Di Redazione su Martedì, 21 Novembre 2017
Categoria: Interventi e Opinioni

Il principio di autosufficienza mostra la corda: in Parlamento un DDL per cambiare le carte in tavola, mentre si attendono le SS.UU.

Un principio sulla carta giusto, quello affermato alcuni mesi fa dalla prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione in tema di autosufficienza nella assegnazione dell´assegno di divorzio, ma che, nella concreta prassi di ogni giorno, sta creando numerosi problemi, mostrando tutti i suoi limiti. Ciò è quanto, per esempio, accade nel caso di coppie in cui una delle parti, quasi sempre la donna, ha rinunciato alla propria crescita professionale e ad una utile attività lavorativa per dedicarsi al lavoro domestico, potendo contare anche sulle fortune economiche del coniuge. Ma i limiti di questa interpretazione sono anche riferiti al principio della retroattività che, trattandosi di materia interpretativa, sta conducendo i giudici, come accaduto da ultimo nella vicenda Berlusconi-Lario, a ordinare la restituzione di quanto indebitamente pagato. Nell´articolo che proponiamo, scritto da Carlo rimini, i due ultimi interventi per poter riportare ad equità la materia.

Forse non è finita qui. La vicenda di cui si è occupata la Corte d´Appello di Milano riguarda persone di grande notorietà e straordinaria ricchezza. Ma i giudici milanesi non hanno fatto altro che seguire la stessa interpretazione della legge sul divorzio che ormai da qualche mese - dopo una sentenza della Cassazione del maggio scorso - è applicata in ogni causa, lontano dai riflettori.

Il parametro per il riconoscimento dell´assegno di divorzio non è più il tenore di vita matrimoniale, ma l´autosufficienza economica del coniuge più debole e questa non va valutata in relazione ai redditi e alle sostanze dell´altro coniuge. Chi ha un reddito o un patrimonio che consente di vivere dignitosamente perde il diritto all´assegno divorzile anche se i redditi e le sostanze dell´altro sono molto più rilevanti. La decisione di ieri si colloca quindi nel solco di ciò che da qualche mese avviene in tutte le cause di divorzio.
La vicenda può quindi considerarsi definitivamente chiusa? Non è detto. La decisione della Cassazione che ha rivoluzionato una giurisprudenza consolidata da oltre un quarto di secolo non è stata accolta con un consenso unanime. Certamente con favore è stata recepita l´eliminazione del diritto del coniuge debole a mantenere sempre e comunque il tenore di vita matrimoniale dopo il divorzio, ma molti commentatori hanno affermato la necessità di distinguere a seconda dell´impegno che il coniuge debole ha profuso a favore delle esigenze familiari e dell´entità delle rinunce fatte per la crescita dei figli. Colui (o, più frequentemente colei) che ha sacrificato la propria vita e le proprie aspirazioni lavorative per dedicarsi alla famiglia e ai figli deve ricevere un adeguato compenso per le rinunce fatte.
Nei mesi scorsi, immediatamente dopo la rivoluzionaria sentenza della Cassazione, è stato presentato un disegno di legge che modificherebbe la legge sul divorzio proprio per affermare che l´assegno divorzile non ha una finalità assistenziale ma solo una finalità compensativa dei sacrifici fatti. È tuttavia improbabile che, nel poco tempo che ci separa dalla fine della legislatura, il Parlamento riesca ad approvare la nuova legge. Nei giorni scorsi però, sempre lontano dai riflettori, è accaduto un altro fatto forse destinato a riaprire la discussione: la questione della interpretazione della legge vigente è stata portata alle Sezioni Unite della Cassazione. La sentenza rivoluzionaria di maggio è stata pronunciata dalla Prima Sezione. Ora invece saranno le Sezioni Unite a decidere quali sono i parametri per il riconoscimento dell´assegno di divorzio e questa decisione è destinata a prevalere su quella della Prima Sezione. È possibile che le Sezioni Unite sostengano, a questo punto definitivamente, la stessa tesi affermata a maggio, ma è possibile che percorrano una strada alternativa che si applicherebbe a tutte le vicende non ancora definitive, compresa quella decisa ieri a Milano. Staremo a vedere: la questione riguarda moltissime persone comuni.
Fonte: La Stampa, 16/11/2017