Con la sentenza n. 9903 dello scorso 9 aprile, la II sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, in materia di patrocinio a spese dello stato, sulla congruità di un decreto di liquidazione delle spese legali – ha specificato che in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al professionista, non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi dal valore della controversia scendendo al di sotto di esso, ogni qualvolta ciò sia giustificato dalla natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso. È possibile scendere al di sotto dei parametri di normale riferimento tutte le volte in cui l'attività in concreto svolta dal difensore sia di grado modesto, avuto riguardo alla sua incidenza sulla posizione processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o all'effettiva consistenza della lite.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso proposto da un legale, in qualità di difensore nel fallimento di una società ammessa al gratuito patrocinio, avverso il decreto di liquidazione delle spese legali emesso dal Presidente della CTP di Siracusa.
Il Presidente della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, con ordinanza, rigettava il ricorso, ritenendo congruo il compenso liquidato, ritenendo che le soglie numeriche indicate nell'art. 1 comma 3 del D.M. n. 140/2012 non erano vincolanti; inoltre rilevava che correttamente il decreto impugnato aveva applicato – piuttosto che lo scaglione tariffario derivante da un'applicazione rigida del criterio del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile – lo scaglione del valore inferiore, consentendo tale parametro una liquidazione più adeguata alla fattispecie concreta e all'effettiva decisione.
Il legale, ricorrendo in Cassazione, censurava l'illegittimità del provvedimento, che aveva liquidato il compenso in violazione dei minimi tariffari; inoltre il professionista eccepiva come il valore della controversia andava determinato avendo riguardo al valore della lite risultante dalla domanda.
La Cassazione non condivide le doglianze del ricorrente.
In punto di diritto, la Corte rileva che in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al professionista, non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi dal valore della controversia – determinato, in base alle norme del codice di procedura civile, al momento della domanda – scendendo al di sotto di esso, ogni qualvolta ciò sia giustificato dalla natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso.
Difatti, l'assetto normativo che emerge dalla disciplina delle tariffe professionali, approvata con il decreto ministeriale n. 140 del 2012, è quello della proporzionalità ed adeguatezza degli onorari all'attività professionale svolta; inoltre, anche lo stesso art. 82 del T.U. spese giustizia – norma di fonte primaria in materia di liquidazione dei compensi spettanti al difensore che ha assistito una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato – stabilisce che il giudice deve liquidare l'onorario tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa.
Ne deriva che – sebbene, in linea generale, il valore della controversia ai fini della individuazione dello scaglione di tariffa applicabile si determina dal tenore della domanda secondo i criteri fissati dal codice di procedura civile – nel caso di patrocinio a spese dello Stato non è risolutivo il momento iniziale della lite, dovendo tenersi conto dell'effettiva decisione (il decisum) del giudice, che fissa la dimensione reale della lite stessa: si cerca, infatti, di contemperare ragionevolmente la necessità di assicurare la difesa tecnica del non abbiente e di retribuire l'attività dell'avvocato, permettendo espressamente al giudice di scendere al di sotto dei parametri di normale riferimento tutte le volte in cui l'attività in concreto svolta dal difensore sia di grado modesto, avuto riguardo alla sua incidenza sulla posizione processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o all'effettiva consistenza della lite.
Con specifico riferimento al caso di specie, il giudice di merito ha ritenuto che gli importi riconosciuti come dovuti dalla società fallita, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, pur essendo inizialmente di valore elevato, erano stati di molto ridotti in sede di contenzioso dal giudice tributario; diversamente, il legale aveva presentato la richiesta di pagamento delle somme in base al proprio tariffario e non in base al valore effettivo della causa.
Per tali ragioni, correttamente il giudice dell'opposizione, anziché applicare lo scaglione tariffario corrispondente al valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, ha applicato lo scaglione del valore inferiore, consentendo tale parametro una liquidazione più adeguata alla fattispecie concreta e all'effettiva decisione assunta nel processo presupposto.
In conclusione la Corte rigetta il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle ulteriori spese a titolo di contributo unificato.