una norma: laddove c´è una indagine penale, di questa va tenuto conto a livello civile e amministrativo, altrimenti è schizofrenia pura". "E´ sconcertante la sentenza di Appello nella vicenda dell´imprenditore Mauro Esposito. Il rispetto per la magistratura non mi impedisce di manifestare perché questo appello in sede civile è uno schiaffo al lavoro fatto in sede penale", commenta anche il deputato torinese Pd Davide Mattiello.

Fonte: Ansa