Di Redazione su Venerdì, 21 Febbraio 2020
Categoria: I Maestri del Pensiero

Jürgen Habermas: "Che cos'è la democrazia"

Jürgen Habermas (Düsseldorf, 18 giugno 1929) è un sociologo, filosofo, politologo, epistemologo ed accademico tedesco, tra i principali esponenti della Scuola di Francoforte (culla della teoria critica).

Nei suoi scritti occupano una posizione centrale le tematiche epistemologiche inerenti alla fondazione delle scienze sociali reinterpretate alla luce della "svolta linguistica" della filosofia contemporanea; l'analisi delle società industriali nel capitalismo maturo; il ruolo delle istituzioni in una nuova prospettiva dialogico-emancipativa in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie contemporanee e i meccanismi di formazione del consenso.

La sua elaborazione filosofica lo ha visto sempre impegnato nella critica del metodo del conoscere oggettivamente. Questo lo ha condotto sulla via della fondazione di una nuova ragione comunicativa, che egli ritiene possa liberare l'umanità dal principio di autorità. Infatti, considera solo il paradigma conoscitivo intersoggettivo quale elemento fondativo di una nuova ragione comunicativa che possa andare al di là di un astratto paradigma della soggettività, di cui peraltro sollecita l'abbandono.

La teoria habermasiana contiene una logica dei livelli di sviluppo dell'umanità. Si possono distinguere tre livelli di sviluppo. Si può affermare che tanto più il "sistema" si forma differenziando se stesso e aumentando la propria complessità tanto maggiore sarà la colonizzazione della Lebenswelt ("mondo vitale") da parte del "sistema", e tanto più gli uomini interiorizzeranno le imposizioni eteronome e sociali come imposizioni autonome individuali – nel senso indicato da Norbert Elias.

Società tradizionali, sono quelle nelle quali la Lebenswelt non si è ancora separata dal "Sistema". Questo significa che le società si riproducono secondo delle modalità nelle quali per esempio la divisione del lavoro non è particolarmente avanzata.
Nel secondo livello, che dal punto di vista storico va dalla riforma protestante fino all'industrializzazione, il "Sistema" si sviluppa al di fuori della Lebenswelt. Con "Sistema" Habermas intende contemporaneamente sia lo stato burocratico che il mercato. "Potere" e "Denaro" sono i media (in senso cibernetico da intendere come mezzi di controllo) di controllo del "Sistema" che costringono le persone a seguire una determinata logica di azione. Questa sovrapposizione del "Sistema" alla Lebenswelt viene indicata da Habermas come processo di "Colonializzazione" della stessa Lebenswelt.
Nel terzo livello secondo Habermas i conflitti tra "Sistema" e Lebenswelt emergono chiaramente: "Oggi gli imperativi economici e amministrativi trasmessi attraverso il potere e il denaro si introducono, in altri ambiti che in un certo qual modo vengono danneggiati se si rimpiazza l'agire orientato all'intesa (agire comunicativo) con queste interazioni orientate in modo strategico (agire strumentale) dai media potere e denaro. Habermas si riferisce in questo caso alle Società Industriali.

 Tali riflessioni ci consentono infatti di presentare in termini concreti il problema del potenziale politico e di riferirlo alla alternativa storica tra lo sviluppo della democrazia liberale in democrazia sociale e la sua degenerazione nelle forme gerarchico-plebiscitarie di una democrazia autoritaria. Il problema del potenziale politico si trasforma così nel problema del potenziale democratico che può essere sintetizzato nei termini seguenti: il potenziale della partecipazione è democratico nella misura in cui può efficacemente contribuire, sul piano politico, a uno sviluppo della democrazia formale in democrazia sostanziale, della democrazia liberale in democrazia sociale, e quindi nella misura in cui è in grado di influenzare le decisioni politiche incanalandole verso la realizzazione di una società libera.
Per definire il livello sociale di questa libertà occorre stabilire fino a che punto le forze produttive materiali e spirituali vengano utilizzate per soddisfare i bisogni della collettività e non soltanto gli interessi particolaristici. Per definirne il livello politico occorre invece stabilire fino a che punto una società riesca a trasformare il dominio in autorità razionale e cioè a dare equamente al lavoro ciò che spetta al lavoro e all'esperienza ciò che spetta all'esperienza, nell'interesse della collettività e sotto il suo controllo.

Certo non è giusto attribuire a nessuno un comportamento politico che superi i confini di ciò che è soggettivamente sensato e obiettivamente possibile. Tuttavia la prima cosa che ci si può attendere dagli studenti è forse una certa sensibilità ai rischi politici del momento attuale e, probabilmente, anche la capacità di intuire le possibilità offerte da una democrazia come la nostra nonché soprattutto quelle che potrebbe offrire una democrazia realizzata nelle sue intenzioni sia per il bene della società sia per la protezione, la libertà e fors'anche la felicità del destino personale.
(da "Studente e politica" in J. Habermas, Cultura e critica, Einaudi, Torino 1980, 50-51)

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