Con la sentenza n. 5312/2020, il Tar Napoli, ha confermato la legittimità di un provvedimento con cui si disponeva l'acquisizione di talune opere al patrimonio indisponibile del Comune, respingendo le eccezioni dei proprietari che rilevavano la loro carenza di legittimazione passiva, atteso che essi non avevano commesso l'abuso contestato.
Si è difatti precisato che "chi acquista un immobile su cui insistono opere abusive, lo acquista nella obiettiva situazione di precarietà in cui si trova e con i connessi oneri, quali la demolizione e/o la riduzione in pristino stato, dai quali è gravato a cagione ed in ragione del suo stato di bene costruito illecitamente, non sanabile né dal tempo né dalla buona fede, sicché anche sull'acquirente ricadono i connessi oneri dai quali l'immobile è gravato".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio con la realizzazione, in assenza del permesso di costruire, di una struttura in legno di circa 150 mq., composta da tettoia con pilastri, chiusa perimetralmente da muretto parapetto sormontato da infissi in alluminio e vetri.
Considerata l'assenza del titolo abilitativo, il Comune di Napoli ingiungeva ai proprietari la demolizione, ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 e, stante la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, disponeva l'acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune.
Ricorrendo al Tar al fine di avversare il provvedimento con cui si disponeva l'acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune, i proprietari eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva rispetto all'ordine di acquisizione al patrimonio comunale delle opere, per non essere stati autori dell'abuso edilizio in questione.
Il Tar non condivide la posizione dei ricorrenti.
Il Collegio ricorda che l'acquisizione gratuita, quale sanzione autonoma conseguente all'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, non affranca da responsabilità il proprietario dell'area qualora risulti che egli abbia acquistato o riacquistato la disponibilità del bene e non si sia attivato per dare esecuzione all'ordine di demolizione, o qualora emerga che, pur essendo in grado di dare esecuzione all'ingiunzione, non vi abbia comunque provveduto.
Sul punto, infatti, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che l'abusività di un fabbricato costituisce una caratteristica che pertiene all'immobile e che lo connota a prescindere dalla posizione psicologica soggettiva del proprietario (o dell'avente causa dal soggetto che ha commesso l'illecito edilizio).
Ne deriva che chi acquista un immobile su cui insistono opere abusive, lo acquista nella obiettiva situazione di precarietà in cui si trova e con i connessi oneri, quali la demolizione e/o la riduzione in pristino, dai quali è gravato a cagione ed in ragione del suo stato di bene costruito illecitamente, non sanabile né dal tempo né dalla buona fede, sicché anche sull'acquirente ricadono i connessi oneri dai quali l'immobile è gravato.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come le opere erano state realizzate in mancanza di titolo edificatorio e in violazione delle prescrizioni urbanistiche vigenti per l'area interessata, sicché legittimamente erano stati disposti l'ordine di demolizione e, a seguito della mancata esecuzione all'ordine di demolizione, il provvedimento con cui si disponeva l'acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune.
Quest'ultimo provvedimento del tutto correttamente è stato emesso nei confronti dei nuovi proprietari dell'immobile, stante la sua natura dichiarativa di un effetto già automaticamente prodottosi rispetto al bene interessato dall'illecito edilizio.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso con condanna della parte ricorrente alla refusione delle spese di lite.