Riferimenti normativi: Art.15, comma 2 -sexies, D.Lgs.n.546/1992
Focus: L'ente pubblico impositore chiamato in giudizio dal contribuente può chiedere la condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese legali in caso di sentenza favorevole all'Amministrazione? Sulla questione si sono susseguiti diversi orientamenti della Corte Suprema.
Principi generali: Nel processo tributario la Pubblica Amministrazione, a differenza del contribuente, non è obbligata ad avvalersi di assistenza tecnica nelle controversie. L'art.11, commi 2 e 3, del D. Lgs. n. 546/1992, in particolare, dispone che gli enti impositori ed agenti della riscossione possono stare in giudizio direttamente, trattandosi di funzione pubblica non delegabile, senza obbligo di un difensore esterno abilitato, cioè di un libero professionista iscritto in apposito albo o dell'Avvocatura di Stato. Il ricorso ad un difensore esterno è, comunque, una facoltà a cui può ricorrere l'Amministrazione, infatti, la Corte di Cassazione ha riconosciuto all'Agenzia della Riscossione di poter conferire la procura all'Avvocatura o avvocato del libero foro (Cass. SS.UU. sent. n. 30008/2019, e sentt. n. 31917/2022 n. 24245/2021).
Il disposto della norma suddetta ha la sua ragion d'essere in evidenti ragioni di speditezza e di economia di spesa non solo per la pubblica amministrazione ma anche per lo stesso contribuente a cui, secondo un orientamento della Corte di Cassazione, non è imputabile la condanna per spese legali nei confronti dell'ente impositore che si presenta in giudizio delegando un funzionario a rappresentarlo. La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte circa l'irripetibilità delle spese per diritti ed onorario a favore della pubblica amministrazione ed ha confermato che quando la stessa sta in giudizio a mezzo di proprio funzionario le spetta unicamente il rimborso delle spese vive, con esclusione delle competenze e degli onorari di procuratore di avvocato (Cassazione n. 1445/1994, n. 6454/1988, n. 4610/1987).Ciò in quanto, come si evince da giurisprudenza consolidata e da recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 9900 del 15 aprile 2021, il funzionario amministrativo che rappresenta dinanzi al giudice tributario l'ente di appartenenza non ha le relative qualità di procuratore e di avvocato ma svolge un'attività rientrante nelle proprie mansioni e nell'adempimento dei propri doveri d'ufficio (Cass., 2ª Sezione civile, n. 11389 del 24/05/2011; Cass., Sez. 2, n. 30597 del 20/12/2017; Cass.n.27444/2020).
Secondo altro orientamento della Corte di Cassazione manifestato con l'Ordinanza n.20590 del 19 luglio 2021 è, invece, ammessa la ripetibilità delle spese processuali relative a compensi e diritti a favore della pubblica amministrazione che sta in giudizio con i propri funzionari. Infatti, l'art.15, 2-sexies, D.Lgs.n.546/1992 dispone, in caso di vittoria dell'Amministrazione, che "Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza". A tal proposito, si evidenzia che per ben due volte è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art.15, 2-sexies, D.Lgs.n.546/1992. La Corte Costituzionale, però, non ha potuto esaminarla e risolverla nel merito per riconosciuti rilievi di inammissibilità in quanto la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale ad essa sottoposte è apparsa ipotetica e virtuale (Ordinanze n.292/2010 e n.170/2022).