Di Redazione su Venerdì, 03 Gennaio 2020
Categoria: I Maestri del Pensiero

Jurgen Habermas: Gli studenti e la politica

Jürgen Habermas (Düsseldorf, 18 giugno 1929) è un sociologo, filosofo, politologo, epistemologo ed accademico tedesco, tra i principali esponenti della Scuola di Francoforte (culla della teoria critica).

Nei suoi scritti occupano una posizione centrale le tematiche epistemologiche inerenti alla fondazione delle scienze sociali reinterpretate alla luce della "svolta linguistica" della filosofia contemporanea; l'analisi delle società industriali nel capitalismo maturo; il ruolo delle istituzioni in una nuova prospettiva dialogico-emancipativa in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie contemporanee e i meccanismi di formazione del consenso.

La sua elaborazione filosofica lo ha visto sempre impegnato nella critica del metodo del conoscere oggettivamente. Questo lo ha condotto sulla via della fondazione di una nuova ragione comunicativa, che egli ritiene possa liberare l'umanità dal principio di autorità. Infatti, considera solo il paradigma conoscitivo intersoggettivo quale elemento fondativo di una nuova ragione comunicativa che possa andare al di là di un astratto paradigma della soggettività, di cui peraltro sollecita l'abbandono.

La teoria habermasiana contiene una logica dei livelli di sviluppo dell'umanità. Si possono distinguere tre livelli di sviluppo. Si può affermare che tanto più il "sistema" si forma differenziando se stesso e aumentando la propria complessità tanto maggiore sarà la colonizzazione della Lebenswelt ("mondo vitale") da parte del "sistema", e tanto più gli uomini interiorizzeranno le imposizioni eteronome e sociali come imposizioni autonome individuali – nel senso indicato da Norbert Elias.

Società tradizionali, sono quelle nelle quali la Lebenswelt non si è ancora separata dal "Sistema". Questo significa che le società si riproducono secondo delle modalità nelle quali per esempio la divisione del lavoro non è particolarmente avanzata.
Nel secondo livello, che dal punto di vista storico va dalla riforma protestante fino all'industrializzazione, il "Sistema" si sviluppa al di fuori della Lebenswelt. Con "Sistema" Habermas intende contemporaneamente sia lo stato burocratico che il mercato. "Potere" e "Denaro" sono i media (in senso cibernetico da intendere come mezzi di controllo) di controllo del "Sistema" che costringono le persone a seguire una determinata logica di azione. Questa sovrapposizione del "Sistema" alla Lebenswelt viene indicata da Habermas come processo di "Colonializzazione" della stessa Lebenswelt.
Nel terzo livello secondo Habermas i conflitti tra "Sistema" e Lebenswelt emergono chiaramente: "Oggi gli imperativi economici e amministrativi trasmessi attraverso il potere e il denaro si introducono, in altri ambiti che in un certo qual modo vengono danneggiati se si rimpiazza l'agire orientato all'intesa (agire comunicativo) con queste interazioni orientate in modo strategico (agire strumentale) dai media potere e denaro. Habermas si riferisce in questo caso alle Società Industriali.

La categoria della partecipazione politica è una categoria che appartiene specificamente alla società borghese, di cui condivide la fondamentale contraddizione. Nella società borghese gli uomini, pur credendo di seguire esclusivamente la determinazione della loro volontà, subiscono di fatto alle loro spalle la coazione delle condizioni obiettive cui si accompagna peraltro l'intuizione e la rivendicazione della possibilità di liberarsene. La partecipazione politica è stata esposta fin dall'inizio a questa contraddizione. Da una parte il cittadino è un prodotto delle circostanze e dall'altra vuole e può essere a sua volta il loro produttore. Oggi però questa contraddizione si sta manifestando in tutta la sua asprezza.
L'attuale situazione rende innanzitutto incerta la speranza di consapevoli scelte politiche da parte dell'elettorato, considerato nel suo insieme, e di un effettivo controllo delle istituzioni parlamentari da parte della popolazione adulta.
Proprio per questa ragione noi abbiamo rivolto la nostra indagine alla determinazione della coscienza politica degli studenti, i quali presentano il vantaggio di una certa franchezza. E' probabile che durante lo studio e cioè durante la preparazione alla carriera professionale i motivi del comportamento politico risultino più trasparenti e l'atteggiamento politico nel suo complesso più aperto e meno nascosto di quanto non accada durante l'esercizio professionale che è caratterizzato da un controllo sociale molto più forte e che richiede soprattutto spirito di adattamento e copertura delle opinioni e dei principi originari.

 Ma una ricerca sugli studenti presenta degli svantaggi perché riguarda una categoria di persone che può essere studiata solo con criteri di giudizio soggettivi e cioè indipendenti dagli interessi obiettivi, dalla posizione sociale e dai particolari strumenti istituzionali di cui dispongono invece i membri della élite funzionale. La partecipazione politica degli studenti può essere sensatamente rapportata solo alle obiettive possibilità di iniziativa oggi offerte a ogni normale cittadino.
Una conoscenza precisa delle reazioni immediate degli studenti, nei limiti in cui sono prevedibili, può fornire la base per un'attenta valutazione del gioco di forze politiche che si sta svolgendo nel paese. Durante l'ultimo decennio, gli studenti hanno avuto comunque una funzione di primo piano nei rivolgimenti verificatisi nei paesi in via di sviluppo (esempio tipico: l'Egitto), nelle sollevazioni esplose nell'area di influenza sovietica (esempio tipico: l'Ungheria), e infine, più recentemente, nel mutamento dei rapporti di forza in Corea, in Turchia e in Giappone.
(da "Studente e politica" in J. HABERMAS, Cultura e critica, Einaudi, Torino 1980, 46, 49)

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