Di Redazione su Domenica, 29 Settembre 2019
Categoria: I classici della pedagogia

"I miei figli, generati per l'eternità e a me affidati". Johann Pestalozzi, sulla buona madre

Johann Heinrich Pestalozzi (Zurigo, 12 gennaio 1746Brugg, 17 febbraio 1827) è stato un pedagogista e riformista svizzero
Nato a Zurigo da una famiglia di fede protestante, originaria di Chiavenna, quando questa era ancora governata dagli svizzeri, Pestalozzi rimane orfano di padre a soli sei anni di età. Egli, insieme con i suoi fratelli, è allevato dalla madre e dalla governante Bàbeli; questa esperienza segnerà la centralità del ruolo materno nella pedagogia del Pestalozzi. Studia al Collegium Carolinum di Zurigo, nella speranza di intraprendere la carriera ecclesiastica; tuttavia l'influsso della Società Elvetica (fondata nel 1762), cui si è iscritto nel frattempo, lo persuade a lasciare gli studi teologici per dedicarsi a quelli di giurisprudenza.
Si forma a contatto con l'illuminismo, del quale stempera l'astratto intellettualismo attraverso la lettura di Rousseau. L'interesse giovanile per la politica lascia intravedere il forte impegno civile della sua pedagogia: approfondisce le idee di Rousseau, apprende alcune tecniche produttive ed inneggia al tirannicidio. Nello stesso tempo conosce Anne Schulthess, con la quale si sposerà in seguito e con la quale condividerà ogni esperienza. Alcune vicende, tra cui un breve arresto, dissuadono Pestalozzi dall'impegno attivo in politica, mentre matura lui l'idea di progettare un modo per migliorare le condizioni dei lavoratori e addestrarli alla vita professionale.
Egli intende realizzare tale progetto attraverso una riforma agraria ispirata sia ai principi di naturalismo, filantropismo, ottimismo di Rousseau, sia alle teorie fisiocratiche. Nel 1768 fonda con Anne l'azienda agricola di Neuhof. L'esperimento si rivela un'impresa disastrosa a causa di difficoltà economiche e dell'inesperienza dei promotori; altrettanto scarso successo avrà il tentativo di trasformare Neuhof in una colonia per bambini abbandonati. Nonostante gli insuccessi, Pestalozzi resta a Neuhof ancora a lungo, tra la derisione dei concittadini e la stesura di importanti opere. In questo periodo, infatti, medita intorno alle più importanti questioni educative e sociali, come il disinteresse dei governi per la povertà, la crisi della famiglia, la prostituzione, la durezza delle condizioni di lavoro e l'infanticidio.
L'opera più importante di questo periodo è Mie indagini sopra il corso della natura umana nello svolgimento del genere umano, ispirata alle teorie di Kant e di Fichte, che conoscerà personalmente. Nel frattempo è scoppiata la Rivoluzione in Francia, cui Pestalozzi si interessa a tal punto che la Convenzione lo nomina cittadino onorario. L'istituzione della Repubblica elvetica impegna concretamente Pestalozzi: le autorità, infatti, gli affidano la direzione dell'orfanotrofio di Stans, indirizzato agli orfani degli scontri militari e civili. L'avvento della guerra nel 1799 segna la chiusura dell'esperienza di Stans, che influenzerà comunque la teoria del mutuo insegnamento e l'idea del maestro, autorevole e amorevole.
Dopo alcuni anni, segnati dalla malattia e dalla depressione, egli ottiene una cattedra a Burgdorf, qui fonda una scuola nel castello della città con l'aiuto della moglie e di Hermann Krüsi. Grazie alla scuola di Burgdorf le idee pestalozziane ottengono la meritata fama in tutta Europa e in questo clima sereno l'autore può finalmente mettere a punto il suo metodo elementare. Ma nel 1803 il governo di Berna sopprime i finanziamenti per la scuola ed egli si trasferisce a Münchenbuchsee, dove si scontra con l'autoritario direttore Fellemberg. Pestalozzi decide così di trasferirsi nuovamente e fonda una normale scuola-convitto a Yverdon, dove resta dal 1805 e il 1824 tra critiche e successi.
La scuola di Yverdon diventa nota in tutta Europa ed è visitata da personaggi illustri come Fichte, Andrew Bell, Johann Herbart, Madame de Staël, Gino Capponi e Fröbel, che insegnerà qui per un breve periodo. Pestalozzi nel frattempo perfeziona il proprio metodo e pubblica nuove opere che riprendono l'interesse per l'educazione dei poveri. La crisi di Yverdon ha inizio nel 1809, con il rapporto redatto da padre Girard in seguito ad una visita. La crisi prosegue attraverso le gelosie e i contrasti tra i collaboratori del Pestalozzi, il quale matura un sentimento di sfiducia nella capacità formativa della scuola ed esalta invece l'educazione materna, anche attraverso alcune opere.
Le critiche a Yverdon, anche da parte della stampa, sono infiammate dallo spirito della Restaurazione e le autorità decidono di chiudere l'istituto nel 1824. Il pedagogista si ritira a Neuhof, dove si dedica alla sua ultima opera il Canto del cigno, in cui parla della propria vita e delle proprie esperienze educative, in cui elogia quelle maturate a Neuhof, Stans e Burgdof, mentre critica invece quella a Yverdon. Muore un anno dopo aver ultimato la propria opera, amareggiato dalle accuse che ancora gli sono lanciate dell'esperienza di Yverdon.
Massone, fu membro della loggia parigina Contrat social, fondata nel 1776, fu pure membro dell'Ordine degli Illuminati di Baviera con il nome di Alfred.

Pestalozzi introdusse il concetto di educazione del cuore (educazione all'affettività, del sentimento) e educazione familiare (es. Leonardo e Geltrude mostra la centralità nel processo educativo). Per lui, l'ambiente deve essere un ambiente che fa proprie certe caratteristiche dell'educazione familiare e ne era talmente convinto che ha deciso di riproporlo nella vita vera, aprendo degli istituti dove poter accogliere dei giovinetti, e poterli istruire. Per Pestalozzi, l'educazione è una finalità etica, anche perché in quegli anni molti erano i bambini che a causa della guerra restavano orfani del padre, o erano sbandati o abbandonati.
Il pedagogista da questa esperienza giunge a concludere che non esiste solo un'infanzia materialmente abbandonata (senza genitori e senza cibo) ma ne esiste anche una moralmente abbandonata (che nonostante i bambini abbiano chi si prende cura di loro, non sono seguiti e non ricevono un'adeguata proposta educativa) altrettanto pericolosa. Il concetto che ad ogni modo rimane centrale nel pensiero di Pestalozzi è il rapporto strettissimo tra natura ed educazione, è importantissimo che l'educando possa vivere esperienze nel proprio contesto. La caratteristica prima di queste esperienze sarà che esse siano fondate sull'intuizione. 

«3 ottobre 1818
Mio caro Greaves
Il nostro grande intento è lo sviluppo dell'anima infantile, e il nostro grande mezzo l'azione della
madre.
Da ciò nasce, sin dall'inizio delle nostre ricerche, un quesito importante: possiede la madre le facoltà
necessarie all'assolvimento dei doveri e dei compiti, che noi le assegniamo? Mi sento in obbligo di
esaminare a fondo tale questione, e dare possibilmente una risposta decisiva. La prego di fermare la sua attenzione su quest'argomento, essendo io convinto che se le mie opinioni concordano con le sue, Ella consentirà anche nelle conclusioni che io, fondandomi sulla mia esperienza, ne traggo.
Sì! Posso dirlo: la madre ha la capacità, ha ricevuto dal Creatore stesso la capacità di divenir l'agente
più energico dello sviluppo infantile. Già nel suo cuore è spontaneamente radicato il desiderio più
ardente del bene del figlio: e qual forza può esser più attiva, più incalzante dell'amore materno, la forza
più soave e al tempo stesso più imperterrita che si trovi in tutto l'ordine della natura? Sì, la madre è
capace, perché la Provvidenza l'ha fornita delle attitudini che si richiedono per l'assolvimento del suo
compito.E a questo punto mi sembra di dover chiarire quale sia il compito, che io ritengo a lei particolarmente riservato. Ciò che io richiederei da lei, non è affatto cosa, che oltrepassi la sua sfera d'azione, non è un certo grado od ordine di conoscenze, e neppure ciò che comunemente si racchiude nel concetto di coltura "finita"; sebbene ove per caso ella possegga tali conoscenze, verrà il giorno in cui aprirà il suo forziere e ne sceglierà tesori per i suoi figli. Ma nel periodo, di cui ci occupiamo, le conoscenze
acquisite con la più raffinata educazione non le faciliterebbero per nulla il compito: giacché quello che
io desidererei da lei è soltanto - amore pensoso. E' naturale che io ponga come prima condizione
l'amore, che sempre comparirà spontaneamente - soltanto io lo vorrei supporre diversamente e
variamente informato. Tutto ciò io domanderei a una madre, sarebbe che ella facesse operare il suo
amore con la maggior forza possibile, e tuttavia lo regolasse con la riflessione. - E vorrei realmente
pregare una madre, in nome di tutto l'amore che ella alberga in sé per i suoi figli, di dedicare un istante
di calma riflessione alla natura dei suoi doveri.                                                                                                   Non penso già d'introdurla in un'artificiosa disamina: nel labirinto delle ricerche filosofiche potrebbe smarrirsi l'amor materno. Ma nel suo sentire v'è qualche cosa, che può condurla al vero per la via più breve e mediante un processo immediato.  A questo qualche cosa io vorrei fare appello. Non le si deve celare, che i suoi doveri sono a un tempo facili e difficili; ma io spero non esservi una madre, che in una questione simile non trovi la sua più elevata ricompensa appunto nel superare le difficoltà; e l'interesse dei suoi doveri le si svelerà a poco a poco, se ella si atterrà ad un semplice e tuttavia sublime e grandioso pensiero: i miei figli sono generati per l'eternità e affidati a me appunto perché io li educhi ad esser figli di Dio.                                    

"Madre" vorrei dirle, "madre responsabile! Guardati intorno! Quale diversità di sforzi, quale
molteplicità di vocazioni! Gli uni si agitano nel vortice d'una vita senza tregua; gli altri cercano la
tranquillità traendosi indietro. Fra tutti i modi d'agire, che osservi intorno a te, quale ti sembra il più
solenne, il più maestoso, il più sacro?". "Senza dubbio", mi risponderai prontamente, "la vocazione
dell'uomo che dedica la propria vita a favorire spiritualmente lo sviluppo della natura umana. Come
deve esser felice colui, che si sente chiamato a guidare gli altri verso la felicità, verso la felicità
eterna!". Ottimamente! Madre felice! La sua missione è anche la tua. Non lasciarti intimorire da tal
pensiero, - non tremare di tal confronto. Non credere ch'io voglia attribuirti un ufficio superiore alla tua
attitudine, - non temere che nella mia offerta si celino conati di vanità, - ma eleva il tuo cuore grato
verso Colui, che ti ha affidato un ufficio così elevato, - cerca di mostrarti degna della fiducia che in te è
stata riposta. Non parlare di insufficienza delle tue conoscenze, - l'amore la compenserà; - di scarsità
dei tuoi mezzi, - la Provvidenza li amplierà; - di debolezza della tua volontà, - lo Spirito stesso della
forza la rinsalderà: - eleva il tuo sguardo a questo Spirito per chiedergli tutto ciò che ti manca e
specialmente le due cose più sublimi ed importanti: coraggio ed umiltà»