L´ autorizzazione rilasciata agli stranieri non comunitari per poter vivere in Italia, comunemente chiamata "permesso di soggiorno", può essere rilasciata per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, anche ai minori extracomunitari non accompagnati affidati ai sensi dell´art. 2, l. 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all´art. 33, t.u. ovvero ai minori stranieri non accompagnati, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile.
Da chi è formata questa categoria di persone. I minori stranieri non accompagnati sono minori stranieri presenti sul territorio nazionale senza persone adulte (genitori, parenti, tutori o affidatari).
La normativa prevede per questi minori la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno fino al compimento della maggiore età. Poi, al compimento del diciottesimo anno, la legge italiana pretende per la conversione del titolo di soggiorno una presenza ufficiale in Italia da almeno tre anni e per chi non ha tali requisiti si apre la strada della clandestinità.
Sulla base dell´interpretazione della normativa di riferimento con la sentenza in commento, il Tribunale Amministrativo Regionale per l´Abruzzo - sezione staccata di Pescara - ha rigettato il ricorso presentato da un cittadino albanese che aveva mpugnato il diniego espresso sull´istanza di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per lavoro subordinato, presentata al raggiungimento della maggiore età.
Secondo il Tar, Il rigetto del ricorso era obbligato con riferimento all´art. 32, comma 1 bis, d.lgs. 286/1998 e in particolare all´assenza, in capo al ricorrente, dei requisiti della presenza sul territorio nazionale da almeno tre anni e dell´ammissione, per un periodo non inferiore a due anni, a progetto di integrazione civile e sociale.
Il ricorrente aveva sostenuto l´inapplicabilità alla fattispecie della predetta disposizione, ritenendo che egli non si trovasse nella condizione di "minore non accompagnato" , essendo stato affidato, dai genitori al cognato, regolarmente soggiornante.
Si sarebbe trattato quindi di affidamento in via di fatto, e quindi di titolo che consentirebbe la richiesta conversione ai sensi del primo comma dell´art. 32 cit., in quanto idoneo a determinare il venir meno dello stato di minore non accompagnato.
Di contrario avviso il Tar. Quanto all´affidamento "di fatto", l´affidamento a congiunto entro il quarto grado fa venir meno per il minore la situazione di "non accompagnato" anche in assenza di un provvedimento formale, visto che la disposizione non prevede per tali soggetti l´obbligo di segnalazione, e quindi l´adozione dei conseguenti provvedimenti. Secondo il Tribunale si trattava, tuttavia, di fattispecie estranea alla situazione del cittadino libanese.
Il diniego è stato quindi fondato sulla considerazione che il ricorrente era da ritenere "minore non accompagnato", e quindi avente titolo al rilascio di permesso di soggiorno per lavoro solo qualora fossero stati soddisfatti i requisiti previsti dalla normativa.
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